Care compagne e cari compagni, penso che il nostro partito oggi debba
fare i conti con quella che è la principale urgenza messa in gioco
dalla ripresa del movimento di classe: la necessità di una direzione
- chiaramente anticapitalistica - alternativa a quella dei vertici dell'Ulivo
e delle burocrazie sindacali. L'Ulivo si muove oggi con l'evidente intento
di subordinare i movimenti, l'ondata di proteste contro il governo Berlusconi,
all'alternanza borghese del 2006. Anzi! Il Centrosinistra si candida a
rappresentante privilegiato della borghesia italiana, in quanto in grado
di offrire al padronato quella pace sociale che il governo Berlusconi è
incapace di garantire. Così, oggi come ieri, non c'è nessuna
intenzione da parte della direzione Cgil di rompere con la strategia della
concertazione, anzi la stessa rottura tra Cgil e governo - se è
importante in quanto apre un varco alla lotta di classe - allo stesso tempo
è funzionale a rilanciare proprio la strategia della concertazione.
Necessario è quindi che il nostro partito intervenga attivamente
nel movimento dei lavoratori - e più in generale in ogni piega della
protesta sociale e politica - al fine di radicalizzare l'azione di massa:
dobbiamo proporre un programma di vertenza generale e di sciopero prolungato
per respingere l'attacco governativo e per cacciare il governo Berlusconi.
Tra i punti centrali di questa vertenza, in questa congiuntura, dev'essere
ovviamente il netto rifiuto della guerra imperialista contro l'Irak. Si
tratta, più in generale, del problema dell'egemonia, tristemente
rimosso dalla maggioranza del nostro partito: è quantomeno illusorio
dilungarsi nel prospettare presunti "altri mondi possibili" o presunte
"alternative di sistema" se si elude la necessità dell'egemonia
proletaria anticapitalistica, di contro all'egemonia borghese dei liberisti
e in alternativa all'egemonia "socialdemocratica" di Cofferati e della
burocrazia Cgil.
E perché il nostro partito possa candidarsi a svolgere il ruolo
di direzione alternativa - anticapitalistica - nei movimenti, prioritaria
è la rottura - netta! - con le forze liberali dell'Ulivo, che hanno
dimostrato in maniera lampante la loro organicità a settori consistenti
della grande borghesia italiana. Non è questa, purtroppo, la via
che il nostro partito s'accinge a percorrere, come dimostrano le recenti
dichiarazioni del compagno Bertinotti, riportate dal Manifesto del 17 settembre:
(cito) "Il centrosinistra è una gabbia che imprigiona le forze del
cambiamento (...) Bisogna rompere questa gabbia e far sì che l'opposizione
si organizzi in 3 tronconi: centro moderato, sinistra riformista e sinistra
radicale. Poi le due sinistre devono ALLEARSI e solo dopo vedere se ci
sono le condizioni per un accordo con il centro moderato"... Altro che
svolta a sinistra! Si tratta, di fatto, di un proposta di riorganizzazione
del centrosinistra, nella prospettiva di un governo con lo stesso centrosinistra
per il 2006. E che le aspirazioni del nostro partito oggi convergano nella
prospettiva di una ricomposizione con le forze dell'Ulivo lo dimostra anche
il fatto che non viene messa in dubbio la legittimità delle alleanze
di governo locale con quelle stesse forze. Rompere con l'Ulivo significa
anche uscita immediata dalle giunte locali di centrosinistra, a partire
dalle regioni e dalle grandi città, a partire, nel nostro caso specifico
dalla giunta dell'Emilia Romagna. C'è chi si sforza di vedere nella
nostra alleanza di governo col centrosinistra in Emilia Romagna un significativo
passo verso presunti cambiamenti e controtendenze rispetto al neoliberismo.
La realtà è, a mio avviso, ben diversa: ci siamo resi complici
proprio di politiche neoliberiste, dato che il centrosinistra non soffre
di schizofrenia e non attua a livello locale politiche diverse da
quelle che ha attuato a livello nazionale. Parlando di sanità, alcuni
compagni celebrano come una grande conquista alcune dichiarazioni
di Errani e Bissoni, i quali finalmente, grazie alle pressioni del PRC
e dopo anni di tagli, avrebbe finalmente riconosciuto il valore della
sanità pubblica. Dichiarazioni, appunto, semplici parole: nessun
fatto concreto che indichi una chiara linea di controtendenza rispetto
alle politiche degli anni passati, nessuna messa in discussione di quella
razionalizzazione del sistema sanitario - cavallo di battaglia della giunta
Errani - che ha significato in primo luogo tagli dei posti letto, tagli
del personale, esternalizzazioni di servizi importanti affidati ai privati.
