Direzione Nazionale del 22 novembre 2000
Ordine del giorno presentato dall'area programmatica Progetto Comunista
sulla Conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori comunisti


Il testo presentato dalla maggioranza ci pare largamente inadeguato, sia sul piano dell'analisi che della proposta.
Sul piano dell'analisi è corretta l'individuazione della centralità del lavoro dipendente e della sua espansione internazionale. Così come è condivisibile, su un altro piano, la segnalazione oggi nel contesto italiano di elementi preziosi di disgelo sul versante delle mobilitazioni. Ma è assente una chiara individuazione delle responsabilità politiche della sconfitta operaia. Sia in ordine agli anni Settanta dove la scelta del compromesso storico fu alla base della svolta dell'Eur e dell'inversione di tendenza dei rapporti di forza spianando la strada alla vendetta di classe del padronato. Sia in ordine agli anni Novanta dove lo sviluppo della collaborazione tra DS e grande borghesia, dal polo progressista al centrosinistra, ha accompagnato le scelte sindacali decisive (come la mobilitazione contro Amato nel '92 e soprattutto il grande movimento anti-Berlusconi del '94) garantendo dal '96 ad oggi una sostanziale pace sociale.

Ma soprattutto sul piano della proposta politica il testo pare confermare una impostazione tradizionale priva di elementi di bilancio e indicazione chiara.

Sulla questione sindacale, accanto a una mancata analisi del ruolo organico della burocrazia sindacale come portatrice degli interessi padronali nel movimento operaio, manca un qualsiasi bilancio critico dell'esperienza di sinistra sindacale in Cgil come delle esperienze extraconfederali, e quindi è assente una reale indicazione di svolta.

Sul terreno della proposta rivendicativa, il ribadimento di obiettivi immediati, in larga misura condivisibili, si accompagna alla mancata selezione di una loro articolazione e all'assenza di una proposta complessiva di azione al movimento operaio sul terreno della ricomposizione di classe: in particolare la riproposizione del "lavoro minimo garantito" distorce l'importante proposta del salario sociale in direzione di una possibile convergenza con Rutelli ma a scapito della sua valenza anticapitalistica.

Sul terreno programmatico più generale, la giusta individuazione della questione della proprietà e del potere non si accompagna ad alcuna conclusione corrispondente di ordine strategico.

Riteniamo che la Conferenza dei lavoratori e delle lavoratrici del PRC debba invece segnare una svolta reale delle politiche del nostro partito. A partire da un elemento di fondo: la centralità della costruzione del PRC come partito comunista di classe, che difende e costruisce l'indipendenza politica del movimento operaio dalla borghesia e lotta per l'egemonia nel movimento operaio e nelle sue lotte sul terreno di un programma anticapitalistico. La lotta per una direzione politica alternativa del movimento operaio può e deve informare tutta l'azione di partito.

Sul piano sindacale occorre uscire da una logica di pressione, dall'alto o dal basso, sulla burocrazia della Cgil per "spostarla a sinistra". La contrapposizione all'apparato burocratico del sindacato per una nuova direzione sindacale confederale va esplicitata con nettezza, come elemento ispiratore della politica sindacale del PRC: sia come elemento di svolta di una sinistra sindacale della Cgil, che va chiamata ad assumersi finalmente responsabilità d'azione sul terreno di massa e di lotta, uscendo da un puro posizionamento d'apparato. Sia come elemento di ricomposizione e di svolta dello stesso sindacalismo extraconfederale, di cui vanno sostenute le tendenze unificatrici e di proiezione di massa, contro le logiche puramente autoconservative e settarie.

E' necessario avanzare una proposta chiara di azione al movimento operaio su cui unificare il lavoro di massa del partito e che possa oltretutto rappresentare la sponda di ricomposizione, nell'azione, del sindacalismo di classe. Gli elementi di disgelo che segnaliamo sul terreno della lotta di classe richiamano tanto più oggi l'attualità di una proposta di vertenza generale unificante del mondo del lavoro e dei disoccupati attorno ad una selezione di rivendicazioni intrecciate: forte aumento salariale unificante per l'insieme del lavoro dipendente, pubblico e privato; riduzione progressiva dell'orario di lavoro senza contropartite finanziarie o di flessibilità; abolizione del "pacchetto Treu" e trasformazione di tutti i rapporti di lavoro precari in rapporti di lavoro a tempo indeterminato; vero salario sociale ai disoccupati e ai giovani in cerca di prima occupazione, senza finanziamento ai padroni, come strumento di lotta al precariato.

E' necessario infine che la Conferenza dei lavoratori e delle lavoratrici segni una svolta nell'impostazione programmatica più complessiva dell'intervento del PRC. L'intervento di massa del partito nei luoghi di lavoro non può limitarsi a temi economico-sindacali ma deve assumere una valenza politica complessiva. E deve costruire una relazione tra l'azione di denuncia, la proposta immediata e la prospettiva anticapitalistica e socialista quale unica reale soluzione di fondo alle esigenze dei lavoratori, delle lavoratrici, della maggioranza della società. E' questo il terreno decisivo della lotta per l'egemonia del movimento operaio. Ed è questo oltretutto il reale terreno di costruzione dei circoli aziendali del partito che acquistano credibilità e praticabilità solo entro una forte qualificazione politica e programmatica dell'azione del PRC.

La Direzione nazionale, pertanto, esprimendo un giudizio negativo sul testo presentato, dà mandato alla segreteria di elaborare un nuovo documento basato sugli orientamenti qui indicati, sottoponendolo alla valutazione del Comitato Politico Nazionale (da convocarsi al più presto), istanza abilitata, a norma di statuto, alla convocazione della Conferenza dei lavoratori e delle lavoratrici.