II CONFERENZA NAZIONALE DEI GIOVANI COMUNISTI
(Marina di Massa, 5-6-7 luglio 2002)

Intervento di Alberto Madoglio
di argomentazione del documento 2



Care compagne e cari compagni, la seconda conferenza nazionale dei giovani comunisti ha segnato un momento importante nel dibattito, non solo della nostra organizzazione ma del partito nel suo complesso.
In decine di conferenze di circolo e provinciali, centinaia di giovani comunisti hanno realizzato una discussione seria, approfondita, a volte dai toni vivaci e accesi.
La presenza, per la prima volta nella storia della nostra organizzazione e di Rifondazione, di quattro documenti congressuali, ha permesso all'intero corpo dell'organizzazione di sviluppare un confronto tra le reali posizioni presenti tra i GC, abbandonando finalmente ogni timore, nella comprensione che il confronto aperto, anche aspro, è elemento indispensabile di un partito vivo
Ma l'aspetto non routinario della nostra discussione, è stato principalmente dovuto al ruolo centrale che le giovani generazioni hanno avuto in questi ultimi anni nelle mobilitazioni e nei movimenti di massa che hanno segnato la storia recente a livello mondiale.
Da Seattle a Praga a Nizza a Genova, i giovani sono stati in prima fila nella lotta al dominio del capitalismo internazionale e alla sua politica fatta di guerre, miseria e imbarbarimento generale di ogni aspetto della vita di centinaia di milioni di persone.
Sono soprattutto giovani, i combattenti della seconda Intifada, che lottano per porre fine al dominio coloniale dello stato sionista di Israele su tutta la Palestina, e che hanno dato il maggior contributo di sangue a questa eroica guerra di liberazione, nazionale e sociale, alla quale va tutto il nostro sostegno incondizionato.
Sono in gran parte giovani i protagonisti dell'insurrezione iniziata in argentina del 19 e 20 dicembre dello scorso anno, che neanche il piombo del governo di De la Rua prima e di Duhalde oggi è riuscito a fermare.
Al grido di "che se ne vadano tutti", migliaia di giovani rivendicano la cacciata della classe dirigente, responsabile del dissesto finanziario che ha impoverito milioni di persone, e la creazione di un nuovo stato, di una nuova economia, non più basati sullo sfruttamento dell'uomo sui suoi simili, ma sul controllo dei mezzi di produzione, in modo che siano finalmente strumento per il reale soddisfacimento dei bisogni della popolazione..
 
In un'epoca storica in cui il capitale per sopravvivere è obbligato a rimettere in discussione tutte le concessioni fatte negli anni passati, sotto la spinta di mobilitazioni di massa, e che vede i giovani studenti, lavoratori, disoccupati tra i soggetti maggiormente colpiti da questa politica ultraliberista, questi soggetti hanno cominciato a mobilitarsi non rispondendo ad una pulsione ideologica astratta, ma alla necessità di ribattere colpo su colpo a chi ha come scopo quello di peggiorare le loro condizioni materiali di sopravvivenza per incrementare i profitti.

Ma dalle lotte non sorge mai spontaneamente una prospettiva rivoluzionaria e comunista. Lo sosteneva Lenin cento anni fa, ed è ancora vero oggi. Ed è proprio per questo motivo che serve costruire il partito e l’organizzazione giovanile d’avanguardia. Non con il compito di imporre burocraticamente o dottrinariamente alle masse una linea decisa in ambiti ristretti, ma per contribuire, con la partecipazione alle lotte, alla maturazione della coscienza socialista di vaste masse di lavoratori e di giovani. Contrastando l’influenza pervasiva dell’ideologia dominante; superando con l'organizzazione permanente gli inevitabili riflussi dei movimenti. Per fare del programma generale dei comunisti non argomento per studi seminariali, ma per fonderlo con l’esperienza viva di ampi settori di lavoratori e di giovani nelle lotte. Questo è il significato che noi attribuiamo alla battaglia per l’egemonia nei movimenti. Non è –come sostiene qualcuno anche nel nostro dibattito- una vecchia idea di Lenin adatta per un’altra epoca storica. E’ il fondamento stesso del marxismo, la lezione principale che Marx trasse studiando la sconfitta della Comune e che lo spinse a fare battaglia perché nei documenti dell’Internazionale venisse inserito questo concetto: “la classe operaia può agire come classe solo costituendosi in partito politico autonomo, indipendente e contrapposto a tutti gli altri partiti politici.”

