LE ELEZIONI FRANCESI: BATTERE LE PEN CON LA MOBILITAZIONE DI MASSA

Pubblichiamo alcuni materiali relativi alla Francia. Si tratta di un comunicato stampa di Marco Ferrando, del 25/4/02, contro la distorsione della nostra posizione operata in particolare dal Corriere della Sera (sempre del 25 aprile); comunicato riportato parzialmente da Liberazione del 26 aprile. Segue una nota di Ferrando di analisi del voto francese e delle prospettive della sinistra rivoluzionaria.
 

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BATTERE LE PEN CON LA MOBILITAZIONE DI MASSA

Cogliendo lo spunto delle elezioni francesi il "Corriere della sera" sceglie, da qualche giorno, di polemizzare contro il trotskismo, i trotskisti e, in particolare, contro chi scrive: attribuendogli una posizione di indifferenza rispetto a Le Pen e alla battaglia anti-lepenista. Nulla di più falso.
Lo sviluppo del lepenismo è il peggior risultato del falllimento storico della sinistra plurale francese. Il lepenismo non è un ordinario populismo reazionario, ma una specifica forma di populismo fascista: per questo la battaglia contro il lepenismo diventa questione centrale nella vicenda francese ed europea. Ogni indiffernza è, al riguardo, politicamente ingiustificabile, sia in Francia che in Italia.
Ma non si batte Le Pen con una campagna di voto per la destra gollista di Chirac in occasione del secondo turno. Chirac è già, come ovvio, il vincitore del ballottaggio. Più la sinistra si appiattirà su Chirac, più Le Pen avrà buon gioco a presentarsi, al di là del risultato, come l'unica vera alternativa antisistema presso strati sociali diseredati e popolari.
La vera battaglia contro Le Pen è quella che cresce in queste ore nelle strade delle città francesi: è la più ampia mobilitazione unitaria e di massa di tutto il popolo della sinistra, dei lavoratori, dei giovani sul terreno dell'azione antifascista. Si tratta allora di estendere e sviluppare questo fronte unico d'azione, in piena indipendenza dalla borghesia. Costruendo in esso la consapevolezza che solo scendendo sul terreno della lotta per una alternativa di società e di potere, il movimento operaio potrà porsi come riferimento alternativo per vaste masse diseredate e impoverite e disgregare il blocco sociale lepenista.
Ma per questa politica nuova è necessaria una nuova direzione del movimento operaio: la cui costruzione è, tanto più oggi, dopo il successo ottenuto, il banco di prova del trotskismo francese, contro ogni logica di conservatorismo settario e contro ogni suggestione movimentista. (25-04-02)

Marco Ferrando (Direzione nazionale Prc)

 
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BREVE NOTA SULLE ELEZIONI FRANCESI

 
di Marco Ferrando
 

1) Il governo della sinistra plurale Jospin-Hue ha registrato una sconfitta elettorale e un fallimento politico. L'esito del voto non è semplicemente il prodotto di una campagna elettorale di Jospin e del PS volta a contendere il cosiddetto elettorato moderato e di centro, ma lo sbocco di un corso politico borghese liberale di cinque anni che ha trovato in quella campagna elettorale il proprio riflesso: un corso politico che assumendo fino in fondo l'interesse generale dell'imperialismo francese, nella politica interna come nella politica estera, ha eroso parte rilevante della base sociale elettorale della "vittoria" del '95. Determinando da un lato l'aumento dell'astensione (che cresce di due milioni di unità) e dall'altro un flusso più consistente verso la sinistra trotskista (in particolare dall'elettorato PCF). In questo quadro la corsa in proprio di Chevenement, vecchio dirigente di una sinistra socialista oggi a capo del reazionario Movimento dei Cittadini (MdC) ha rappresentato per Jospin il colpo decisivo che gli ha precluso l'accesso al ballottaggio (l'esclusione della sinistra francese dal secondo turno non era mai avvenuta dopo il '69).
 
