Ordine del giorno presentato da Progetto Comunista al congresso regionale del Prc della Lombardia
(6 ottobre 2002)
 

1. Il congresso regionale della Lombardia del Prc invita gli organismi dirigenti regionali, le federazioni, tutte le strutture e gli iscritti del partito ad agire con il massimo impegno per la costruzione di un ampio e unitario movimento per opporsi "senza se e senza ma" alla guerra annunciata contro l'Iraq e il suo popolo dai governi Usa e britannico e contro il sostegno politico e militare a tale aggressione annunciato dal governo Berlusconi. Nel quadro unitario del movimento, il Prc deve impegnarsi per fare la massima chiarezza sulle ragioni imperialiste e neocoloniali della guerra, nonché per denunciare la logica di classe delle posizioni assunte dai gruppi dirigenti dell'Ulivo, pur divisi sui modi per fronteggiare la crescente opposizione popolare alla guerra.
 
2. L'impegno contro la guerra va investito nella battaglia più generale per la costruzione della più ampia opposizione sociale e politica contro il governo Berlusconi. L'autunno registra l'acuirsi delle difficoltà del governo e l'ampliarsi delle potenzialità dell'opposizione di massa. Lo stesso successo delle manifestazioni più recenti - da quella del 14 settembre a Piazza S. Giovanni, a quella del partito del 28 settembre, alle manifestazioni di ieri in tante città - registra la crescita, l'estensione e la radicalizzazione dell'opposizione e dei sentimenti antigovernativi. La politica del governo incontra significative difficoltà. La crisi capitalistica internazionale e le compatibilità della costruzione imperialistica europea costringono il governo delle destre a un netto appesantimento dell'offensiva antioperaia e antipopolare su lavoro, sanità, scuola, pensioni, contratti; nel contempo si accentua la percezione dell'inerzia e della complicità del governo sul fronte dell'inflazione. Parallelamente, cresce l'indignazione per gli attacchi all'indipendenza della magistratura dall'esecutivo, per l'occupazione dell'informazione, per l'uso personalistico e privato del parlamento, per il varo di una legislazione razzista e poliziesca sul terreno dell'immigrazione. Tutto questo comincia a delineare, a un anno dal suo insediamento, un disincanto verso il governo in settori della sua base popolare. La tensione sociale e politica antigovernativa ricaverà inoltre nuovo alimento con le scadenze di mobilitazione dell'autunno, a partire dallo sciopero generale del 18 ottobre e dalle scadenze contrattuali. Essa tende a saldarsi con una diffusa sensibilizzazione democratica antiberlusconiana in settori intellettuali e con la contrarietà alla guerra maggioritaria nel Paese.
Complessivamente si accumula un potenziale dirompente per lo sviluppo concentrato di una radicalizzazione di massa a larga base popolare a cui il nostro partito deve saper offrire una risposta politica avanzando senza tentennamenti l'indicazione della cacciata del governo attraverso la lotta di massa.
 
3. La crisi dell'Ulivo e dei DS di fronte alle politiche di guerra del governo per un verso rivelano la vera natura di classe dei gruppi dirigenti di questo schieramento (uniti nella rappresentanza degli interessi anche imperialistici del grande capitale italiano, anche se oggi divisi sui modi di fronteggiare la pressione pacifista della propria base elettorale), e per un altro mostrano l'impossibilità di costruire qualsiasi alternativa reale, per quanto parziale, alle politiche del grande capitale sulla base della ricerca di un'unità con queste forze. Il centro borghese dell'Ulivo, a partire dalla Margherita ma con vaste ramificazioni nella maggioranza Ds, è impegnato con tutte le proprie forze ad accreditarsi come "affidabile" rappresentanza del grande capitale e dunque, oggi, a sposare le critiche confindustriali alla politica economica del governo, a "farsi carico degli impegni internazionali dell'Italia", a disinnescare la miccia di una possibile esplosione sociale (vedi critica dello sciopero generale della Cgil). La preoccupazione di queste forze è preparare l'alternanza liberale per il 2006. Da qui anche la volontà di confinare l'opposizione politica al governo su un terreno essenzialmente democratico e istituzionale.
Le proposte diverse che vengono dalla sinistra dei DS, da Cofferati, dal gruppo dirigente della Cgil non sono in grado di rappresentare una vera alternativa a questa politica liberale, sia perché puntano strategicamente a un accordo con le forze che la incarnano (esemplare la proposta di accordo col il centro borghese di Prodi) sia perché non propongono una vera alternativa in termini di programma e di piattaforma di lotta contro il governo, su cui impegnare una lotta generale per riaggregare e riunificare il blocco sociale alternativo, scompaginare la base popolare delle destre, costruire le condizioni per dare la spallata al governo Berlusconi e prospettare un'alternativa di classe.
 