Oggi più che nel passato, ogni lotta minimamente progressista, mette in discussione oggettivamente il dominio che il capitale esercita sull'umanità, e il compito di un'organizzazione comunista dovrebbe essere quello di riuscire a conquistare una larga maggioranza dei settori politicamente attivi delle classi sfruttate, a sviluppare la loro lotta sino all’unica logica prospettiva: quella di una rivoluzione sociale, come unica soluzione possibile ai problemi piccoli e grandi dell’umanità.

La politica fin qui seguita dalla nostra organizzazione giovanile ha invece rimosso questo assunto basilare di una organizzazione comunista, ed è per questa ragione che abbiamo proposto all'interno del dibattito di questa conferenza, una svolta politica profonda del nostro agire.

In nome di un mal compreso realismo, la politica fin qui seguita dalla nostra organizzazione, non solo non è riuscita a far sviluppare all'interno delle mobilitazioni, la necessità di una lotta di classe rivoluzionaria, ma non è nemmeno riuscita a proporre una chiara politica che potesse essere un freno agli aspetti più beceri del capitalismo.

Che ne è oggi, in fatti, della Tobin Tax, di fronte ad un sistema che per sua stessa natura manda sul lastrico intere popolazioni mentre al tempo stesso permette a poche decine di capitalisti di arricchirsi in maniera sempre più grande.

I casi Enron e World Com in Usa, e delle decine di migliaia di piccoli risparmiatori truffati dalle banche italiane nella crisi argentina, sono l'esempio lampante di cosa oggi sia necessario proporre.
Non illusorie tassazioni delle speculazioni finanziarie (ammesso e non concesso che siano totalmente separabili da transazioni con fini "produttivi") ma l'abolizione del segreto bancario e commerciale, l'esproprio degli istituti di credito coinvolti negli scandali e nelle speculazioni, e il loro controllo esercitato dai lavoratori.

Di fronte a governi che da Roma a Porto Alegre, mentre continuano a sostenere coi soldi pubblici le multinazionali, chiedono enormi sacrifici alle popolazioni, bisogna rivendicare la nazionalizzazione senza indennizzo delle industrie che licenziano e che la gestione sia affidata a consigli di lavoratori, studenti e disoccupati, così come oggi rivendicano le assemblee popolari di quartiere a Buenos Aires e l’assemblea nazionale piquetera.

Non è su questa strada che si sono mossi i GC e il nostro partito.
Le teorizzazioni sulla nuova natura imperiale della società moderna, del rifiuto della rottura rivoluzionaria, in nome in un non ben chiaro lungo percorso in cui tale lotta viene diluita, l'abbandono della centralità della contraddizione capitale lavoro, e di conseguenza della centralità operaia a favore di una indistinta moltitudine, la politica dell'atto eclatante, della "disubbidienza", prima civile poi sociale, che tutta questa nuova impostazione doveva racchiudere, sono state in ultima analisi, il vestito nuovo che si voleva dare ad una idea vecchia di oltre un secolo: quella riformista.

Ma anche per la situazione politica e sociale in Italia, e anzi soprattutto per l'Italia, vale il discorso fatto in precedenza sulla assoluta illusorietà di ogni impostazione riformistica.

Le scelte fatte negli ultimi dieci anni dai governi che si sono susseguiti alla guida del paese, fossero di centro destra o di centro sinistra, è stata segnata da profondi attacchi ai diritti politici sindacali ed economici dei giovani e dei lavoratori; e che proprio nei due anni in cui il nostro partito è stato parte fondamentale di un governo di centro sinistra, si sia avuto il più profondo, lucido e continuo attacco ai lavoratori, è stata la prova definitiva, di come ogni ipotesi di equilibri più avanzati, nell'interesse dei più deboli, fossero in realtà solamente disastrose chimere, che hanno causato il più proficuo periodo per i capitalisti del paese, il tutto in un clima di assoluta pace sociale

Attualmente l'esecutivo guidato da Berlusconi porta a compimento, sviluppandolo, questo processo, lanciando al contempo un attacco frontale alle masse lavoratrici, facendo così fare un salto di qualità alle politiche antioperaie.
La riforma della pubblica istruzione del Ministro Moratti e figlia legittima delle riforme Berlinguer- De Mauro, la legge anti-immigrati Bossi Fini segue quella varata dai Ministri diessini Turco Napolitano, la riforma dell'articolo 18 e il libro Bianco di Maroni sulla riforma del mercato del lavoro completano l'opera iniziata dal Governo ulivista di Prodi col varo del famigerato pacchetto Treu.
Non è inutile ricordare che, per quanto riguarda gli ultimi due punti, il nostro partito espresse purtroppo un voto a favore delle leggi sopra citate.

