VERSO IL G8
NO ALLA TRATTATIVA CON IL GOVERNO BERLUSCONI

L'articolo del compagno Marco Ferrando pubblicato su Liberazione del 6 giugno è una risposta alla nota pubblicata il giorno precedente, sempre su Liberazione, a firma di Ramon Mantovani, in cui si polemizzava con la sinistra di Rifondazione in merito a dichiarazioni da noi rilasciate (e riportate da vari giornali tra cui Il Corriere della Sera ) sul prossimo G8 di Genova e sulle posizioni espresse in questi giorni dal segretario nazionale del partito, Fausto Bertinotti, circa una disponibilità ad aprire un negoziato col governo Berlusconi che garantirebbe contemporaneamente le contromanifestazioni e il vertice degli otto grandi (briganti imperialisti).

Per una documentazione diretta si rimanda alla lettura di: Liberazione di sabato 2 giugno (articolo titolato "Io ci sto") in cui il compagno Bertinotti si dichiara interessato alla proposta lanciata dal centrodestra attraverso il quotidiano di Giuliano Ferrara; Il Foglio di venerdì 1 giugno che contiene appunto l'"offerta" berlusconiana; Il Corriere della Sera di domenica 3 giugno in cui Franco Frattini, a nome di Berlusconi, ringrazia Bertinotti per la disponibilità ("il suo è un gesto importante") e spiega che il nuovo governo vuole appunto garantirsi un accordo coi "contestatori" in cui venga -detta in soldoni- assegnato a ciascuno una parte in commedia per le giornate di Genova; nell'importante intervista Frattini indica anche una piena disponibilità ad "ascoltare le ragioni" del movimento, assumendone come portavoce gli esponenti di Lilliput e le loro "ragionevoli" proposte di "correzione" della globalizzazione; Il Corriere della Sera di lunedì 4 giugno che riporta la dichiarazione dei nove compagni e compagne della nostra area membri della Direzione nazionale PRC ; Liberazione di martedì 5 giugno in cui il compagno Mantovani, della segreteria nazionale, definisce la nostra presa di posizione "fuori luogo" e basata su "fantasiose illazioni" giornalistiche.

 Questi i vari passaggi e nel testo che segue un nostro ulteriore intervento nel merito del dibattito apertosi nel partito e nel movimento. Un dibattito, a nostro avviso, da approfondire in una riunione della Direzione nazionale di cui abbiamo chiesto una rapida convocazione; un dibattito da sviluppare in ogni caso nel partito e nelle sue strutture periferiche. Perché investe problemi politici di primaria grandezza tra loro intrecciati: in che modo i comunisti stanno nel movimento "antiglobalizzazione" e quale battaglia esprimono in esso; il carattere dell'opposizione comunista al governo di centrodestra (e quindi i rapporti con la pseudo-opposizione dei DS e del centrosinistra). In altre parole, ritorna in questa polemica il nocciolo della diversa impostazione che come sinistra interna abbiamo argomentato anche nel recente Comitato Politico Nazionale: il compito del PRC deve essere -come noi abbiamo sostenuto- quello di costruire nell'opposizione di massa al governo Berlusconi e nella ripresa delle lotte una nuova direzione del movimento operaio, alternativa alle burocrazie liberali DS, basata sull'indipendenza di classe dalla borghesia, che miri a cacciare questo governo per aprire la strada a un'alternativa dei lavoratori; o il compito del partito è invece quello -come sostiene nei fatti la maggioranza dirigente di Rifondazione- di fare un'opposizione frontista con la "leale" opposizione (bipartisan) di Rutelli, D'Alema e Veltroni che prepari un'alternanza di governo per il 2006 e quindi una nuova avventura governista di Rifondazione, sul modello francese?

Il dibattito sul "movimento di Seattle", insomma, implica sia una discussione sul carattere dell'alternativa storica che i comunisti perseguono (il rovesciamento rivoluzionario del capitalismo o la sua "regolazione" in stile Lilliput, Carta, Attac, ecc.) sia, contemporaneamente, una discussione sui prossimi passi del movimento e, tra questi, sul significato di cui si vogliono investire le manifestazioni di luglio a Genova. Come Rifondazione lavoriamo in queste settimane per fare di quella importantissima scadenza un passaggio della battaglia di classe contro il governo italiano e contro i suoi compari imperialisti -impedendo fisicamente, come a Seattle, se i rapporti di forza lo consentono, l'incontro dei sedicenti "grandi"; oppure trasformiamo il tutto in una scampagnata fuori-porta, lasciando che i padroni-predoni del mondo discutano tranquillamente dei loro (nostri) affari mentre noi sfiliamo tranquillamente dall'altra parte della città (magari mimando una breve e concordata "violazione" della "linea rossa" in stile Luca Casarini)?

    Di tutto questo di deve poter discutere nel partito, senza banalizzazioni. L'articolo di Ferrando pone in chiaro i termini della discussione, ed è dunque utile farlo girare anche tra i compagni che non lo hanno letto su Liberazione. Così come è utile partecipare al dibattito anche inviando a Liberazione delle lettere sul merito della questione, auspicando che si avvii un confronto aperto sulle colonne del giornale.

