L'ATTUALITA' DELLA PROSPETTIVA SOCIALISTA INTERNAZIONALE
DI FRONTE ALLA CRISI E ALL'OFFENSIVA DEL CAPITALE E AL FALLIMENTO
DI OGNI IPOTESI RIFORMISTA E' NECESSARIO CHE L'AVANGUARDIA DI CLASSE E
COMUNISTA SI PONGA DA SUBITO SUL TERRENO DELLA COSTRUZIONE DELL'INTERNAZIONALE
OPERAIA, RIFONDANDO LA IV INTERNAZIONALE.
Il dibattito che si è aperto sulla politica internazionale del
partito con l'intervento del compagno Sorini e con la risposta del compagno
Mantovani, riveste una importanza fondamentale per il PRC. Si tratta, infatti
di un dibattito troppo a lungo rinviato e invece decisivo per la rifondazione:
un dibattito che non concerne semplicemente l'analisi del quadro mondiale,
ma la sostanza stessa del programma generale del nostro partito.
I due testi che si sono confrontati su Liberazione, pur sensibilmente
diversi nei riferimenti analitici e nelle categorie culturali, ci paiono
in definitiva convergere, a negativo, su un punto strategico centrale:
la rimozione della prospettiva della rivoluzione socialista come programma
generale, come risposta alla crisi congiunta del capitalismo e del movimento
operaio. La posizione e proposta che qui vogliamo argomentare si basa,
al contrario, proprio su questo richiamo decisivo.
LA TRADIZIONE DEL "CAMPISMO" E I SUOI EFFETTI DEVASTANTI.
Il testo presentato dal compagno Sorini, pur utilizzando formalmente
alcune categorie d'analisi marxista assenti nel testo di risposta (ad esempio
la giusta sottolineatura delle attuali contraddizioni interimperialistiche),
dà alla propria analisi uno sbocco di linea e proposta profondamente
errato: quella di uno schieramento cosiddetto "antimperialista", basato
fondamentalmente sul blocco con forze borghesi nazionali anche reazionarie
(come il governo indiano diretto da un partito di estrema destra), con
le forze neoborghesi che gestiscono il capitalismo restaurato (come in
Russia e in Yugoslavia) e con le forze burocratiche restaurazioniste (come
in Cina).
Questa posizione richiama innanzitutto una tradizione cosiddetta "campista"
che ha avuto un ruolo profondamente negativo nella storia del movimento
operaio del '900: una tradizione che invece di basarsi sulla lotta di classe
come motore fondamentale dello sviluppo storico e sul socialismo mondiale
come unica prospettiva per il movimento proletario, basava la propria azione
sulla politica statuale del cosiddetto "blocco socialista". Così
facendo subordinava la classe operaia internazionale agli interessi sociali
della burocrazia dominante nell'URSS, accompagnando progressivamente il
processo di degenerazione del suddetto "Campo socialista" sino alla sua
autodissoluzione finale (con la trasformazione della burocrazia in strumento
diretto della restaurazione capitalistica per conto dell'imperialismo mondiale).
Il paradosso è che il compagno Sorini riprende questa visione
disastrosa in assenza di quelle giustificazioni sociali (natura non capitalistica,
per quanto burocratizzata, dei paesi del cosiddetto blocco socialista)
che ne erano il supporto, per quanto errato. Quindi al posto di un'ipotesi
di subordinazione ad una burocrazia che - per quanto oppressiva e collaborativa
con l'imperialismo - manteneva nel suo proprio interesse un equilibrio
interno non capitalistico, si avanza l'ipotesi di un blocco strategico
con gli agenti diretti della restaurazione del capitalismo più selvaggio.
In aggiunta a questo, riprendendo alcune tra le peggiori pagine della storia
dello stalinismo (quando i militanti comunisti nel mondo erano chiamati
a identificarsi in leaders nazionalisti borghesi "antimperialisti" che
nel contempo massacravano l'avanguardia proletaria nel proprio paese),
Sorini allarga l'ipotesi del nuovo internazionalismo agli attuali leaders
nazionalisti borghesi delle semi-colonie; con l'aggravante che lo sviluppo
storico ha reso questi ultimi assai meno contraddittori con l'imperialismo
di quanto non siano stati un Nasser o un Nehru. Mentre la necessaria difesa
incondizionata di stati semi-coloniali e oppressi nei confronti dell'imperialismo
non può mai confondersi, per i comunisti, con un blocco politico
con i loro dirigenti reazionari.
Nei fatti la proposta di Sorini appare la riproposizione, su scala
internazionale, della politica del blocco "rosso-bruno" attuata da Zuganov
in Russia, con i suoi risvolti nefasti per gli interessi del movimento
operaio. Non a caso Sorini introduce la propria argomentazione con la rivendicazione
di una piattaforma "antimperialista" mondiale estranea a "principi astratti
e velleitari": cioè, evidentemente, i principi dell'indipendenza
del movimento operaio e della lotta per il socialismo.
IL MINIMALISMO MOVIMENTISTICO E IL SUO SBOCCO RIFORMISTA.
