Credo sia doveroso fare un preambolo che riguarda la definizione dell’oggetto che stiamo trattando, perché, quando si parla di precariato, si tende spesso – più o meno consapevolmente, a centrare il discorso sui cosiddetti “nuovi lavori” e così facendo ci si dimentica che esiste un precariato concentrato nei più tradizionali settori lavorativi, dalle grandi fabbriche al pubblico impiego. A Genova abbiamo una situazione significativa, quella della Fincantieri, dove ormai il numero dei dipendenti regolari sta per essere superato da quello dei dipendenti delle ditte in subappalto, così come per quanto riguarda la Camera del Lavoro Precario abbiamo avuto le esperienze significative con precari impiegati presso gli enti locali.
Venendo al dunque credo che l’attacco condotto da Berlusconi/Maroni
ai lavoratori, di cui il “Libro Bianco” rappresenta soltanto un capitolo
e che prosegue l’offensiva iniziata con i governi di Cnetro sinistra, rappresenti
una notevole occasione per cercare di mettere mano all’organizzazione dei
precari. Da questo punto di vista dev’essere chiaro che un’iniziativa esclusivamente
locale è assolutamente inefficace. L’esplosione del movimento antiglobalizzazione
ci ha dimostrato come sia necessaria un’organizzazione internazionale.
Noi dobbiamo puntare al più presto a costruire una forma di coordinamento
nazionale delle realtà che si occupano di precariato. Coi compagni
della Camera di Roma ci abbiamo già provato: qualche mese fa si
era organizzata una riunione nazionale con altre due strutture, Terni e
Firenze, che aveva deciso di lanciare un appello nazionale per la costruzione
di strutture simile alle nostre, ipotizzando poi un’assemblea nazionale
autoconvocata di tutte le realtà che avessero risposto. Questo tentativo
è naufragato anche per motivi di differenziazione politica tra le
strutture e anche questo dovrebbe stimolarci a cercare di realizzare un
coordinamento inizialmente almeno tra i compagni del PRC che lavorano in
questo settore. Ce ne sono parecchi. Il problema è metterli in contatto
e socializzare le esperienze che vengono portate avanti.
Infine credo che la questione vada affrontata in termini non solo organizzativi
ma politici: quale articolazione programmatica dare a una battaglia contro
la flessibilità? Credo che alcune vecchie rivendicazioni quali il
salario sociale, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di
salario e senza flessibilità, un salario minimo intercategoriale
e l’abolizione del pacchetto Treu siano un buon punto di partenza. Ovviamente
ciò richiede anche una rilfessione e un bilancio sulle scelte compiute
negli ultimi anni da Rifondazione Comunista: già i compagni di Roma
ricordavano il massiccio utilizzo del precariato in molti enti locali,
tra cui anche quelli amministrati dai nostri compagni. A questo aggiungo
proprio il pacchetto Treu, che il Partito contribuì a far decollare
coi suoi voti e con l’appoggio al Governo che lo fece approvare. Credo
che siano errori nati da una linea politica sbagliata e da evitare in futuro.