2) Le Pen e il FN sono i principali beneficiari politici della disfatta della sinistra plurale, ma anche un fenomeno in obiettiva crescita. Questa crescita non avviene principalmente, come in altri passaggi storici dello sviluppo lepenista, attraverso la capitalizzazione di elettorato di sinistra (la stessa presenza e sviluppo negli anni 90 dell'estrema sinistra ha contribuito in parte a fare barriera). Ma avviene essenzialmente a scapito dell'elettorato gollista, ciò che ha determinato il netto calo elettorale di Chirac e del tradizionale liberalismo conservatore. A sua volta la profondità della crisi sociale e la politica antipopolare della sinistra plurale di governo hanno consentito a Le Pen di polarizzare attorno a sé un classico blocco sociale reazionario: che combina robusti bastioni di piccola borghesia, significativi settori arretrati di lavoro dipendente, strati diseredati delle periferie metropolitane, settori impoveriti delle campagne. Un blocco sociale contraddittorio rivolto contro il movimento operaio e proiettato alla "conquista dello Stato": ciò che rende il lepenismo non un ordinaria espressione di populismo reazionario ma una specifica forma di populismo fascista. La scissione del '98 da parte della componente "moderata e istituzionale" del FN (Megret) ha contribuito a chiarire e consolidare la natura fascista del lepenismo. Il superamento degli effetti di crisi prodotti da quella scissione rilancia oggi questo fenomeno politico con tutto il suo potenziale minaccioso.
 
3) La sinistra trotskista ha riportato, pur in questo quadro complessivamente negativo, un successo obiettivamente storico, con il conseguimento, nel suo insieme, dell'11% dei suffragi (5,7% LO, con la candidata Laguiller, 4,5% la LCR con il candidato Besancenot, 0,5% il PL con il candidato Gluckstein). E' la riprova che a sinistra del vecchio "riformismo senza riforme" si crea uno spazio storico nuovo per lo sviluppo di un polo marxista rivoluzionario. Il bacino sociale e politico del successo elettorale trotskista si configura in termini diversi in corrispondenza con le diverse organizzazioni e candidature. Lutte Ouvrière, con la sua tradizionale candidata Laguiller, ha consolidato il risultato "eccezionale" del '95 confermando il suo carattere socialmente radicato (in particolare nella classe operaia). Tuttavia il risultato smentisce le previsioni sondaggistiche di un ulteriore significativa avanzata. A ciò hanno concorso alcune caratteristiche di fondo di LO e della sua impostazione politica che, oltre una certa soglia, diventano un ostacolo profondo al suo sviluppo: una vita di "setta" autocentrata, un rapporto settario con i movimenti non direttamente proletari (v. movimento antiglobal), una concezione e psicologia politica tutta incentrata sulla difesa conservativa della propria piccola organizzazione. In definitiva la rinuncia alla conquista della maggioranza (egemonia).
La LCR ha riportato, con la sua giovane e sconosciuta candidatura, un successo rilevante e inedito: capitalizzando elettorato di giovane generazione e parte rilevante dell'emorragia del PCF.
In definitiva, a differenza di LO, la LCR ha potuto avantaggiarsi della propria "internità" al movimento antiglobal e della propria presenza nel popolo della sinistra, nel momento della massima crisi delle sue vecchie rappresentanze. Tuttavia proprio questo successo carica la LCR di nuove responsabilità di scelta in ordine alle prospettive. Le impostazioni movimentiste, gli adattamenti a posizioni programmatiche neoriformiste (Tobin Tax), il nuovismo eclettico di tanta parte della sua cultura dirigente, la rimozione del tema centrale della costruzione del partito rivoluzionario, si configurano nel loro insieme come un ostacolo alle nuove potenzialità della LCR.
In definitiva si può dunque affermare che se il trotskismo francese riporta un successo storico, che è importantissimo valorizzare, questo successo non solo non risolve ma sfida i suoi limiti politici e le sue croniche distorsioni.
 
