Primo: la Direzione confermava la linea della maggioranza proprio nei
giorni in cui cadeva anche l'ultimo preteso "argomento" a suo sostegno
("la non belligeranza ci sottrae all'accusa di far vincere le destre"):
nei giorni, cioè, dell'attacco dell'intero centrosinistra al PRC
(o con insulti, vedi Pdci e dalemiani, o con generose proposte di un naufragio
comune, vedi Rutelli, veltroniani e sinistra Ds). In realtà la "non
belligeranza" con quello che si è dimostrato in questi anni lo schieramento
di governo della grande borghesia, lungi dal sottrarci agli attacchi e
a pulsioni ingenuamente unitarie eventualmente presenti nel "popolo di
sinistra", ci espone su entrambi i fianchi: apparendo ad alcuni una posizione
troppo poco unitaria, e ad altri viceversa l'ennesimo compromesso a perdere
(cui magari sottrarsi con la fuga astensionistica e la passivizzazione).
In altre parole, la "non belligeranza" ci espone agli attacchi del centrosinistra
appunto perché lasciando il partito in una collocazione ambigua
impedisce di educare larghe masse alla necessità di costruire nelle
lotte un polo di classe autonomo dai due poli borghesi.
Secondo: Bertinotti e la maggioranza dirigente hanno nuovamente argomentato
questa linea in termini generali, evidenziando che (a differenza di quanto
vorrebbero lasciar credere alcuni interpreti "di sinistra", v. area legata
a Ferrero o Bandiera Rossa) le vere motivazioni sono di ordine strategico
e non derivate da presunte necessità tattico-elettorali. La "non
belligeranza" è stata infatti nuovamente inquadrata dal segretario
nazionale nella prospettiva di costruzione della fantomatica "sinistra
plurale" (con i vertici burocratici della sinistra liberale) in cui l'interlocuzione
con la cosiddetta "sinistra antagonista" (intesa peraltro come aree culturali
e ceti politici) è vista in funzione ausiliaria (il segretario ha
annunciato la preparazione in tempi brevi di una "assise nazionale" della
sinistra antagonista, soddisfando così anche la "sinistra" interna
alla maggioranza). La "non belligeranza" alle prossime elezioni politiche
-combinata, come diremo tra poco- con l'accordo politico, elettorale e
di governo col centrosinistra per le grandi città in cui si voterà
tra pochi mesi (forse nello stesso giorno delle elezioni politiche), Milano,
Torino, Roma e Napoli, è funzionale a proseguire un'interlocuzione
a tutto campo e a tenere aperta, nel "peggiore" dei casi, la strada di
un rapporto organico con gli apparati della cosiddetta "sinistra moderata"
(col Prc in funzione di "pungolo" o ala critica), nel migliore (si fa per
dire) dei casi, cioè nel caso improbabile di una vittoria elettorale
dell'Ulivo, a una ricomposizione di governo tra Prc e centrosinistra. E
il fatto di "garantire" oggi che il PRC sarà comunque collocato
all'opposizione del futuro governo è al contempo una promessa difficile
da credere e che costa poco (non abbiamo dubbi che nel caso -ripetiamo,
molto improbabile- di vittoria del CS, si aprirebbe, con i giusti tempi,
il consueto "confronto programmatico"...).
Terza considerazione. La conferma migliore di quale sia l'asse su cui
ruota la "non belligeranza" elettorale col centrosinistra viene dalla decisione
di stringere un accordo (ovviamente da sottoporre alla consueto "confronto
programmatico"...) col centrosinistra per le elezioni amministrative della
prossima primavera.
L'accordo è in via di definizione a Milano e Torino (il ritardo
è dovuto solo al fatto che il centrosinistra stenta a trovare un
candidato) ed è praticamente cosa fatta a Roma e a Napoli.
A Roma il partito si prepara a sostenere come candidato sindaco un
certo... Walter Veltroni. L'argomento formalmente ineccepibile avanzato
da Bertinotti è quello per cui in nome della "rottura col centro"
la candidatura dell'attuale segretario dei DS non poteva essere respinta
a priori. Che poi Veltroni abbia in questi anni gestito gli interessi del
centro borghese ben più di un qualsiasi Mastella (che in genere
gestisce solo gli interessi della sua famiglia) è cosa che non disturba
il ragionamento del segretario. Così come non costituisce un problema
il fatto che Veltroni sia il principale agente del processo di rottura
della maggioranza dirigente dei DS con il movimento operaio appunto in
nome di una ricollocazione al centro nella prospettiva della costruzione
di un partito democratico borghese.
Per Napoli, invece, dopo aver respinto Mastella in nome appunto della
"rottura col centro" (rottura che però non verrà praticata
nei collegi uninominali della Camera dove saranno presenti i candidati
mastelliani ma non quelli comunisti), dopo un triplo salto logico (senza
rete) si è deciso il sostegno a... Rosa Russo Jervolino. Avendo
persino l'ardire di sostenere(è il caso del segretario della federazione
napoletana, Migliore) che si tratta di una candidatura "che rompe la gabbia
del centro". In che cosa consista questa rottura col centro da parte della
democristiana doc Jervolino è cosa difficile da spiegare: e difatti
lo stesso Migliore non ci tenta neppure...
Come minoranza della Direzione abbiamo contrapposto a questo impianto
tattico e strategico la proposta già avanzata in altre sedi. E cioè
quella della necessità di una autonomia del movimento operaio e
dei comunisti dalla borghesia, dai suoi governi e dalle sue rappresentanze
politiche, nella prospettiva della costruzione di una nuova direzione della
classe. Ciò che deve tradursi in temini elettorali in una presentazione
pienamente autonoma del PRC con candidature comuniste sia nella parte proporzionale
che nei collegi, per entrambi i rami del parlamento (fatta salva la possibilità
di non presentazione, in collegi in bilico, a fronte di candidati riconoscibili
del movimento operaio); la presentazione del segretario nazionale come
candidato del movimento operaio in contrapposizione ai due candidati premier
della borghesia, l'articolazione di un programma anticapitalistico in cui
le ragioni dell'alternativa socialista emergano come unica risposta alla
crisi distruttiva di questa società. Una prospettiva socialista
cui guadagnare la maggioranza del proletariato, non un orizzonte indefinito
di cui parlare la domenica (magari a Livorno).
Francesco Ricci