Ordine del giorno al Comitato Politico Nazionale del Prc (14-15 settembre 2002)
presentato da Marco Ferrando
 

Il CPN esprime la denuncia più netta della guerra annunciata contro l'Irak e chiama da subito alla più vasta mobilitazione contro di essa. Facciamo appello alla preparazione immediata di una grande manifestazione nazionale contro la guerra, "senza se e senza ma", col più ampio concorso unitario di tutte le forze disponibili. All'interno del più vasto fronte unitario su questa discriminante inequivoca, il partito impegna tutte le proprie forze in una forte caratterizzazione antimperialista e anticapitalistica della propria campagna contro la guerra. Respinge come falsa e mistificatrice ogni rappresentazione della guerra come effetto della "spirale guerra-terrorismo". Denuncia invece apertamente le ragioni coloniali dell'imperialismo americano, le finalità geostrategiche dell'occupazione militare in Medio Oriente, i caratteri dello stesso imperialismo europeo e italiano. In particolare denuncia il ruolo dell'ONU, che si conferma più che mai copertura diplomatica e luogo di mediazione e ricomposizione dei diversi interessi imperialistici e oggi della politica di guerra sotto l'egemonia angloamericana. Superando defintivamente ogni illusione nella "riforma" dell'ONU -già responsabile del genocidio anti-irakeno- come strumento di pace.
Questa campagna contro la guerra va a sua volta investita nella più ampia opposizione sociale e politica contro il governo Berlusconi.
La situazione politica italiana registra l'acuirsi delle difficoltà del governo e l'ampliarsi delle potenzialità dell'opposizione di massa. Lo stesso successo della manifestazione del 14 settembre ne è una registrazione.
La crisi capitalistica internazionale e le compatibilità della costruzione imperialistica europea hanno spinto il governo delle destre a un netto appesantimento dell'offensiva antioperaia e antipopolare su lavoro, sanità, scuola, pensioni, contratti; nel mentre si accentua la preoccupazione per il carovita in ampi strati popolari. Parallelamente, quanto più si sviluppa l'offensiva sociale tanto più si rafforzano i tratti reazionari del governo in direzione dell'attacco alla magistratura, dell'occupazione dell'informazione, di una legislazione personalistica e di clan.
La combinazione dei due fattori genera per la prima volta, a un anno dal suo insediamento, un disincanto pubblico verso il governo di settori reali della sua base popolare, sia nel lavoro dipendente, sia in settori di masse povere del Sud. Ciò che si somma ad una nuova radicalizzazione del sentimento politico antigovernativo nel popolo della sinistra e, in particolare, nella classe operaia politicamente e sindacalmente attiva. La tensione sociale e politica governativa avrà probabilmente nuovo alimento con le scadenze di mobilitazione dell'autunno, a partire dallo sciopero generale e dai contratti. E tende a saldarsi con una diffusa sensibilizzazione democratica antiberlusconiana in settori intellettuali.  A sua volta l'annunciata partecipazione italiana alla guerra imperialistica contro l'Irak potrà contribuire a rafforzare il fronte di opposizione al governo favorendo nuovi elementi di radicalità.
Complessivamente si accumula un potenziale dirompente per lo sviluppo concentrato di una radicalizzazione di massa a larga base popolare.
Il centro borghese dell'Ulivo, a partire dalla Margherita ma con vaste ramificazioni nella maggioranza Ds, è impegnato con tutte le proprie forze a disinnescare la miccia dell'esplosione sociale. La sua unica preoccupazione è di preparare l'alternanza liberale per il 2006: da qui il tentativo di incunearsi in ogni contraddizione tra Berlusconi e grande impresa per guadagnare il favore di quest'ultima (sostegno al patto di stabilità, opposizione al blocco delle tariffe, ecc.). Da qui anche la volontà di confinare l'opposizione politica al governo su un terreno essenzialmente democratico e istituzionale.
Sergio Cofferati dal canto suo mira ad appoggiarsi all'eredità Cgil e al suo controllo sul movimento operaio per puntare a un accordo col centro borghese di Romano Prodi, aggirando i Ds e gli stati maggiori dell'Ulivo. Dopo aver privato per un anno la classe operaia di una piattaforma di lotta e aver compresso le sue potenzialità  con scioperi grandiosi ma sostanzialmente di immagine, centellinanti ogni tre mesi, Cofferati e la burocrazia Cgil puntano a subordinare il movimento operaio a un centrosinistra rifondato ("grande Ulivo") a braccetto con i difensori dell'Europa del capitale e dei sacrifici operai.
Il nostro partito può e deve contrastare apertamente questi disegni politici nella classe operaia e nei movimenti di massa. Ma può farlo solo assumendo un orientamento politico nuovo e una nuova prospettiva.
Per un anno in nome del rifiuto di una battaglia di egemonia abbiamo combinato una esaltazione acritica del movimento noglobal e delle sue direzioni e una subordinazione a Cofferati nel movimento di classe. Dopo un anno il movimento noglobal appare vivo ma pesantemente ridimensionato e in crisi di orientamento perché spiazzato da una centralità della lotta di classe che le sue direzioni rifiutavano di riconoscere. E Cofferati e la burocrazia Cgil hanno usato e usano l'accresciuta e incontrastata egemonia sulla classe per rinegoziare coi liberali un accordo di centrosinistra contro i lavoratori.