4. Il nostro partito può e deve contrastare apertamente questi disegni politici avanzando nel contempo una proposta alternativa nella classe operaia e nei movimenti di massa, impegnando su questo un'aperta battaglia per l'egemonia. Una rinuncia in questo senso significa lasciare campo libero ad altre egemonie, siano esse quella apertamente borghese della ricostruzione dell'Ulivo, quella riformista del gruppo dirigente della Cgil impegnato a ricostruire le condizioni per riconquistare spazi di concertazione col governo, o quella a volte radicale nelle forme ma altrettanto priva di prospettive dei vari gruppi dirigenti "movimentisti" del movimento no global.
Gli assi della proposta del nostro partito devono da un lato puntare a costruire una piattaforma di lotta unificante nei movimenti di massa, dall'altro indicare una prospettiva generale per la sconfitta del governo delle destre. Questa piattaforma deve comprendere la difesa e l'estensione dell'articolo 18 e dei diritti sindacali a tutti i lavoratori, la trasformazione di tutti i contratti precari, flessibili e "atipici" in contratti a tempo indeterminato, l'abolizione del pacchetto Treu, il salario garantito ai disoccupati, un forte aumento salariale per tutti i lavoratori del settore pubblico e privato, l'abolizione della legge razzista Bossi-Fini, il controllo diretto da parte di lavoratori e consumatori contro l'aumento dei prezzi e delle tariffe, la difesa della sanità, della scuola e della previdenza pubbliche, l'iniziativa di massa contro le chiusure di scuole e ospedali, non un uomo né un soldo per la guerra imperialista. Questa piattaforma deve formulare oggi rivendicazioni efficaci in difesa di posti di lavori e di occupazione. Accanto alla richiesta della riduzione di orario a parità di salario, il partito deve offrire una prospettiva ai lavoratori minacciati dalla crisi come alla Fiat. Dobbiamo rilanciare i metodi e le parole d'ordine storiche del movimento operaio su questo terreno, riproposte dalla logica della crisi capitalistica: l'occupazione degli impianti, la rivendicazione della nazionalizzazione senza indennizzo e il controllo dei lavoratori sul rilancio produttivo. Queste rivendicazioni non sono solo una bandiera del nostro partito; sono concretamente riproposte dall'esperienza dei lavoratori argentini, cioè di un paese in cui il liberismo e le privatizzazioni hanno celebrato il loro massimo trionfo e il loro massimo fallimento.
L'indicazione di una lotta ad oltranza, della costruzione di uno sciopero generale prolungato fino alla sconfitta del governo, in buona sostanza fino alla sua cacciata, deve essere l'indicazione politica centrale del nostro partito nella prossima fase. Non è credibile affidare la sconfitta del governo e delle sue politiche soltanto alla pur importante campagna referendaria promossa dal nostro partito, soggetto a tutte le incertezze di questo strumento e alle manovre del governo per affossarlo, e tanto meno a una riedizione nel 2006 di un'alleanza con il centrosinistra borghese.
Su queste basi il nostro partito può e deve incalzare con una forte iniziativa e una proposta di unità d'azione tutte le forze della sinistra, del movimento sindacale e dei movimenti di massa. In particolare deve fare della parola d'ordine della rottura con il centro liberale una sfida politica a quei gruppi dirigenti (Sergio Cofferati, la direzione della Cgil) che oggi godono di una immeritata autorità nella sinistra e nel movimento di massa, anche col preciso fine di svelarne il loro ruolo subalterno, sindacale e politico.
 