Sulla base di semplici dichiarazioni noi parliamo di successi!? Di svolte?!
Qualcuno potrebbe dire che le parole sono importanti perché in qualche
modo anticipano le politiche future. Se le parole sono importanti,
allora vorrei citare quanto dichiarato da Errani in occasione dell'inaugurazione
della fiera di Rimini, il 28 aprile 2002: "Siamo gli unici in Italia ad
aver avviato un serio progetto di privatizzazione, in grado di attrarre
investimenti sul nostro sistema fieristico": le privatizzazioni degli enti
fiera viste, dunque, non come misero incidente di percorso, ma come evento
da celebrare. E il Prc di fatto si è reso complice di queste manovre
che avranno effetti devastanti su centinaia di lavoratori. Per qualcuno,
si dovrebbe parlare di "controtendenza rispetto al neoliberismo imperante"...
Così per qualcuno una grande vittoria è stata la legge Bastico,
che avalla la parificazione tra scuole statali e scuole private, che prevede
finanziamenti diretti e indiretti alle scuole private stesse, che legittima
criteri meritocratici, che parla di "borse di studio di pari importo per
per tutti gli studenti emiliano- romagnoli, indipendentemente che siano
iscritti ad un istituto pubblico o privato". Per dirla con le parole di
Mariangela Bastico "abbiamo offerto a tutti gli studenti, sia che frequentino
la scuola pubblica o la scuola privata, maggiori opportunità". Ma
pensiamo anche alla questione immigrazione. Non solo il nostro partito
vive la contraddizione di battersi oggi contro i CPT istituiti da una legge
- la Turco-Napolitano - che il Rifondazione comunista ha sciaguratamente
votato ai tempi del sostegno al governo Prodi, ma, con la nostra partecipazione
alla giunta regionale, continuiamo a perpetuare questa contraddizione.
Organizziamo iniziative, manifestazioni, giornate di mobilitazione contro
quelli che giustamente chiamiamo "lager" e, contemporaneamente, siamo in
una giunta che non ne mette in discussione la legittimità. Errani
parla oggi di necessità di una "gestione più umana" dei CPT:
di fatto, una posizione al riparo della Turco-Napolitano stessa.
E come se non bastasse tutto ciò, la regione è anche
stata protagonista diretta nell'assunzione di lavoratori interinali. Leggo
su "Emilia Romagna rossa" (giornale gestito dai compagni dell'area dell'Ernesto
in regione, N.d.R.) che alcuni compagni vedono come una cosa estremamente
positiva il fatto che si sia (cito) "provveduto ad emanare un regolamento
per l'assunzione a tempo determinato". Mi chiedo: può un partito
comunista considerare positiva e rivendicare qualsivoglia gestione del
lavoro precario? Non dovrebbe il nostro partito opporsi strenuamente ad
ogni assunzione a tempo determinato? ad ogni forma, anche la più
regolata, di precariato?
Mi sembrano tutte queste ragioni sufficienti per prendere atto del
fallimento della nostra esperienza in regione. Fallimento che non è
il semplice frutto di una "gestione scorretta" della nostra presenza nella
giunta regionale. Ben più radicalmente, è la dimostrazione
che ogni alleanza di governo con le forze del centrosinistra inevitabilmente
ci rende complici di politiche antioperaie e, inevitabilmente, ci preclude
la possibilità di offrire a quelli che dovrebbero essere i nostri
naturali referenti - operai, disoccupati, precari, immigrati - una reale
alternativa di sistema. Non si tratta di gestire meglio o diversamente
la nostra presenza in giunta - qualcuno (i compagni dell'area bertinottiana,
N.d.R.) ha parlato di "riposizionamenti strategici", di "riorientare l'iniziativa
del partito nella giunta" (...cosa vorrà dire?) - bensì di
rompre con la giunta regionale stessa. Per questo, come Progetto comunista
presenteremo un ordine del giorno che chiede l'uscita immediata dalla giunta
Errani.