4) Nell'immediato la discussione si concentra in Francia (e non solo) su come fronteggiare il lepenismo. E' importante prender parte a questo aperto confronto di massa, che investe l'intero popolo della sinistra, fuori da ogni logica di sottovalutazione del fenomeno in oggetto. Il giusto rifiuto di un voto per Chirac al secondo turno va motivato non da un'angolazione di "indifferenza" tra i candidati, ma all'opposto da un'angolazione di vera battaglia di massa, realmente efficace, contro Le Pen e il lepenismo. Secondo ogni evidenza non è in discussione il risultato del secondo turno elettorale che già prefigura un successo largo del candidato Chirac. Il punto è che un sostegno vasto della sinistra francese a un candidato borghese di destra, per di più corrotto e corruttore, espressione emblematica della "classe dirigente" della V Repubblica francese, rafforzerebbe oltremodo (indipendentemente dall'esito del voto) l'immagine antisistema di Le Pen quale unica alternativa: e quindi contribuirebbe a rilanciare, tanto più in vista delle elezioni politiche, il fascino populista del fascismo lepenista (oltre a rafforzare la già scontata vittoria di Chirac e dunque l'impatto dei suoi annunciati programmi antioperai). L'impostazione va allora capovolta. Per fronteggiare e battere il fascismo lepenista va sviluppata non la politica del fronte "democratico" con la destra borghese gollista sul terreno istituzionale, ma la politica del fronte unico di classe sul terreno della mobilitazione di massa indipendente. Per altro il fronte unico antilepenista è quello che in queste ore si sta sviluppando per le strade delle città francesi e che unisce, sul terreno dell'azione, lavoratori, giovani, studenti delle più diverse formazioni e partiti della sinistra, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni popolari. Si tratta allora di estendere e sviluppare questo fronte, di proporre e promuovere in ogni città, in ogni luogo di lavoro e di studio, un pubblico appello all'unità d'azione antifascista rivolto ad ogni organizzazione, ad ogni lavoratore, ad ogni cittadino democratico. E al tempo stesso di far maturare, dentro la mobilitazione unitaria, un convincimento di fondo: solo lottando per un'alternativa di società e di potere che indichi una via d'uscita reale dalla crisi, il movimento operaio potrà porsi come riferimento delle masse diseredate e della piccola borghesia impoverita, disgregando per questa via il blocco sociale lepenista. Non è un caso, del resto, che la massima crisi del lepenismo e dei suoi legami di massa sia avvenuta dopo la grande esplosione sociale dell'inverno del '95, quando uno sciopero generale a oltranza di un mese del pubblico impiego sostenuto dall'insieme del lavoro dipendente determinò la cacciata del governo Juppé. In Francia (come in Italia) solo un movimento operaio pienamente indipendente dalla borghesia può sconfiggere realmente la reazione.
 
