L'accordo siglato da Fiom-Fim-Uilm per il secondo biennio economico
del contratto nazionale rappresenta un passo indietro: l'obbiettivo di
rompere il patto del 23 luglio dalla parte dei lavoratori, recuperando
un significativo aumento salariale, non è stato raggiunto. Un anno
di mobilitazione, 62 ore di sciopero, blocchi di strade, autostrade, ferrovie
e di intere città avevano creato nei lavoratori la giusta aspettativa
di ottenere ben altri risultati. Nonostante il corale grido di vittoria,
non a caso sostenuto e rilanciato da giornali, politici, sindacati e Confindustria,
questo accordo conferma la concertazione e la rilancia, rivelandosi l'ennesimo
bidone:
sul piano salariale: perché, a conti fatti, il meccanismo macchinoso
degli aumenti scaglionati e delle una tantum fa sì che l'aumento
reale medio in busta paga sarà compreso tra i 50 ed i 60 euro, ben
al di sotto dei 100 euro sbandierati sui giornali. Un aumento oltretutto
inferiore a quello dei precedenti rinnovi (2001 e 2003) ed a quello di
molti recenti contratti di altre categorie (chimici, tessili, alimentari);
sul piano normativo: perché in un rinnovo biennale economico
vengono comunque concordate anche delle modifiche normative al CCNL. Passa
il principio che quei pochi soldi di aumento si barattano con una riduzione
dei diritti ed un aumento della flessibilità: l'estensione degli
orari plurisettimanali a tutte le aziende concordati con le RSU e soprattutto
una significativa estensione dell'apprendistato.
Si può obiettare che è un accordo frutto di tempi difficili,
ma il punto è che con questo contratto sarà tutto ancora
più difficile. Oggi la strategia padronale è quella di sostituire
i lavoratori più anziani (più "costosi" e più sindacalizzati)
coi giovani, come si sta facendo alla Fiat. Ma il ricambio generazionale
e l'utilizzo sempre più massiccio dell'apprendistato (fino a 60
mesi al 5° livello) fanno sì che per quei giovani neoassunti
iscriversi al sindacato o scioperare significherà rischiare di non
essere confermati: una maggiore debolezza per tutti i lavoratori, giovani
e meno giovani. Si rivendica - giustamente - la difesa del contratto nazionale,
perché a livello nazionale i rapporti di forza sono più favorevoli
ai lavoratori. Ma allora perché si delega la lotta contro la flessibilità
alle rsu delle singole fabbriche, fabbriche dove spesso quei rapporti di
forza sono più sfavorevoli o addirittura il sindacato non c'è?
Questo contratto, lontano da chiudere in avanti la stagione della concertazione,
la rilancia: è di fatto l'annuncio di un nuovo patto concertativo,
a partire dalla Commissione bilaterale sindacati-Federmeccanica che nei
prossimi mesi definirà "una nuova disciplina contrattuale" per contratti
a termine e a tempo determinato. Una "nuova politica dei redditi" che Epifani
e la CGIL, con CISL-UIl, si preparano a concordare con il nuovo governo
dell'Unione: una nuova stagione di sacrifici, in nome dell'Europa, delle
politiche di bilancio, della competizione che dovranno pagare i lavoratori
e le masse popolari.
No al baratto tra soldi (pochi) e diritti!
AL REFERENDUM VOTIAMO NO QUESTO CONTRATTO!
Associazione PROGETTO COMUNISTA
SINISTRA DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA