1. Il congresso regionale della Lombardia del Prc invita gli organismi
dirigenti regionali, le federazioni, tutte le strutture e gli iscritti
del partito ad agire con il massimo impegno per la costruzione di un ampio
e unitario movimento per opporsi "senza se e senza ma" alla guerra annunciata
contro l'Iraq e il suo popolo dai governi Usa e britannico e contro il
sostegno politico e militare a tale aggressione annunciato dal governo
Berlusconi. Nel quadro unitario del movimento, il Prc deve impegnarsi per
fare la massima chiarezza sulle ragioni imperialiste e neocoloniali della
guerra, nonché per denunciare la logica di classe delle posizioni
assunte dai gruppi dirigenti dell'Ulivo, pur divisi sui modi per fronteggiare
la crescente opposizione popolare alla guerra.
2. L'impegno contro la guerra va investito nella battaglia più
generale per la costruzione della più ampia opposizione sociale
e politica contro il governo Berlusconi. L'autunno registra l'acuirsi delle
difficoltà del governo e l'ampliarsi delle potenzialità dell'opposizione
di massa. Lo stesso successo delle manifestazioni più recenti -
da quella del 14 settembre a Piazza S. Giovanni, a quella del partito del
28 settembre, alle manifestazioni di ieri in tante città - registra
la crescita, l'estensione e la radicalizzazione dell'opposizione e dei
sentimenti antigovernativi. La politica del governo incontra significative
difficoltà. La crisi capitalistica internazionale e le compatibilità
della costruzione imperialistica europea costringono il governo delle destre
a un netto appesantimento dell'offensiva antioperaia e antipopolare su
lavoro, sanità, scuola, pensioni, contratti; nel contempo si accentua
la percezione dell'inerzia e della complicità del governo sul fronte
dell'inflazione. Parallelamente, cresce l'indignazione per gli attacchi
all'indipendenza della magistratura dall'esecutivo, per l'occupazione dell'informazione,
per l'uso personalistico e privato del parlamento, per il varo di una legislazione
razzista e poliziesca sul terreno dell'immigrazione. Tutto questo comincia
a delineare, a un anno dal suo insediamento, un disincanto verso il governo
in settori della sua base popolare. La tensione sociale e politica antigovernativa
ricaverà inoltre nuovo alimento con le scadenze di mobilitazione
dell'autunno, a partire dallo sciopero generale del 18 ottobre e dalle
scadenze contrattuali. Essa tende a saldarsi con una diffusa sensibilizzazione
democratica antiberlusconiana in settori intellettuali e con la contrarietà
alla guerra maggioritaria nel Paese.
Complessivamente si accumula un potenziale dirompente per lo sviluppo
concentrato di una radicalizzazione di massa a larga base popolare a cui
il nostro partito deve saper offrire una risposta politica avanzando senza
tentennamenti l'indicazione della cacciata del governo attraverso la lotta
di massa.
3. La crisi dell'Ulivo e dei DS di fronte alle politiche di guerra
del governo per un verso rivelano la vera natura di classe dei gruppi dirigenti
di questo schieramento (uniti nella rappresentanza degli interessi anche
imperialistici del grande capitale italiano, anche se oggi divisi sui modi
di fronteggiare la pressione pacifista della propria base elettorale),
e per un altro mostrano l'impossibilità di costruire qualsiasi alternativa
reale, per quanto parziale, alle politiche del grande capitale sulla base
della ricerca di un'unità con queste forze. Il centro borghese dell'Ulivo,
a partire dalla Margherita ma con vaste ramificazioni nella maggioranza
Ds, è impegnato con tutte le proprie forze ad accreditarsi come
"affidabile" rappresentanza del grande capitale e dunque, oggi, a sposare
le critiche confindustriali alla politica economica del governo, a "farsi
carico degli impegni internazionali dell'Italia", a disinnescare la miccia
di una possibile esplosione sociale (vedi critica dello sciopero generale
della Cgil). La preoccupazione di queste forze è preparare l'alternanza
liberale per il 2006. Da qui anche la volontà di confinare l'opposizione
politica al governo su un terreno essenzialmente democratico e istituzionale.