Francesco Ricci

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

CON BERLUSCONI NON SI TRATTA NULLA
di Marco Ferrando
(Liberazione, 6 giugno 2001)

Caro direttore, ti chiedo spazio per una risposta davvero obbligati. Infatti la polemica del compagno Ramon Mantovani contro la dichiarazione pubblica espressa da nove componenti la Direzione nazionale del PRC circa l'appuntamento anti-G8 mi pare evada totalmente - con una superficialità sorprendente- l'oggetto vero del contendere. Che è tutto politico e non può essere banalizzato. Andiamo alla sostanza. Accanto all'annunciato dispiegamento di truppa a Genova, assistiamo in questi giorni ad una formale apertura politica del Polo della Libertà verso il movimento antiglobalizzazione e la "sinistra antagonista". In cosa consiste l'apertura promossa, per conto di Berlusconi, da Franco Frattini e da "Il Foglio" di Ferrara? Consiste nella profferta pubblica di un tavolo negoziale tra governo Berlusconi e movimento che abbia come oggetto una duplice partita di scambio: quella tra diritto alla pacifica manifestazione e "garanzia di un perfetto svolgimento del vertice G8"; e quella tra diritto alla pacifica manifestazione e apertura di un dialogo politico tra movimento e governo Berlusconi sulla critica alla globalizzazione, con tanto di disponibilità di Berlusconi ad accogliere una "delegazione parlamentare" del movimento entro il protocollo del vertice e con l'annuncio (non smentito) di un dialogo già avviato tra Frattini e Rete Lilliput sulle possibili "correzioni" alla globalizzazione. Al PRC e ai Verdi viene chiesto semplicemente di farsi intermediari e garanti di questo duplice scambio politico. Il fine che Berlusconi si dà mi pare sin troppo evidente: garantirsi da un lato la pacifica governabilità dell'appuntamento di Genova, a tutto vantaggio del suo lustro interno e internazionale e quindi della stabilità del proprio governo; e dall'altro assicurarsi un lancio di immagine del governo come interlocutore politico del movimento, aperto alle sue ragioni, disponibile al dialogo, a differenza di un centrosinistra unicamente attento, come dice Frattini, all'aspetto "tecnico militare dell'ordine pubblico".
Bene. Se così stanno le cose la domanda è semplice: può il PRC aprirsi a questa interessata profferta di scambio politico, con la semplice indicazione di qualche "paletto" o invece deve respingerlo nettamente e risolutamente senza ambiguità e ammiccamenti? La risposta del Segretario del partito all'articolo de "Il Foglio" dal titolo "Io ci sto", pubblicata con giusta rilevanza da Liberazione, mi pare al riguardo inequivoca. Il compagno Bertinotti, del tutto legittimamente, dichiara il "consenso" alla proposta de "Il Foglio", afferma che il movimento "non si propone di impedire lo svolgimento del vertice" perché "per il movimento non è in discussione l'incontro tra i potenti del mondo ma il diritto a manifestare contro di loro"; dichiara che "il confronto con questo governo non vuole essere improntato a disvelare la sua 'natura reazionaria' ma ad acquisire un risultato di valore democratico"; conclude con l'accettazione di "un tavolo negoziale che fissi consensualmente diritti e comportamenti". Ed è talmente rilevante l'atto politico compiuto che lo stesso Segretario ne valorizza il carattere "non scontato" e che Franco Frattini lo saluta come "un gesto importante" assumendolo a sucesso del governo Berlusconi.
Su questo atto, caro Mantovani, non sulle "illazioni fantasiose", si discute nel movimento e nel nostro partito. Del resto non sarebbe forse sorprendente il contrario? E nel merito confermo un dissenso profondo. Il dissenso non investe dettagli di forma ma la sostanza politica di un'impostazione. Qual è il carattere dell'opposizione che il nostro partito rivendica contro Berlusconi e che propone nei movimenti in cui opera? Se Berlusconi, memore del '94, vuole disinnescare ogni possibile miccia di rivolta e "concertare" con i movimenti, penso che il nostro compito dovrebbe essere specularmente opposto: respingere ogni profferta di scambio politico e pacificazione; contrastare nei movimenti stessi le eventuali disponibilità dei settori "aperturisti"; lavorare nei movimenti per sviluppare un'opposizione di massa non ordinaria verso il governo che ricrei il clima del '94: il clima e le condizioni di un'esplosione sociale concentrata che possa determinare in prospettiva la cacciata del governo Berlusconi-Bossi-Fini. Le manifestazioni anti-G8 a Genova vanno assunte per parte nostra in questa ottica. Naturalmente mille sono i fattori imprevedibili e certo non tutto dipende da noi. Ma così come Berlusconi vede nell'appuntamento di Genova il rischio dell'inizio di un conflitto di massa destabilizzante (e per questo propone un tavolo di pacificazione), così noi dovremmo vedervi l'occasione dell'apertura di una nuova stagione di opposizione radicale e di massa contro il governo delle destre, capace di unificare lavoratori e giovani. Questa impostazione esclude forse la rivendicazione elementate di "spazi d'accesso" e "percorsi di manifestazione" con relativi possibili accordi tecnici su quel terreno? Naturalmente no. Esclude invece nel modo più netto un tavolo di dialogo politico che legittimi Berlusconi come interlocutore politico del movimento. Esclude ogni partita di scambio politico che sancisca la rinuncia al boicottaggio attivo del vertice e alla ricerca del suo impedimento. Il movimento di Seattle non si sarebbe propagato nel mondo se a Seattle nel '99 ci si fosse limitati a una innocua manifestazione di dissenso nel rispetto del funzionamento del vertice WTO e delle profferte del governo Clinton. Non vedo perché come comunisti dovremmo assicurare il rispetto del funzionamento del vertice G8 al governo Berlusconi-Bossi-Fini. E' il momento di dire a Berlusconi e Frattini: "il PRC non ci sta". Ed è il momento di discutere seriamente nella Direzione nazionale del Partito l'impostazione di lavoro nel movimento in vista del G8.