Ordine del giorno presentato alla Direzione Nazionale del Prc sulla globalizzazione (11 luglio 2001)


Il successo dello sciopero dei metalmeccanici e delle loro manifestazioni, così come l'espansione del movimento "antiglobalizzazione" in vista delle manifestazioni di Genova contro il G8 rivelano il moltiplicarsi dei sintomi del "disgelo" sociale, frutto della crisi di egemonia e di consenso sul piano internazionale delle politiche liberiste. Dimostrano una volta di più che, pure in una situazione difficile, esistono le condizioni di sviluppo di un'opposizione sociale e di classe al padronato e al governo delle destre: la sola opposizione reale, la sola opposizione capace in prospettiva di determinarne la cacciata.
Ma la ripresa di dinamiche di movimento pone nuove responsabilità politiche al nostro partito. Non possiamo limitarci a lodare i movimenti e a rivendicarne la rappresentanza istituzionale. Dobbiamo assumerci la responsabilità di una proposta politica e di indirizzo, entro una battaglia aperta e leale al loro interno per un'egemonia alternativa.
Il pieno sostegno alla lotta dei metalmeccanici non deve indurci ad un adattamento ai vertici della FIOM. Questa lotta mette al contrario in evidenza la contraddizione profonda tra il suo potenziale di classe e la totale inadeguatezza di una piattaforma subalterna e della logica concertativa che l'ha ispirata. La proposta di una nuova piattaforma dei metalmeccanici all'altezza del nuovo livello dello scontro può e deve intrecciarsi con la proposta più generale di una piattaforma di lotta indipendente per l'insieme del movimento operaio che rompa definitivamente con la concertazione: una piattaforma per una vertenza generale unificante dei lavoratori e dei disoccupati incentrata sul tema del forte recupero salariale per tutti, dell'abolizione delle leggi sulle flessibilità, di un vero salario sociale ai disoccupati, della piena difesa, ampliamento, qualificazione dello "stato sociale", pagata da una tassazione dei grandi profitti, rendite, patrimoni.
Il nostro investimento nel movimento antiglobalizzazione non può risolversi in un fatto di immagine, né riguardare i soli Giovani Comunisti. E' necessario un impegno reale dell'intero partito nell'inserimento profondo all'interno del movimento e nella sua costruzione unitaria. La Direzione nazionale si appella pertanto a tutte le strutture regionali e provinciali del partito, a tutti i suoi circoli territoriali e di azienda, per una piena partecipazione organizzata alle imminenti manifestazioni anti-G8. Al tempo stesso, la piena ed attiva partecipazione al movimento e alla sua costruzione deve combinarsi con una proposta politica caratterizzata sul terreno di classe anticapitalistico. In primo luogo va rivendicata la piena autonomia del movimento da ogni forza della borghesia lungo una linea di rifiuto di ogni profferta di scambio politico e di dialogo politico più volte avanzata dallo stesso governo; la linea di boicottaggio attivo dei vertici imperialisti, in continuità con Seattle non può essere oggetto di negoziato. In secondo luogo, e soprattutto, va sviluppata nel movimento un'aperta battaglia programmatica che contrasti gli orientamenti neoriformistici maggioritari della sua attuale dirigenza politico-culturale e che ponga al centro la questione della proprietà e della prospettiva socialista. L'unica prospettiva, certo difficile ma non utopistica, che possa indicare una soluzione reale alle istanze profonde che il movimento solleva (istanze sociali, ambientaliste, di pace). Alla proposta centrale della Tobin Tax, con la sua ipotesi di razionalizzazione dei mercati finanziari nel quadro della società capitalistica, va contrapposta l'elaborazione di una proposta anticapitalistica che parta dagli obiettivi immediati per andare al cuore del problema: la proprietà privata e il potere dello Stato. La costituzione di una tendenza anticapitalistica e rivoluzionaria nel movimento antiglobalizzazione impegnata a lottare per  l'egemonia va posta apertamente all'ordine del giorno dell'iniziativa del partito.
Ma la svolta politica qui richiamata necessita di un'altra prospettiva politica. La lettera aperta ai Democratici di Sinistra ha rappresentato un errore clamoroso. Chiedere a D'Alema, Fassino, Bersani (o all'insieme del centrosinistra) un confronto programmatico per l'opposizione sociale al governo è privo di ogni fondamento classista. L'orizzonte della sinistra plurale si rivela già oggi, una volta di più, in contraddizione con le ragioni di classe del nostro partito. E' necessario cambiare prospettiva: sviluppando il PRC come riferimento autonomo e alternativo per i lavoratori e i giovani che rialzano la testa.