ORDINE DEL GIORNO DI MINORANZA ALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL PRC DEL 20 APRILE 2000


Quattro anni di politica confindustriale dei governi di centrosinistra, da Prodi a D'Alema, hanno demotivato e colpito la base sociale della sinistra regalando alle destre un grave e preoccupante successo.
Anni di governo del centrosinistra in Liguria, Lazio, Calabria, Abruzzo, all'insegna dei tagli alla Sanità e delle privatizzazioni, hanno avuto inevitabilmente effetto analogo e convergente.

La lezione di fondo è inequivocabile: una burocrazia dirigente dei DS che si allea col Centro per conto delle grandi famiglie del capitale in contrapposizione con gli interessi della propria base di massa non solo raccoglie i cocci della propria politica, ma rischia di trascinare alla disfatta l'intero movimento operaio.

E' allora necessario rompere con quegli apparati fallimentari e ricostruire una sinistra che sia rappresentanza autonoma e autentica dei lavoratori per un'alternativa all'attuale ordine sociale. Rifondazione Comunista può e deve assumersi questo compito centrale.

Il PRC raccoglie in queste elezioni un risultato dignitoso, seppur disomogeneo (con un ulteriore calo al Sud anche rispetto alle Europee, controbilanciato dal risultato nelle regioni del Nord), quale forza nazionale di opposizione al governo. E' un fatto importante. Ma la strategia di coalizione col centrosinistra risulta sconfitta su tutti i piani. Ha fallito come argine complessivo contro le destre; non ha in alcun modo "contaminato" -né poteva farlo- il profilo liberal-confindustriale del CS, delle sue giunte, dei suoi candidati presidenti (il candidato Bassolino, ad esempio, indicato come un punto di riferimento e un possibile contraltare a D'Alema, ha svolto una campagna elettorale con marcati toni presidenzialistici, avanzando col "manifesto di Eboli" un programma di approfondimento delle politiche liberiste del CS). Ma soprattutto la strategia della coalizione col CS ha disperso un'occasione preziosa di vasta e autonoma comunicazione di massa, inficiando la stessa visibilità del partito. Ha infine prodotto danni consistenti alla iniziativa e costruzione del partito inducendo al suo interno disorientamento e demoralizzazione.

Occorre una svolta politica di fondo: tanto più in vista delle elezioni politiche.

E' necessario innanzitutto:
a) rivedere la nostra collocazione sul piano locale, a partire da una opposizione alle giunte del CS (v. giunta Rutelli);
b) affermare nel modo più netto la nostra indisponibilità a sostenere direttamente o indirettamente qualsiasi eventuale soluzione nazionale di governo col CS;
c) annunciare definitivamente la scelta di presentazione autonoma del PRC alle prossime elezioni politiche nazionali.

Ciò è necessario ma non sufficiente. Non solo dobbiamo superare la logica fallimentare delle coalizioni col centrosinistra ma dobbiamo sviluppare un'ampia campagna in tutto il movimento operaio e presso la base DS a favore della rottura col Centro confindustriale e democristiano.

Solo il pieno recupero dell'autonomia di classe del mondo del lavoro; solo il rilancio di un vasto e unitario movimento di lotta sul terreno sociale contro le politiche del sistema economico dominante possono, come nell'autunno '94, battere le Destre.

In questo quadro la sconfitta del referendum sui licenziamenti è la prima e più urgente necessità. Entro una linea complessiva di boicottaggio dei referendum (a partire da quello elettorale) va colta la specificità del referendum sui licenziamenti come terreno di campagna attiva del partito in rapporto alla sensibilità di larghi settori del mondo del lavoro e alle spinte di mobilitazione che si sono prodotte. L'indicazione "ritira una sola scheda, vota NO alla libertà di licenziamento" è l'indicazione che più corrisponde a questa necessità.

Ma essenziale è una svolta reale di linea strategica. L'ipotesi fallita della "contaminazione" del CS non può essere oggi nemmeno sostituita da una non meno illusoria prospettiva di costruzione di una "sinistra plurale", con riferimento a un presunto modello "jospiniano": ciò proprio nel momento di più acuta crisi di quell'esperienza che conosce il momento di massima contestazione e scontro con movimenti alimentati dalla stessa base sociale dei partiti della sinistra di governo e a breve distanza dal disastroso fallimento dell'analoga esperienza in Spagna (accordo Izquierda Unida-Psoe, erroneamente esaltato dal nostro partito al momento della sua realizzazione).
Al contrario è necessario sottrarre il PRC dalle spire della crisi distruttiva del CS e della socialdemocrazia liberale, rilanciando un progetto di rifondazione comunista e di ricostruzione dell'autonomia di classe del movimento operaio da entrambi i poli dell'alternanza borghese sulla base di una politica di fronte di classe su un progetto anticapitalistico.

Marco Ferrando
Ivana Aglietti
Claudio Bellotti
Vito Bisceglie
Anna Ceprano
Franco Grisolia
Luigi Izzo
Matteo Malerba
Francesco Ricci