5) Al di là dell'immediato, le elezioni francesi (e l'intera esperienza degli anni Novanta in Francia) ripropongono più che mai la prospettiva di fondo del partito rivoluzionario e della sua costruzione, fuori da ogni logica movimentista. La situazione che si è determinata a sinistra a ridosso del voto è molto delicata e complessa. Da un lato il tracollo verticale del PCF, prodotto ultimo della sua burocrazia dirigente e del suo lungo corso storico fallimentare, può generare, nel contesto dato, fenomeni di disgregazione passiva e di abbandono. Dall'altro lato, al di là del successo elettorale complessivamente raggiunto, nessuna delle tre formazioni trotskiste si configura oggi come il canale di ricomposizione e polarizzazione su basi larghe dell'avanguardia di classe. E per di più i primi orientamenti espressi da LO e LCR sembrano confermare vecchi riflessi condizionati: LO paradossalmente sembra addirittura sollevata per quello scampato "eccessivo" successo che avrebbe potuto scuotere il suo torpore conservativo. La LCR pare rilanciare quell'idea generica di "nuova sinistra anticapitalista, femminista, ecologista, democratica£, che ha come unico chiaro ingrediente il rigetto del comunismo rivoluzionario e del partito.
E' invece necessaria, in questo contesto, una proposta nuova sul campo che ponga lo stesso trotskismo francese di fronte alle nuove responsabilità che gli vengono dal successo elettorale ottenuto. E' la proposta della costituente unitaria del partito di classe dei lavoratori francesi: di un partito comunista rifondato su basi rivoluzionarie capace di influenza di massa, che si candidi a nuova direzione del movimento operaio francese.
Di fronte al manifesto fallimento della sinistra plurale e al tracollo del PCF è necessario fare appello a tutte le forze d'avanguardia del movimento operaio francese perché si uniscano nel processo costituente della rappresentanza indipendente dei lavoratori e delle lavoratrici su basi anticapitalistiche; ed è importante che questa proposta sia rivolta nel modo più aperto non solo all'insieme del campo di richiamo marxista rivoluzionario ma allo stesso corpo del PCF col preciso scopo di attarre e coinvolgere i più ampi settori della sua base di classe nell'operazione di raggruppamento. E' la proposta di una "rifondazione rivoluzionaria" del comunismo francese che solo forze trotskiste possono oggi attivare.
 
6) E' importante, infine, definire il nostro intervento sui fatti di Francia all'interno del PRC e del suo dibattito.
Fausto Bertinotti, come è noto, ha commentato la vicenda francese sostenendo il "fallimento del centrosinistra mondiale", i guasti dell'"omologazione" tra sinistra e centro, la "crisi della politica": e concludendo con l'invocazione di una rifondazione della sinistra (che nell'argomentazione di Rina Gagliardi ripropone il riferimento alla rifondazione socialista mitterandiana del 1971).
Questa impostazione va radicalmente demistificata:
a) Bertinotti cerca di ignorare e nascondere, con la sua sfrontata disinvoltura, il punto di fondo: il clamoroso fallimento di quella sinistra plurale di governo che per anni ha indicato ad esempio e modello (sia durante l'esperienza Prodi che nella fase successiva). Dobbiamo dirlo allora con chiarezza: il fallimento della gauche plurielle è il fallimento della proposta politica centrale del bertinottismo nello stesso ultimo congresso: cioè della prospettiva di collaborazione di governo tra la cosiddetta "sinistra moderata" e la cosiddetta "sinistra d'alternativa" su basi riformiste.
b) La rimozione del fallimento della sinistra plurale si combina non a caso con la sua formale riproposizione nello stesso scenario francese: il riferimento a un'indistinta "rifondazione della sinistra" e il richiamo non nuovo all'esempio mitterandiano (l'Epinay) rappresentano la paradossale invocazione delle origini... della "sinistra plurale" francese nel momento stesso della sua disfatta. E perciò stesso la cancellazione dell'esigenza vera: quella della rifondazione rivoluzionaria comunista come unica reale risposta a quella disfatta.
c) Lo stesso riferimento tradizionale alla cosiddetta "sinistra d'alternativa" (nei termini che conosciamo) continua ad essere riproposto come fattore propulsivo della sinistra plurale. E a sua volta il richiamo alla sinistra plurale continua a rappresentare nello scenario italiano un riferimento algebrico a geometria variabile nella prospettiva di ricomposizione col centrosinistra. Il rifiuto della rottura col Centro (con la stessa Margherita) esplicitato in occasione del "Porta a porta" del 22 aprile è al riguardo emblematico. Così se la denuncia del fallimento del "centrosinistra mondiale" serve a nascondere il fallimento della "sinistra plurale", la riproposizione della "sinistra plurale" è in funzione della ricomposizione (graduale e negoziale) col centrosinistra italiano.
Nonostante la lezione drammatica della Francia, la maggioranza dirigente del PRC continua a perseguire la sua vocazione di fondo: il ritorno nel "gioco politico" di governo della democrazia borghese.

(24 aprile 2002)