Da tutto ciò, purtroppo, come GC e come partito non abbiamo tratto alcun insegnamento. Tanto che abbiamo stretto accordi con il centrosinistra nella maggior parte delle città nelle recenti amministrative. Sempre nell’illusione che si tratti di “accordi di svolta”, magari perché abbiamo guadagnato un assessore alla “sperimentazione del bilancio partecipato”: salvo poi verificare, come a Roma, che il sindaco Veltroni preferisce discutere di “bilancio partecipato” con i dirigenti del BM.
Ma soprattutto ciò che è grave è che l’insieme di questa politica dell’oggi è funzionale a un progetto di ricomposizione, graduale e negoziale, con il centrosinistra per la costruzione di quel “governo riformatore” (non so se di “sinistra plurale”, dacché oggi l’espressione è un po’ screditata) per il dopo Berlusconi, che resta il vero fulcro dello stesso impianto del documento 1 e 3, in questo convergenti.

Questo nello stesso momento in cui l'Ulivo e in particolar modo i DS, si presentano sempre più come i migliori potenziali gestori degli interessi della borghesia italiana, e in cui la loro opposizione alle decisioni del governo di centro destra, non ne critica le scelte antipopolari, ma solo l'incapacità di attuarle senza innescare un aspro scontro sociale. Come dimostra la proposta Amato-Treu di “statuto dei lavori” ampiamente pubblicizzata dalla rivista di D’Alema, un chiaro messaggio alla borghesia: ecco come ottenere la flessibilità che volete senza pagarla con gli scioperi causati dall’attacco frontale berlusconiano.

Questo nello stesso momento in cui quello che fino a pochi mesi fa veniva indicato come il "disgelo sociale" dopo anni di un basso livello della conflittualità nel paese, si è esteso fino a diventare un movimento che ha portato tre milioni di persone a manifestare a Roma lo scorso marzo, e 13 milioni di persone a scioperare il 16 aprile contro la politica sociale del governo.

In una fase di ripresa delle lotte il compito nostro e del partito dovrebbe essere quello di proporre nel vivo delle mobilitazioni un programma che riesca ad unificare lavoratori, studenti e disoccupati nella prospettiva di creare quel polo autonomo di classe che abbia nella cacciata del governo e nella preparazione di una alternativa di classe rivoluzionaria il suo punto politico qualificante.

Altresì è indispensabile abbandonare ogni illusione sul possibile ruolo progressista della burocrazia sindacale della CGIL.
La ripresa di una presunta radicalità da parte di Cofferati non segna la rottura della politica fin qui seguita.
E' solo il tentativo dell'apparato burocratico del maggior sindacato italiano di riaffermare la centralità del proprio ruolo concertativo sul piano sindacale, e di Cofferati di avanzare nel suo progetto di rifondazione di una forza socialdemocratica che possa governare in alleanza col Centro borghese.
Non c’è che dire: La definizione che Lenin dava della burocrazia, cioè di un agente della borghesia nel seno del movimento operaio, è di straordinaria attualità
Per questo la lotta per la cacciata di questo apparato parassitario dal movimento e dal sindacato deve essere un punto qualificante della propaganda dei comunisti, non certo quella della sospensione della critica verso i vertici della CGIL

Per questo abbiamo proposto nel dibattito e riproponiamo un diverso atteggiamento dei GC e del nostro partito nella lotta in corso contro il governo. Una proposta incentrata su: una piattaforma di lotta che si ponga l’obiettivo di unificare le lotte dei lavoratori dei disoccupati e degli studenti, quindi che rivendichi ad esempio: l’abolizione del pacchetto Treu e assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori precari, estensione a tutti i lavoratori dell’art 18, la riduzione dell’orario di lavoro, a parità di salario,fino alla scomparsa della disoccupazione, un salario intercategoriale e un salario sociale per i disoccupati, il ritiro di ogni modifica in senso privatistico della scuola, l’esproprio sotto controllo di studenti e personale docente delle strutture scolastiche private.

