Il Governo Berlusconi e il padronato hanno sviluppato e sviluppano un
attacco pesante alle condizioni materiali e alle
conquiste sindacali del movimento operaio. Il patto per l'Italia tra
Berlusconi, Confindustria, Cisl e UIL è veicolo centrale di
questo attacco. La scelta della Cgil di non negoziare l'articolo 18,
e di non firmare questo patto rappresenta una scelta
giusta e rilevante. Questa scelta non cancella né attenua le
colpe passate e presenti del vertice confederale: il mancato
bilancio delle politiche di concertazione, il ritardo dell'apertura
dello scontro col Governo in autunno, il pesante vuoto di
iniziativa dopo la manifestazione del 23 marzo e lo sciopero del 16
aprile. E tuttavia ha favorito e preservato le condizioni
di una mobilitazione di massa contro le politiche del governo.
Il Prc esprime dunque un pieno sostegno alla scelta della Cgil. Ma
al tempo stesso l'apparato Cgil, che pur incanala e
dirige la mobilitazione, non le offre alcuna prospettiva adeguata di
sbocco. Non presenta una piattaforma di lotta. E
si limita a centellinare scioperi simbolici ogni 3 mesi, del tutto
incapaci di incidere sui rapporti di forza e di determinare una
prospettiva di successo. In queste condizioni, il movimento di massa
rischia di disperdere alla lunga le sue grandi
potenzialità e di subire una sostanziale sconfitta.
Per questo il Prc rifiuta di confondere il pieno sostegno alla scelta
della Cgil col sostegno alla politica del suo apparato. Al
contrario la Direzione Nazionale impegna l'intero Partito a sviluppare,
dentro al movimento di lotta e nei sindacati, a
partire dalla Cgil, una proposta alternativa di indirizzo. Ponendo
l'esigenza di una piattaforma generale per la
vertenza unificante dei lavoratori e dei disoccupati. E indicando la
necessità di superare una pura azione sindacale
dimostrativa in direzione della preparazione di un vero sciopero prolungato:
di una lotta ad oltranza che blocchi
l'Italia sino al ritiro di tutte le deleghe e disegno governativi,
secondo l'esempio dei lavoratori francesi nel '95.
La stessa importante iniziativa referendaria del nostro partito - che
va condotta a successo - va apertamente inquadrata
dentro una proposta alternativa per l'azione di massa e non assunta
come surrogato di questa.
La battaglia per una svolta di indirizzo del movimento operaio capace
di sconfiggere e cacciare il Governo Berlusconi, si
collega alla difesa dell'autonomia di classe dei lavoratori da forze
e interessi della borghesia italiana. La Dn respinge in
questo senso la proposta di Convenzione tra Prc e Ulivo, annunciata
per settembre. Convergenze parlamentari
nell'opposizione al governo delle destre sono naturalmente possibili
e auspicabili. Una comune politica, una comune ricerca programmatica con
forze di centro sono prive invece di ogni presupposto. Così come
la annunciata riproposizione
degli accordi di governo col centro-sinistra per le elezioni amministrative
del 2003.
La rottura col centro, a partire da Rutelli e dalla Margherita è
condizione decisiva per il pieno dispiegamento della forza dei
lavoratori contro il governo e il padronato. In questo quadro è
importante denunciare la politica della stessa maggioranza
dirigente Ds verso la Cgil, entro le contraddizioni esplosive di un
corso liberale in aperta crisi.
La giusta e diffusa domanda di unità contro il governo Berlusconi
va dunque tradotta e raccolta sul terreno di
classe: sul terreno dell'unità di lotta di tutte le tendenze
sindacali e politiche del movimento operaio nella piena
autonomia dei suoi interessi e attorno ad una prospettiva di svolta;
non la prospettiva di un nuovo centro-sinistra, ma di
una alternativa dei lavoratori, basata sulla loro unità e sulla
loro forza.
Peraltro solo questa politica e proposta generale può contrastare
realmente, sul piano sindacale e politico, il
progetto di rifondazione socialdemocratica di Cofferati e sinistra
Ds, in funzione di una egemonia alternativa fra le
masse.