IL TERRORISMO: PRODOTTO BARBARO DELLA BARBARIE IMPERIALISTA
La strage terroristica compiuta negli USA (forse opera di fanatici
religiosi più volte sostenuti dal governo USA in chiave anticomunista
e contro i movimenti di liberazione nazionale) va condannata fermamente
da parte dei comunisti, da sempre avversi al terrorismo individuale che
–in ogni caso politicamente dannoso perché prescinde dall’azione
politica per guadagnare la maggioranza delle classi subalterne a un progetto
rivoluzionario- diviene ancora più inaccettabile quando assume le
forme dello stragismo indiscriminato che provoca migliaia di vittime tra
i lavoratori. Ma l'insensato attacco stragistico non nasce dal nulla: è
questo sistema sociale che, seminando ogni giorno morte e distruzione (il
giorno prima degli attentati il Pentagono aveva comandato l’ennesimo bombardamento
sull’Irak), produce anche la risposta disperata di alcune sue vittime.
UN NUOVO ALIBI PER L'IMPERIALISMO DI USA E EUROPA
L'atto terroristico viene ora utilizzato dall’imperialismo come un
pretesto per sferrare un attacco NATO all'Afghanistan (e forse all'Irak).
Tonnellate di bombe saranno scaricate su Paesi già ridotti allo
stremo dagli embarghi e dalla politica di rapina dell'imperialismo. La
caccia a Bin Laden c'entra poco con le vere ragioni di questa ennesima
azione di guerra, che sono: rafforzare il controllo imperialistico nel
mondo e in Paesi collocati in luoghi strategici (e ricchi di petrolio),
aprire una nuova stagione di riarmo e di profitti militari e infine riarmarsi
ideologicamente contro la crescente contestazione della globalizzazione
capitalistica. I governi imperialisti europei, di centrodestra e di centrosinistra,
da Berlusconi a Jospin, si sono subito infilati l'elmetto per partecipare
a questa azione di brigantaggio, come già avevano fatto durante
i bombardamenti su Belgrado. I loro timidi "distinguo" non derivano da
un inesistente "ruolo autonomo dell'Europa" ma sono funzionali a guadagnare,
nella competizione con gli USA, il posto migliore nel banchetto di guerra
che si allestisce.
LE ILLUSIONI NELLA DIPLOMAZIA
In molti tornano ancora una volta a invocare una "attivazione della
diplomazia": ignorando che l'azione militare e quella diplomatica marciano
a braccetto e che la NATO ha trovato sempre nell'ONU la sua foglia di fico.
Pretendere un "intervento ONU" significa dimenticare che è sempre
servita da copertura per le scorribande di guerra, in Somalia e in Bosnia.,
che ha avallato "legalmente" l'embargo genocida contro il popolo irakeno
(un milione e mezzo di morti). E non c'è riforma possibile in grado
di trasformare l'ONU in un'assemblea di angeli e cherubini, perché
essa è la rappresentanza di governi della borghesia imperialista
e di loro subalterni. E' assurdo credere che possa esistere un diritto
internazionale al di sopra della divisione in classi del mondo.
PER UN COERENTE SVILUPPO ANTICAPITALISTA DEL MOVIMENTO
Le manifestazioni di questi giorni contro la guerra in tante città,
questo corteo di Napoli contro la NATO, sono la migliore risposta a chi
suggeriva una "pausa di riflessione" (o una ritirata) al movimento, pretendendo
-dopo Genova- di eliminare dai suoi strumenti di lotta la manifestazione
di piazza; e questo proprio nel momento della sua massima espansione. Ma
la crescita unitaria del movimento ripropone l'urgenza di una chiarificazione
sui suoi obiettivi.