Sulla proposta di altre forme di lotta, adeguate alla piattaforma: non scioperi centellinati, ma uno sciopero prolungato capace di paralizzare il Paese e di sconfiggere il governo. Piattaforme e forme di lotta che necessitano di un’autorganizzazione dei lavoratori. Di qui l’idea di proporre al movimento che modalità e contenuti della lotta non siano delegati alle decisioni delle burocrazie sindacali, ma siano discussi e decisi dai lavoratori, attraverso un'assemblea nazionale di delegati eletti sui luoghi di lavoro, in cui tutte le proposte in campo possano confrontarsi e le decisioni possano essere assunte democraticamente dai lavoratori. Piattaforma di lotta per unificare lavoratori, disoccupati e studenti; sciopero prolungato; autorganizzazione: tutto ciò ha senso solo se il nostro partito avanza da subito lo sbocco della lotta, ad oggi rimosso: quello della cacciata del governo Berlusconi per un’alternativa di classe.

Queste proposte costituiscono il fulcro del documento che con altri compagni e compagne abbiamo proposto alla discussione in questa II Conferenza dei GC. Un documento il cui senso può essere così riassunto: rafforzare l’organizzazione dei GC, le sue strutture interne, la partecipazione democratica, la formazione teorica e politica dei militanti per fare dell’Organizzazione dei GC lo strumento di una battaglia di egemonia tra le giovani generazioni attorno al progetto comunista e rivoluzionario.

Una battaglia che per noi comunisti non può essere racchiusa nei confini nazionali.
Il crollo del muro di Berlino e la dissoluzione dell'URSS hanno dimostrato non l'impraticabilità dell'opzione comunista, ma la sua antimarxista versione sostenitrice del "socialismo in un paese solo”.

Nell’affrontare la questione di un reale internazionalismo, non ridotto a mera solidarietà si tratta, io credo, di ripartire dal concetto, fondamentale nel movimento comunista fin dalle sue origini, secondo cui il proletariato ha bisogno in ogni fase di un partito mondiale d’avanguardia, cioè di un’internazionale. Questa esigenza è posta oggi nei fatti dallo sviluppo delle mobilitazioni su scala mondiale contro la globalizzazione capitalistica e dalla contemporanea bancarotta delle vecchie direzioni del movimento operaio,

Nel nostro testo abbiamo parlato dell’obiettivo della rifondazione della Quarta Internazionale. Non facciamo riferimento, come qualcuno forse pensa, a provenienze individuali o ad un’organizzazione già esistente cui si tratta di aderire. Parliamo di Quarta Internazionale perché dopo la liquidazione stalinista della Terza, non si è sviluppata nessun’altra esperienza comunista internazionale di massa. Di qui il numero. Un numero che corrisponde a un programma. Perché l’Internazionale di cui abbiamo bisogno oggi non può ripartire da zero ma deve attualizzare gli assi fondamentali del programma marxista rivoluzionario: la concezione della conquista del potere politico e della dittatura del proletariato come leva decisiva della transizione al socialismo, la necessità di un programma transitorio che, nell’azione di massa, riconduca gli obiettivi immediati e il livello di coscienza dei lavoratori alla necessità della rottura anticapitalistica. Questo programma è stato difeso dalla fine degli anni Venti, contro lo stalinismo e contro la socialdemocrazia, dalla lotta dell’Opposizione di Sinistra, in Russia e nel mondo, che, diretta da Trotsky, ha poi dato vita all’esperienza –rimasta embrionale- della Quarta Internazionale. Da quel programma è necessario ripartire oggi per raccogliere tutte le forze e tendenze del movimento operaio che vogliono rompere coerentemente con il riformismo e lo stalinismo.

Contro il capitale globale occorre raggruppare tutte le forze che siano disposte a riprendere il cammino dell'Ottobre costruendo il partito mondiale della classe operaia e della sua avanguardia, strumento indispensabile per la prospettiva della rivoluzione socialista internazionale. L’unica prospettiva in grado di risolvere la crisi storica dell’umanità.