5. La Lombardia è stata nell'ultimo decennio da un lato un laboratorio dell'egemonia delle destre, dall'altro della costruzione dell'ipotesi ulivista d'ispirazione "liberale-temperata". Per altro verso qui si sono sperimentate le politiche di concertazione volte a consolidare la subalternità del movimento sindacale alle politiche borghesi della flessibilità, delle privatizzazioni e della competitività, concretizzate ieri nel "Patto per Milano" e oggi nel "Patto per lo sviluppo" sottoscritto anche dal gruppo dirigente della Cgil, l'uno e l'altro funzionali al consolidamento dell'egemonia formigoniana.
In questo quadro, al di là della tenuta organizzativa ed elettorale, il nostro partito non può fare un bilancio positivo della sua politica. Esso infatti per un verso non ha avuto la forza di costruire una adeguata risposta politica e sociale alle destre, dall'altro sul piano politico-istituzionale è stato sostanzialmente al traino di una ipotesi di accordo col centrosinistra (come esemplificato dall'accordo a sostegno del candidato Martinazzoli alle ultime elezioni regionali). Questo impone al nostro partito una decisa svolta di orientamento e di prospettiva. La costruzione del Prc come forza di classe e alternativa richiede di sviluppare la nostra proposta politica in contrapposizione non solo al polo delle destre, ma anche a qualsiasi ipotesi di ricomposizione col centrosinistra e più in generale di collaborazione di classe; e deve essere supportata da una adeguata piattaforma politico-programmatica e rivendicativa con cui sviluppare la sua iniziativa nel movimento di massa e nella costruzione dell'opposizione.
 
6. Gli assi dell'iniziativa del Prc in Lombardia devono puntare a costruire e a radicalizzare l'opposizione di massa al governo delle destre, a disarticolare la sua base sociale ed elettorale, ad unificare il blocco sociale per una alternativa anticapitalistica. E' pertanto incompatibile con questa prospettiva la riproposizione di una politica di accordi elettorali e politici con le forze del centrosinistra sul piano amministrativo locale e regionale. Ciò subordinerebbe il nostro partito ad un settore del grande capitale e a politiche antipopolari non molto diverse da quelle praticate dal blocco delle destre. Al centro del nostro programma per l'opposizione deve essere la più netta contrarietà ad ogni ipotesi di concertazione, nonché a tutte le proposte di flessibilità del lavoro, di privatizzazione delle aziende e del patrimonio pubblico, di privatizzazione della sanità, della scuola e dei servizi pubblici, di saccheggio privatistico del territorio e delle risorse ambientali. In questo senso si deve sviluppare la più forte iniziativa contro i progetti formigoniani, rivendicando la difesa e la riqualificazione della scuola e della sanità pubbliche, l'estensione dei diritti allo studio, alla sanità, alla casa, ecc., il riconoscimento della cittadinanza e dei diritti sindacali, civili e politici ai lavoratori immigrati, la difesa dei controlli e dei vincoli pubblici sull'uso del territorio e dell'ambiente nell'ottica di un "altro" sviluppo, sottratto alla logica del profitto e della speculazione ed ispirato alla difesa dell'occupazione, al soddisfacimento dei bisogni sociali, al rispetto delle compatibilità ambientali.
 
7. La costruzione del partito in Lombardia, tanto più in una fase di sviluppo delle lotte e dei movimenti di massa come l'attuale, non può limitarsi all'indicazione del superamento del 100% del tesseramento, ma deve proporsi lo sviluppo e il consolidamento del partito come forza militante radicata sul territorio, attiva nei movimenti di massa, capace di sviluppare un'estesa iniziativa politica nella battaglia per l'egemonia. A questo scopo devono essere investite anche le importanti risorse a disposizione degli organismi dirigenti regionali. E' dunque indispensabile una gestione trasparente e condivisa. Essa non deve essere concepita o percepita come una "riserva" del gruppo dirigente regionale o di una parte di esso, ma come risorsa di tutto il partito. In particolare deve essere posta una attenzione prioritaria alla politica di formazione dei militanti e dei quadri non in un'ottica meramente istituzionale-amministrativa, alla costruzione e all'efficacia degli strumenti di coordinamento dell'iniziativa di massa, alla predisposizione di strumenti di informazione e dibattito dell'intero partito.
E' importante che tutte le strutture del partito siano in generale coinvolte nella costruzione e nella verifica delle scelte politiche che vengono compiute a livello regionale, compresa l'iniziativa sviluppata dal partito a livello istituzionale.