Le nuove guerre che l'imperialismo prepara sono una conferma ulteriore
dell'accusa implacabile che il movimento antiglobal muove a questo sistema
sociale. Ma proprio i tamburi di guerra sottolineano la sproporzione tra
la critica radicale alla barbarie capitalistica che il movimento avanza
e certe "risposte". Si può contrapporre alla mostruosità
di un sistema irriformabile la panacea di una tassa dello 0,01 ideata da
un economista kennediano (Mr Tobin) per tutelare la crescita "sana" dei
profitti? Si può proporre una nuova formula concertativa che lega
le classi subalterne al carro delle politiche dominanti, quel "bilancio
partecipato" cui non a caso guarda con interesse un campione delle politiche
antipopolari come il sindaco di Roma Walter Veltroni? In realtà
tutti i problemi che il movimento pone (sociali, democratici, di pace,
ambientali) sono incompatibili con il capitalismo e rimandano ai veri nodi
rimossi: la proprietà dei mezzi di produzione e il potere su essa
edificato. Ecco perché il movimento può e deve assumere una
rivendicazione coerente: la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto
il controllo dei lavoratori delle industrie di morte, di quelle che licenziano,
che inquinano, che affamano. Perché solo il rovesciamento rivoluzionario
della società borghese e delle sue strutture di dominio, solo la
costruzione del potere proletario può liberare un futuro di progresso
per l'umanità.
PER UNA ORGANIZZAZIONE DEMOCRATICA DEL MOVIMENTO
Anche le forme organizzative del movimento devono essere oggetto di
un'aperta discussione. L'attuale configurazione per "intergruppi" priva
il movimento di una organizzazione efficace e democratica. Le mediazioni
tra i vertici delle componenti escludono la massa degli attivisti dal reale
potere decisionale e dalla scelta dei portavoce, i quali viceversa dovrebbero
poter essere eletti democraticamente e sottoposti al giudizio (e alla revocabilità)
delle assemblee.
Così pure la questione dell'autodifesa del movimento e delle
sue manifestazioni va posta con chiarezza. Va denunciato il tentativo di
equiparare la follia terroristica con il movimento che, a viso aperto nelle
piazze, cresce in questi mesi. Ma va anche rifiutata la subdola equazione
tra terrorismo e "violenza", con cui si maschera sotto argomenti "gandhiani"
la rinuncia alla prospettiva strategica di un altro potere (le masse oppresse
hanno storicamente sempre dovuto opporre la violenza rivoluzionaria alla
resistenza violenta delle classi dominanti e dei loro apparati repressivi).
Non meno pericolosa è la pretesa di escludere, in virtù del
dogma della "non violenza", il diritto del movimento a costruire strumenti
di autodifesa di massa contro gli attacchi di quelle vere e proprie "bande
armate del capitale" che abbiamo visto in azione a Genova.
L'OPPOSIZIONE DI MASSA PER CACCIARE IL GOVERNO DELLA GUERRA MILITARE
CONTRO I POPOLI OPPRESSI E DELLA GUERRA SOCIALE CONTRO I LAVORATORI E I
GIOVANI
Il governo Berlusconi, che già stava preparando un attacco autunnale
a milioni di lavoratori, disoccupati e pensionati (liberalizzazione dei
licenziamenti, ulteriore rapina delle pensioni, tagli alla sanità
e alla scuola), approfitta della strage terroristica per giustificare una
Finanziaria di guerra, con nuovi trasferimenti dalla spesa sociale a quella
militare.
Rutelli e D'Alema hanno già promesso al governo un sostegno
"bipartisan" in caso di guerra. Non è una novità: quando
gli interessi del capitalismo chiamano, la risposta dei due poli dell'alternanza
borghese arriva sempre in coro. Questo rende ancora più evidente
che -come nel '94- solo il movimento di massa potrà preparare la
cacciata del governo Berlusconi. Un movimento che sappia coniugare le ragioni
della critica antiglobalizzazione e le vertenze dei lavoratori e dei disoccupati,
attorno a una piattaforma unificante che rivendichi aumenti salariali,
salario minimo garantito intercategoriale, salario sociale ai disoccupati,
abolizione delle leggi di precarizzazine del lavoro, assunzione a tempo
indeterminato di tutti i precari. Solo la ricomposizione di un fronte unitario
di lotta contro la Finanziaria di guerra (militare e sociale) del governo,
che prepari lo sciopero generale, potrà determinare la cacciata
di Berlusconi; solo l'indipendenza del movimento dal centrosinistra potrà
garantire che questa lotta non venga utilizzata per riaprire la porta all'alternanza
e a un nuovo governo antioperaio di centrosinistra ma si indirizzi invece
verso una alternativa dei lavoratori, un'alternativa di potere e di società.
PROGETTO COMUNISTA
(area programmatica marxista rivoluzionaria del PRC)