Compagne e compagni, nel mio intervento voglio soffermarmi sulle proposte
politico-strategiche del doc. 2, proposte la cui attuazione, a mio avviso,
costituisce la condizione necessaria di una reale prospettiva rivoluzionaria.
Centrale – giustamente – è stata in questa conferenza una riflessione
sui rapporti tra i GC e il movimento antiglobalizzazione. È importante
che i GC (e più in generale l'intero Partito) abbiano deciso di
partecipare attivamente al processo di costruzione del movimento, rifiutando
ogni isolamento settario, a partire dalla valutazione positiva del disgelo
e del «risveglio delle nuove generazioni». Ma non dobbiamo
nasconderci i forti limiti programmatici del movimento, limiti che vanno
a detrimento delle potenzialità anticapitalistiche del movimento
stesso e che, anche con la nostra incessante azione, vanno superati. Le
due principali rivendicazioni – Tobin tax e bilancio partecipativo – non
prospettano alcuna reale alternativa di sistema. La Tobin Tax è
una tassazione irrisoria delle transazioni finanziarie internazionali che
non solo non sarebbe in grado di arginare minimamente i problemi derivanti
dallo smantellamento dello stato sociale, ma che nella migliore delle ipotesi
potrebbe produrre una stabilizzazione del sistema finanziario internazionale,
visto che si limita a penalizzare gli speculatori locali a favore di quelli
internazionali. Non a caso la Tobin Tax è auspicata da autorevoli
esponenti del grande capitale finanziario internazionale: essa trova infatti
il consenso dell'ex-presidente del Fondo monetario internazionale Camdessus
e dei presidenti del Credito lionense e di Usinor.
Il bilancio partecipativo è un vero e proprio mito, perché
non solo riguarda al massimo il 5 % del bilancio complessivo, ma convive,
laddove è applicato, con politiche fatte di sussidi alle multinazionali
(Ford in testa), di sgravi fiscali a favore delle imprese, di privatizzazioni
dei servizi pubblici. Non a caso, la Banca mondiale lo ha addirittura lodato
come «strumento efficace di gestione pubblica».
In alternativa a queste rivendicazioni subalterne al capitale, come
Gc dovremmo portare nel movimento una chiara prospettiva anticapitalistica,
rivendicando la nazionalizzazione – senza indennizzo e sotto il controllo
dei lavoratori – delle industrie che licenziano, inquinano, affamano, e
in particolare l'esproprio dell'industria bellica, farmaceutica e agroalimentare.
Da qui il senso della proposta che avanziamo ai GC di una battaglia di
egemonia nel movimento antiglobalizzazione, il che non significa dominio
del Partito sul movimento o volontà di plasmare le coscienze, bensì
portare nel movimento istanze concrete che mettano in discussione il modo
di produzione capitalistico. Il rifiuto di una battaglia di egemonia, esplicitamente
teorizzato nel doc. 1, priva il movimento della possibilità di radicalizzarsi
in senso anticapitalista e sottende la volontà della maggioranza
di usare il movimento stesso come leva di ricomposizione col centrosinistra,
nella prospettiva di un governo di sinistra plurale. Un esempio concreto
del fine a cui dovrebbe tendere una battaglia di egemonia ci è fornito
dai recenti fatti d'Argentina, i quali sono stati sostanzialmente rimossi
dal dibattito nel PRC e nei GC. Si tratta di una rimozione assurda, in
quanto abbiamo assistito ad una ribellione di massa del proletariato argentino,
che è stato in grado di cacciare in pochi giorni quattro governi,
di darsi forme embrionali di autogoverno (le partecipatissime «assemblee
popolari di quartiere), di contrapporre nelle strade la propria forza organizzata
agli assalti della polizia e dello squadrismo peronista. Le rivendicazioni
avanzate in questi mesi sono estremamente radicali, anche grazie alla battaglia
di egemonia delle organizzazioni rivoluzionarie (Partito Obrero in testa):
nazionalizzazione senza indennizzo delle banche e delle industrie che licenziano,
controllo popolare su produzione e distribuzione delle merci, annullamento
unilaterale del debito estero. Altro che Tobin Tax e bilancio partecipato
(sperimentato tra l'altro in modo catastrofico Buenos Aires e oggi respinto
con forza dalle assemblee popolari)! Altro che sinistra plurale!
A proposito di sinistra plurale, altra questione politica centrale
è quella dei rapporti con le forze dell'Ulivo. Chiediamo una svolta
profonda nell'orientamento del PRC e dei GC, a partire da un bilancio negativo
di quella che stata per 10 anni la nostra strategia di rincorsa al centrosinistra.
Un bilancio che riteniamo doveroso e che è del tutto assente in
entrambi i documenti che fanno riferimento alla maggioranza del partito.