Le proposte diverse che vengono dalla sinistra dei DS, da Cofferati,
dal gruppo dirigente della Cgil non sono in grado di rappresentare una
vera alternativa a questa politica liberale, sia perché puntano
strategicamente a un accordo con le forze che la incarnano (esemplare la
proposta di accordo col il centro borghese di Prodi) sia perché
non propongono una vera alternativa in termini di programma e di piattaforma
di lotta contro il governo, su cui impegnare una lotta generale per riaggregare
e riunificare il blocco sociale alternativo, scompaginare la base popolare
delle destre, costruire le condizioni per dare la spallata al governo Berlusconi
e prospettare un'alternativa di classe.
4. Il nostro partito può e deve contrastare apertamente questi
disegni politici avanzando nel contempo una proposta alternativa nella
classe operaia e nei movimenti di massa, impegnando su questo un'aperta
battaglia per l'egemonia. Una rinuncia in questo senso significa lasciare
campo libero ad altre egemonie, siano esse quella apertamente borghese
della ricostruzione dell'Ulivo, quella riformista del gruppo dirigente
della Cgil impegnato a ricostruire le condizioni per riconquistare spazi
di concertazione col governo, o quella a volte radicale nelle forme ma
altrettanto priva di prospettive dei vari gruppi dirigenti "movimentisti"
del movimento no global.
Gli assi della proposta del nostro partito devono da un lato puntare
a costruire una piattaforma di lotta unificante nei movimenti di massa,
dall'altro indicare una prospettiva generale per la sconfitta del governo
delle destre. Questa piattaforma deve comprendere la difesa e l'estensione
dell'articolo 18 e dei diritti sindacali a tutti i lavoratori, la trasformazione
di tutti i contratti precari, flessibili e "atipici" in contratti a tempo
indeterminato, l'abolizione del pacchetto Treu, il salario garantito ai
disoccupati, un forte aumento salariale per tutti i lavoratori del settore
pubblico e privato, l'abolizione della legge razzista Bossi-Fini, il controllo
diretto da parte di lavoratori e consumatori contro l'aumento dei prezzi
e delle tariffe, la difesa della sanità, della scuola e della previdenza
pubbliche, l'iniziativa di massa contro le chiusure di scuole e ospedali,
non un uomo né un soldo per la guerra imperialista. Questa piattaforma
deve formulare oggi rivendicazioni efficaci in difesa di posti di lavori
e di occupazione. Accanto alla richiesta della riduzione di orario a parità
di salario, il partito deve offrire una prospettiva ai lavoratori minacciati
dalla crisi come alla Fiat. Dobbiamo rilanciare i metodi e le parole d'ordine
storiche del movimento operaio su questo terreno, riproposte dalla logica
della crisi capitalistica: l'occupazione degli impianti, la rivendicazione
della nazionalizzazione senza indennizzo e il controllo dei lavoratori
sul rilancio produttivo. Queste rivendicazioni non sono solo una bandiera
del nostro partito; sono concretamente riproposte dall'esperienza dei lavoratori
argentini, cioè di un paese in cui il liberismo e le privatizzazioni
hanno celebrato il loro massimo trionfo e il loro massimo fallimento.
L'indicazione di una lotta ad oltranza, della costruzione di uno sciopero
generale prolungato fino alla sconfitta del governo, in buona sostanza
fino alla sua cacciata, deve essere l'indicazione politica centrale del
nostro partito nella prossima fase. Non è credibile affidare la
sconfitta del governo e delle sue politiche soltanto alla pur importante
campagna referendaria promossa dal nostro partito, soggetto a tutte le
incertezze di questo strumento e alle manovre del governo per affossarlo,
e tanto meno a una riedizione nel 2006 di un'alleanza con il centrosinistra
borghese.
Su queste basi il nostro partito può e deve incalzare con una
forte iniziativa e una proposta di unità d'azione tutte le forze
della sinistra, del movimento sindacale e dei movimenti di massa. In particolare
deve fare della parola d'ordine della rottura con il centro liberale una
sfida politica a quei gruppi dirigenti (Sergio Cofferati, la direzione
della Cgil) che oggi godono di una immeritata autorità nella sinistra
e nel movimento di massa, anche col preciso fine di svelarne il loro ruolo
subalterno, sindacale e politico.