La rinuncia a una nostra battaglia di egemonia in nome dei movimenti, ha di fatto rafforzato altre egemonie contro i movimenti. La linea varata al congresso è stata smentita dall'esperienza.
E' necessaria una svolta politica del nostro partito che proprio le nuove potenzialità dell'opposizione di massa rendono non solo necessaria ma urgente. Alla linea borghese liberale dell'Ulivo, così come all'operazione di Cofferati va opposta nel vivo delle lotte una linea coerentemente anticapitalistica, che lotti per l'egemonia anticapitalista nella classe operaia e per l'egemonia della classe operaia sull'insieme dell'opposizione popolare e democratica a Berlusconi e su ogni movimento popolare a carattere progressivo.
In questo quadro il CPN ridefinisce gli assi di fondo dell'azione politica del partito:
1) E' necessario che il partito avanzi una proposta di piattaforma di lotta unificante contro il governo e il padronato, che non si limiti all'ambito strettamente sindacale ma abbracci l'insieme delle preoccupazioni popolari. La difesa ed estensione dell'articolo 18, con la relativa iniziativa referendaria, rappresenta l'obiettivo centrale. Ma va collegato a una piattaforma di mobilitazione complessiva su cui impegnare l'insieme del partito, in tutti i sindacati, in tutti i movimenti, in tutte le pieghe della protesta sociale e popolare:
- Giù le mani da sanità, scuola, pensioni: per una diretta azione di massa che ovunque blocchi chiusure di scuole ed ospedali.
- Aumento salariale di 200 Euro per tutti i lavoratori del settore pubblico e privato: perché l'intero lavoro dipendente invada il campo dei prossimi contratti con una rivendicazione unificante e di svolta.
- Controllo diretto sui prezzi da parte dei lavoratori e consumatori, abolizione del segreto commerciale, nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori delle compagnie di assicurazione: per stroncare speculazioni odiose ai danni di vasti strati popolari.
- Difesa ed estensione dell'art. 18 a tutti i lavoratori e le lavoratrici, assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori precari, abolizione del "pacchetto Treu", salario garantito ai disoccupati: per chiudere la piaga del supersfruttamento e dell'emarginazione sociale, ricompore l'unità tra lavoratori e tra lavoratori e disoccupati.
- Abolizione della legge razzista Bossi-Fini: a partire da una resistenza organizzata alla sua applicazione, con la tutela sindacale e organizzazione di massa dei lavoratori immigrati, contro le espulsioni e per la parità dei diritti.
- Non un uomo, non un soldo per la guerra coloniale.
2) E' necessario che il PRC avanzi e argomenti a livello di massa la proposta dello sciopero generale prolungato sino alla sconfitta di Berlusconi. Non va intesa semplicemente come una lotta sindacale più radicale. Ma come un'azione di massa continuativa, basata in primo luogo sulla classe operaia, capace di unificare attorno a sé tutte le ragioni dell'opposizione al governo. Un'azione di massa ad oltranza che,  superando il carattere puramente dimostrativo e simbolico della protesta, miri a bloccare l'Italia e a piegare Berlusconi, coinvolgendo e trascinando in forma attiva i più vasti strati popolari, la loro iniziativa, le loro forme di lotta. E' l'unica traduzione positiva del concetto di "sciopero generalizzato": che altrimenti si risolve in azioni minoritarie d'immagine a latere di scioperi simbolici ordinari. E soprattutto è l'unica soluzione capace di valorizzare sino in fondo la forza reale delle masse e la sua enorme potenzialità.
3) E' necessario che il PRC avanzi la parola d'ordine politica della cacciata del governo Berlusconi, "governo di rapina, di malavita, di guerra", per aprire la via ad una alternativa dei lavoratori. E' una parola d'ordine conforme alla gravità della situazione politica, al carattere reazionario del governo, alle potenzialità dell'opposizione di massa. Ma soprattutto è una parola d'ordine che risponde a un vasto sentimento unitario in contraddizione con la linea delle sue direzioni tutte proiettate, in forme diverse, verso l'alternanza liberale del 2006. Il nostro partito deve porsi all'avanguardia della lotta contro il governo, costruire per questa via la più larga sintonia col sentimento di massa di milioni di lavoratori e lavoratrici, e quindi favorire il più largo ascolto delle proprie parole d'ordine più complessive sul terreno dell'alternativa anticapitalista: l'unica reale risposta alla crisi sociale, alle involuzioni reazionarie, alle politiche di guerra.
4) E' necessario che il PRC faccia appello su queste basi all'unità d'azione di tutte le tendenze politiche e sindacali dell'opposizione al governo e dei movimenti di massa. Ma l'unità d'azione per cacciare Berlusconi, su una piattaforma di rivendicazioni popolari e di classe e sulla base di una mobilitazione ad oltranza implica la più completa autonomia dal centro liberale. Convergenze occasionali contro Berlusconi sul terreno parlamentare non possono trasformarsi in nessun caso, in nessuna forma, né oggi né domani, in un patto politico e programmatico tra il movimento operaio e il centro borghese liberale. La lotta contro il centro liberale e la sua pretesa di subordinare i movimenti all'alternanza borghese del 2006 è il senso stesso della battaglia di egemonia del PRC nella classe operaia e nei movimenti di massa. La proposta della rottura col centro liberale può e deve sfidare apertamente, in particolare, Sergio Cofferati e la direzione della Cgil, col preciso fine di svelarne il ruolo subalterno, sindacale e politico.