Nessun cenno – nei documenti 1 e 3 – agli esempi più eclatanti del
fallimento di questa strategia: i nostri voti a favore del pacchetto Treu
e della legge Turco-Napolitano. Eppure il pacchetto Treu – dal nostro partito
votato ai tempi del sostegno al governo Prodi – ha avuto effetti devastanti
sulla vita di moltissimi giovani, sancendo la legalizzazione del lavoro
precario. Così per quanto riguarda la legge Turco-Napolitano: oggi
i GC si battono giustamente contro i Centri di permanenza temporanea per
gli immigrati, definiti «vere e proprie prigioni» dal doc.
1, ma anche in questo caso si rimuove il fatto che il PRC ha votato la
legge che li ha istituiti. Si evita più in generale di riflettere
sul fatto che ogni alleanza di governo con le forze del centrosinistra
ci rende inevitabilmente complici di politiche antipopolari e che la stessa
tardiva rottura con l'Ulivo è stata segnata da forti contraddizioni,
poiché il PRC ha confermato e sviluppato accordi di governo nelle
giunte delle regioni e di grandi città, le quali attuano a livello
locale le stesse politiche liberiste e guerrafondaie dei governi nazionali
di centrosinistra.Necessario è che i GC rivendichino l'uscita dalle
giunte di centrosinistra, a partire proprio dalle regioni e dalle grandi
città.
Più in generale, come GC dobbiamo lottare perché il nostro
partito rompa col Centro borghese e liberale, nel quale rientrano a pieno
titolo tutte le forze dell’Ulivo, forze che hanno dimostrato in modo lampante
la propria organicità a settori consistenti della grande borghesia
italiana. Solo l’autonomia di classe può porre le premesse per la
sconfitta del governo berlusconi, può creare le condizioni per una
vera alternativa di società e di potere. Da qui, l’esigenza di lottare
come giovani comunisti per una direzione rivoluzionaria nei movimenti,
rifiutando qualsiasi prospettiva di ricomposizione col centrosinistra (“irrinunciabile”
per entrambe le anime della maggioranza), rifiutando anche qualsiasi ipotesi
di fronte unico coi DS, come propongono i compagni sostenitori del doc.
4, che si ostinano nel vedere nei Ds un partito socialdemocratico, misconoscendone
il carattere borghese.
Nello specifico studentesco, compito dei GC è quello di lavorare
nei collettivi studenteschi autorganizzati al fine di costruire una soggettività
studentesca nazionale capace di rappresentare un riferimento alternativo
alle burocrazie dell'UDU e dell'UDS, organizzazioni studentesche legate
ai DS che all'indomani del 1994 hanno abbandonato le piazze per trasformarsi
in agenti del centrosinistra e della concertazione studentesca. Tra i contenuti
che i GC devono portare nelle mobilitazioni studentesche, centrale è
la lotta alla riforma Moratti, senza dimenticare che essa si pone in continuità
con la riforma Berlinguer varata dal centrosinistra. L'asse centrale è
lo stesso: tagli alla scuola pubblica, ingresso sempre più pesante
degli interessi delle imprese nella scuola (sotto il profilo sia finanziario
sia didattico), parificazione tra pubblico e privato, agevolazioni per
gli istituti confessionali, gestione manageriale. A partire da settembre
c'è stato sul fronte studentesco un risveglio delle lotte (parallelo
a quello del mondo del lavoro) che si è espresso in cortei, occupazioni,
assemblee su tutto il territorio. È compito dei GC rilanciare un
percorso di lotta a medio e lungo termine contro ogni logica privatistica
all'interno della scuola. Obiettivo primario dev'essere la cacciata del
governo Berlusconi, che sta portando a termine in modo devastante lo smantellamento
dello stato sociale avviato dall'Ulivo. E questo obiettivo dobbiamo portare
anche nelle mobilitazioni operaie, a partire dalla consapevolezza che la
rottura tra CGIL e governo non configura affatto una svolta strategica
della CGIL stessa, ed è anzi funzionale a rilanciare la politica
della concertazione. Il 1994 insegna! Oggi come ieri, non c'è nessuna
volontà da parte della CGIL di definire una piattaforma di classe.
È quindi compito nostro, come GC e come PRC, avanzare una piattaforma
in grado di ricomporre tutti i movimenti attraverso una vertenza generale
unificante, che porti alla cacciata del governo Berlusconi. Piattaforma
che preveda
– ritiro di tutte le deleghe governative, a partire da quella sull'art.
18;
– estensione a tutti i lavoratori dell'art. 18;
– soppressione della legge Bossi-Fini;
– ritiro della riforma Moratti e abolizione dei ticket sanitari;
– aumento salariale almeno di 200 euro per tutti i lavoratori;
– assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori precari e
abolizione del Pacchetto Treu;
– salario minimo intercategoriale e salario garantito ai disoccupati;
– riduzione a 35 ore dell'orario settimanale, senza contropartite fiscali
o di flessibilità.
Questa è la vera discriminante tra un programma che punta alla
ricomposizione col centrosinistra e un programma che prospetti invece una
vera alternativa di sistema.