Per una discussione nel Bologna Social Forum e nel movimento contro la guerra:
contro l’aggressione all’Irak, cacciamo il governo di guerra

La lotta contro la guerra si pone come primo dovere del movimento operaio, del movimento no-global, di tutte le forze dell’opposizione popolare. E’ essenziale l’unità d’azione con tutte le forze disponibili attorno ad una comune discriminante di fondo: il rifiuto incondizionato della guerra, l’impegno incondizionato a contrastarla. Non si tratta di costruire solamente cartelli di sigle, petizioni istituzionali, pronunciamenti di buone coscienze. Piuttosto occorre organizzarsi nei luoghi di lavoro e di studio, nel territorio non per testimoniare il dissenso ma per costruire l’opposizione al conflitto: è necessaria la costruzione di comitati d’azione contro la guerra.
Una lotta coerente contro la guerra è lotta contro l’imperialismo o non è.
L’imperialismo anglo-americano mira ai pozzi di petrolio e alla supremazia mondiale grazie alla propria forza militare. L’imperialismo franco – tedesco oscilla tra l’accomodamento tramite l’ONU (per partecipare alla spartizione del bottino anche se in posizione subalterna) e la scelta di un defilamento (per giocare in proprio sullo scenario mondiale). Russia e Cina seguono il miglior offerente. La guerra è dunque la risultante odiosa di questo cinico gioco del capitalismo mondiale. Solo la messa in discussione delle radici stesse del capitalismo e dell’imperialismo per via rivoluzionaria possono guadagnare orizzonti di pace. Non esistono “terze vie”.
Nessuna illusione nell’Unione Europea.
Un’eventuale dissociazione franco-tedesca dalla guerra non deve alimentare illusioni sull’UE: da una parte, infatti, negli anni novanta, dopo il crollo dell’URSS, il decollo del polo imperialistico europeo ha spinto gli USA a sviluppare il proprio militarismo in concorrenza con esso; dall’altra oggi proprio i circoli borghesi europei contrari alla guerra angloamericana all’Irak sono in prima fila nel rivendicare “un forte militarismo europeo”. Da qui l’aumento delle spese militari in tutti i paesi imperialistici d’Europa, fatto che rende utopica e inconsistente l’idea di una un’Europa “sociale, democratica, di pace”.
I nemici della guerra non stanno in alto ma in basso.
Tutte le speranze riposte nell’ONU e nella diplomazia mondiale si sono rivelate un fallimento. Nessuna fiducia o illusione può essere riposta in quegli organismi internazionali che, stando ai fatti, sono stati e sono uno strumento di copertura dei crimini dell’imperialismo o tutt’al più un’impotente rivelatore dei suoi contrasti interni. Non è l’ONU che può mettere in crisi l’imperialismo. E’ l’imperialismo che può giungere a mettere in crisi l’ONU e con esso la finzione della “sovranità mondiale”. Solo i lavoratori, i popoli oppressi e i movimenti che li attraversano ( come il movimento no-global) possono contrapporsi realmente all’imperialismo e alle sue guerre.
La difesa dell’Irak dall’aggressione è un dovere del movimento internazionale.
Nessuna posizione di “neutralità” è accettabile. Siamo tutti coinvolti. Occorre rivendicare incondizionatamente la difesa del Paese aggredito – oggi l’Irak – e la sconfitta dell’aggressione imperialista  per essere coerenti con la mobilitazione antibellica. Che siano le masse operaie e contadine irakene a rovesciare il regime di Saddam Hussein per il proprio governo  e non i bombardieri anglo-americani a favore di un governo fantoccio e coloniale.
La lotta per l’autodeterminazione palestinese e la rivoluzione araba è parte dell’opposizione alla guerra.
L’appoggio di Israele alla guerra rende di converso il  sostegno della lotta eroica dei palestinesi un riferimento obbligato del movimento contro la guerra. Più in generale una sollevazione delle masse arabe oppresse che rompa con le proprie borghesie nazionali e i loro regimi corrotti e asserviti è oggi il principale spauracchio dei Paesi aggressori ed è l’unica alternativa al terrorismo reazionario di Al Quaeda che si nutre, come ogni terrorismo, di disperazione impotente e passività.
Per lo sciopero generale
La mobilitazione nel nostro paese e in tutto l’Occidente non pùò limitarsi a cortei per quanto partecipati  e iniziative simboliche. E’ necessaria un’azione di massa che assuma come prioritaria la mobilitazione, accanto al movimento no-global, della classe operaia con la sua forza sociale, il suo potenziale di lotta e di contrasto. Alla classe lavoratrice americana ed europea si chiederà di pagare i costi dell’aggressione coloniale che colpisce e massacra i lavoratori e i popoli di altri Paesi.  Per questo lo sciopero generale non è solamente un atto di solidarietà ma anche un’autodifesa elementare dei propri interessi contro gli imperialisti guerrafondai di casa nostra. I sindacati, in primis la CGIL, non possono limitarsi a una dissociazione dal conflitto. Devono preparare lo sciopero.  Come movimento “aiutiamoli” a farlo.
La lotta contro l’imperialismo italiano è parte integrante della lotta antimilitarista.
L’Italia conta in Irak più di 500 aziende, prende parte allo sviluppo del militarismo europeo con la propria produzione di armi: “il business della ricostruzione in Irak”(titolo del “Sole 24 ore” di ottobre). Gli interessi italiani nella guerra vanno documentati e denunciati. Il movimento antimilitarista deve rivendicare la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio di tutte le industrie belliche e di tutte le aziende che speculano sulla guerra. Espropriamo i committenti degli assassini!
La cacciata del governo Berlusconi è tanto più riproposta dallo scenario di guerra.
La caduta di Berlusconi, sull’onda della mobilitazione di massa, sarebbe di fatto la caduta di un governo di guerra, un indebolimento politico del fronte aggressore, un’incoraggiamento all’opposizione alla guerra in ogni paese. Peraltro non certo l’alternanza col Centro Sinistra ma solo il governo dei lavoratori può rompere sino in fondo con l’imperialismo italiano, i suoi interessi materiali, il suo apparato militare.

Progetto Comunista - Bologna
sinistra rivoluzionaria del Prc