5. La Lombardia è stata nell'ultimo decennio da un lato un laboratorio
dell'egemonia delle destre, dall'altro della costruzione dell'ipotesi ulivista
d'ispirazione "liberale-temperata". Per altro verso qui si sono sperimentate
le politiche di concertazione volte a consolidare la subalternità
del movimento sindacale alle politiche borghesi della flessibilità,
delle privatizzazioni e della competitività, concretizzate ieri
nel "Patto per Milano" e oggi nel "Patto per lo sviluppo" sottoscritto
anche dal gruppo dirigente della Cgil, l'uno e l'altro funzionali al consolidamento
dell'egemonia formigoniana.
In questo quadro, al di là della tenuta organizzativa ed elettorale,
il nostro partito non può fare un bilancio positivo della sua politica.
Esso infatti per un verso non ha avuto la forza di costruire una adeguata
risposta politica e sociale alle destre, dall'altro sul piano politico-istituzionale
è stato sostanzialmente al traino di una ipotesi di accordo col
centrosinistra (come esemplificato dall'accordo a sostegno del candidato
Martinazzoli alle ultime elezioni regionali). Questo impone al nostro partito
una decisa svolta di orientamento e di prospettiva. La costruzione del
Prc come forza di classe e alternativa richiede di sviluppare la nostra
proposta politica in contrapposizione non solo al polo delle destre, ma
anche a qualsiasi ipotesi di ricomposizione col centrosinistra e più
in generale di collaborazione di classe; e deve essere supportata da una
adeguata piattaforma politico-programmatica e rivendicativa con cui sviluppare
la sua iniziativa nel movimento di massa e nella costruzione dell'opposizione.
6. Gli assi dell'iniziativa del Prc in Lombardia devono puntare a costruire
e a radicalizzare l'opposizione di massa al governo delle destre, a disarticolare
la sua base sociale ed elettorale, ad unificare il blocco sociale per una
alternativa anticapitalistica. E' pertanto incompatibile con questa prospettiva
la riproposizione di una politica di accordi elettorali e politici con
le forze del centrosinistra sul piano amministrativo locale e regionale.
Ciò subordinerebbe il nostro partito ad un settore del grande capitale
e a politiche antipopolari non molto diverse da quelle praticate dal blocco
delle destre. Al centro del nostro programma per l'opposizione deve essere
la più netta contrarietà ad ogni ipotesi di concertazione,
nonché a tutte le proposte di flessibilità del lavoro, di
privatizzazione delle aziende e del patrimonio pubblico, di privatizzazione
della sanità, della scuola e dei servizi pubblici, di saccheggio
privatistico del territorio e delle risorse ambientali. In questo senso
si deve sviluppare la più forte iniziativa contro i progetti formigoniani,
rivendicando la difesa e la riqualificazione della scuola e della sanità
pubbliche, l'estensione dei diritti allo studio, alla sanità, alla
casa, ecc., il riconoscimento della cittadinanza e dei diritti sindacali,
civili e politici ai lavoratori immigrati, la difesa dei controlli e dei
vincoli pubblici sull'uso del territorio e dell'ambiente nell'ottica di
un "altro" sviluppo, sottratto alla logica del profitto e della speculazione
ed ispirato alla difesa dell'occupazione, al soddisfacimento dei bisogni
sociali, al rispetto delle compatibilità ambientali.
7. La costruzione del partito in Lombardia, tanto più in una
fase di sviluppo delle lotte e dei movimenti di massa come l'attuale, non
può limitarsi all'indicazione del superamento del 100% del tesseramento,
ma deve proporsi lo sviluppo e il consolidamento del partito come forza
militante radicata sul territorio, attiva nei movimenti di massa, capace
di sviluppare un'estesa iniziativa politica nella battaglia per l'egemonia.
A questo scopo devono essere investite anche le importanti risorse a disposizione
degli organismi dirigenti regionali. E' dunque indispensabile una gestione
trasparente e condivisa. Essa non deve essere concepita o percepita come
una "riserva" del gruppo dirigente regionale o di una parte di esso, ma
come risorsa di tutto il partito. In particolare deve essere posta una
attenzione prioritaria alla politica di formazione dei militanti e dei
quadri non in un'ottica meramente istituzionale-amministrativa, alla costruzione
e all'efficacia degli strumenti di coordinamento dell'iniziativa di massa,
alla predisposizione di strumenti di informazione e dibattito dell'intero
partito.
E' importante che tutte le strutture del partito siano in generale
coinvolte nella costruzione e nella verifica delle scelte politiche che
vengono compiute a livello regionale, compresa l'iniziativa sviluppata
dal partito a livello istituzionale.