Nota informativa sulla Direzione Nazionale del Prc del 29 marzo 2001


La prima cosa significativa della discussione in Direzione sul programma è stata la scarsa partecipazione (presente una metà dei membri ed assente, per altri impegni, lo stesso segretario Bertinotti). Il  compagno Alfonso Gianni, responsabile dell'Ufficio di programma, ha introdotto la breve discussione (in tutto un paio d'ore) presentando la bozza di programma -circa 130 pagine- elaborata dal suo Ufficio e fatta pervenire ai membri della DN un paio di giorni prima. Il documento, "assunto" senza sostanziali critiche da tutta la maggioranza, è stato poi presentato e discusso il giorno dopo al Centro Congressi Cavour in un'assemblea pubblica cui erano invitati vari interlocutori esterni al partito; in pratica la riunione della DN è stato solo un passaggio formale (previsto statutariamente) di "assunzione" di un testo mai discusso nel corpo dirigente del partito né tantomeno nel suo corpo militante.

Gli interventi nel dibattito-lampo (quattro o cinque) non hanno indicato sostanziali divergenze per quanto riguarda la maggioranza intera, dall'ala "neotogliattiana" di Sorini e Grassi che ha puntualizzato, con l'intervento di Sorini, alcuni aspetti circa la politica internazionale (sostanzialmente un preannuncio di alcuni degli assi su cui potrebbe incentrarsi la loro differenziazione nel prossimo congresso); arrivando ai compagni di "Bandiera Rossa". L'intervento di Livio Maitan per quest'area è stato di difesa del programma di Gianni-Bertinotti (definito addirittura "molto soddisfacente") contro le critiche mosse dal compagno Ferrando che ha argomentato gli assi della nostra proposta alternativa. Maitan ha precisato che in linea teorica alcuni aspetti dell'impostazione di Ferrando sono corretti: ma nella situazione data, visti i rapporti tra le classi, il programma-ponte per l'alternativa socialista presentato dalla minoranza risulterebbe astratto; e, in ogni caso, visto che il documento di Gianni non vuole essere il programma fondamentale del partito (che verrà elaborato in un altro momento -quando?) ma solo il programma elettorale, va bene.  Ha fatto cioè un intervento che potrebbe fare chiunque non avesse mai sentito parlare del concetto di "programma di transizione", un concetto già presente in Marx, poi sviluppato e provato nel vivo dell'Ottobre '17 (il programma che ha consentito ai bolscevichi di guadagnare la maggioranza nei Soviet), patrimonio comune dell'Internazionale comunista e delle sue sezioni (è alla base, ad esempio, del Programma di Lione di Gramsci del 1926), ripreso dall'Opposizione allo stalinismo guidata da Trotsky e  sviluppato nel "Programma di Transizione" del 1938 su cui si è fondata la Quarta Internazionale. Il concetto che sta alla base del "programma di transizione" -fondamento del comunismo contro il riformismo- è appunto il rifiuto di separare il programma "minimo" da quello "massimo", indicando anzi come compito fondamentale dei comunisti quello di "costruire un ponte" -nelle lotte- tra la coscienza attuale dei lavoratori (che certo non è rivoluzionaria) e la necessità di un'alternativa socialista e rivoluzionaria come unica risposta ai problemi piccoli e grandi dei lavoratori (e dell'umanità). La separazione tra i due programmi (o l'idea che alle elezioni bisogna presentare un "programma immediato" invece di utilizzarle come momento privilegiato di propaganda del programma generale dei comunisti, ovviamente da articolare) è da sempre il fondamento non dei comunisti ma della socialdemocrazia, che parla di socialismo nei convegni domenicali mentre si limita a predicare le "riforme possibili" nella situazione data (quando in realtà l'intera esperienza ha dimostrato che le riforme possono essere guadagnate solo come sottoprodotto di una lotta di massa con obiettivi radicali).

Per farla breve, l' impostazione del "programma-ponte" che abbiamo proposto al dibattito è completamente assente dalle 130 pagine approvate dalla maggioranza. Il programma approvato non è in realtà nemmeno un "programma minimo" o radicalmente riformista, dacché per esserlo dovrebbe oggi porsi almeno l'obiettivo di rovesciare le controriforme attuate dal centrosinistra in questi anni (ri-nazionalizzare contro le privatizzazioni, abolire le controriforme della scuola e del lavoro, ecc.). Viceversa il programma della maggioranza è semplicemente il programma della "non belligeranza" col centrosinistra: un insieme di rivendicazioni ancor più minimali di quelle contenute nei programmi degli anni scorsi ("programma in dodici punti", "programma in dieci punti", ecc.), non in grado né di servire come strumento per sostenere la costruzione di un movimento di massa né di interessare i veri interlocutori che qui vengono indicati: la burocrazia liberale dei DS e il centrosinistra. Che questi ultimi siano i veri interlocutori cui ci si rivolge è chiarito già nelle prime pagine della Bozza elaborata da Alfonso Gianni di cui vale la pena di riportare qui il cuore: "Questa nostra proposta ha l'ambizione di coprire l'intero arco della prossima legislatura. Quindi essa si propone sia come elementi determinanti di un possibile programma di governo e di società, sia come proposta di alternativa politico sociale da affermare in una lotta congiunta con le altre forze della sinistra." e ancora: "un confronto di idee e di programmi per costruire uno schieramento di sinistra plurale capace di fornire al Paese un nuovo progetto di governo e di società nella prossima legislatura". In altre parole è una nuova articolazione della solita proposta volta al confronto con la cosiddetta "sinistra moderata" in vista o di uno sbocco governista "jospiniano" o -più realisticamente, in caso di vittoria del Polo- di un fronte di opposizione comune tra PRC e CS al governo Berlusconi.

In definitiva, in una situazione in cui i due poli si contendono l'approvazione della borghesia, presentando programmi-fotocopia basati sugli interessi del capitalismo italiano, il PRC non coglie l'occasione per presentare in questa campagna elettorale un programma di alternativa incentrato sugli interessi della classe lavoratrice. Nel programma approvato dalla maggioranza dirigente del PRC manca la questione della proprietà dei mezzi di produzione e manca il socialismo come obiettivo storico dei comunisti (anzi, viene di fatto ripreso come punto di partenza l'impostazione dei recenti ragionamenti di Rossana Rossanda circa "l'impossibilità di pensare oggi l'alternativa socialista"), di conseguenza manca l'individuazione della classe che dovremmo guadagnare alla mobilitazione verso questo obiettivo e manca il percorso (il ponte, come lo abbiamo definito) dalla situazione certo non rivoluzionaria di oggi e l'alternativa di società.
 
 

Francesco Ricci