Il testo proposto dal compagno Mantovani, a fronte del documento di
Sorini, si distingue per un , sia pur vago, riferimento ad "una dimensione
di classe". E tuttavia questo riferimento è assunto e imprigionato
entro un'analisi complessiva ("la globalizzazione" del "nuovo capitalismo")
che rimuove le contraddizioni di fondo del capitalismo mondiale e la stessa
realtà della sua crisi, e che, soprattutto, ha come sbocco politico
una proposta fondamentalmente minimalistico- movimentista. Una proposta
che rimanda alle illusorie impostazioni di un rilancio del keynesismo o
di "un vincolo interno" al capitalismo liberista che, oltre che estranee
ad un orizzonte socialista, si sono rivelate fallimentari alla prova dei
fatti.
Significativo ci pare, ad esempio, nell'argomentazione del compagno
Mantovani, il fatto che la critica alle ipotesi del compagno Sorini sull'utilizzo
progressista del WTO e del FMI, non si estenda al ruolo dell'ONU; ancora
una volta avallandone, così, il mito di "istituto della sovranità
internazionale", contro l'evidenza del suo ruolo di strumento dell'imperialismo,
direttamente criminale come nel caso del genocidio del popolo iracheno.
Altrettanto significativo è il riferimento mitizzato all'Europa
e alla sua "civiltà densa di democrazia e di diritti sociali". E'
un'Europa di cui non solo viene totalmente rimossa la natura imperialistica
e le mire di rafforzamento su scala mondiale, dopo il crollo dell'URSS,
in concorrenza con gli USA; ma che viene indicata come "terreno possibile
di scelte comuni di partiti, associazioni, movimenti, Stati". Laddove,
sotto la dizione di Stati, si ripropone di fatto il riferimento al governo
borghese di Jospin e al jospenismo (indicazione centrale per la rivendicata
"sinistra plurale" italiana) che è quotidianamente smentito dalla
stessa esperienza della lotta di classe in Francia.
A partire da questo intreccio di posizioni, che rimuovono come nel
caso del testo di Sorini la prospettiva del potere proletario e del socialismo,
si approda infine ad una conclusione ecumenica ed evanescente sul terreno
delle scelte di relazione e interlocuzione internazionale (vedi la rivendicazione
di "relazioni internazionali segnate da spirito unitario, aperto e costruttivo").
Laddove l'ecumenismo riflette esattamente l'assenza di una prospettiva
strategica generale.
LA CRISI DEL CAPITALISMO E LA NECESSITA' DI UNA PROSPETTIVA RIVOLUZIONARIA
SOCIALISTA.
A fronte delle due posizioni sopra analizzate, entrambe profondamente
contraddittorie con le esigenze della rifondazione comunista, noi rivendichiamo
come necessario fondamento programmatico del nostro partito la prospettiva
del socialismo internazionale e la sua storica attualità.
Contrariamente alla realtà immaginifica della globalizzazione
come ideologia dell'onnipotenza del capitale, il capitalismo vive da più
di due decenni una fase di crisi e contraddizioni profonde, di cui l'ipertrofia
abnorme del parassitismo finanziario (con le possibili future ricadute
sull'economia capitalistica, come già si è visto nella recente
vicenda della crisi asiatica) è eloquente espressione. Nei fatti
il crollo dell'URSS e la ricomposizione capitalistica del mondo che ne
è scaturita, se hanno certo rappresentato una vittoria del capitalismo,
non solo non hanno risolto i suoi elementi di crisi, ma, paradossalmente,
hanno concorso ad aggravarli. Ne è una riprova paradigmatica attuale
la crescente ingovernabilità del continente africano e dello stesso
controllo delle sue risorse; così come le difficoltà di stabilizzazione
del capitalismo restaurato nell'Est.
In questo quadro, per mantenere e sviluppare la massa dei profitti,
la borghesia mondiale ha avuto la necessità di attaccare le condizioni
materiali delle grandi masse; rompendo così quel cosiddetto compromesso
sociale post-bellico, a suo tempo consentito dalle lotte di massa, dalla
prosperità capitalistica e dall'esistenza dell'URSS, e che si era
rivelato funzionale, in quel contesto, alla accumulazione capitalistica.
Di fronte a tale offensiva è innegabile - dopo le dure sconfitte
degli anni '80 e dei primi anni '90 - l'esistenza di una tendenza della
classe e delle masse a reagire, come si è visto dalla Francia alla
Corea, dall'Equador a Seattle. Tuttavia questa resistenza resta parziale,
discontinua, nel migliore dei casi incapace di produrre un'alternativa
complessiva. E' evidente che in questo si riflettono le sconfitte del passato,
il ruolo controrivoluzionario della socialdemocrazia e dello stalinismo,
trasformatosi quest'ultimo nell'agente della restaurazione capitalistica
nell'Est. Ma pesa anche e innanzitutto, oggi, l'attuale assenza di una
significativa direzione - in ogni paese e su scala internazionale - capace
di costruire tra le masse la coscienza della necessità della conquista
del potere e della transizione al socialismo come unica soluzione alla
crisi.
PER LA RICOSTRUZIONE DI UNA INTERNAZIONALE OPERAIA COMUNISTA, PER LA
RIFONDAZIONE DELLA IV INTERNAZIONALE.
La ricostruzione di un'internazionale operaia comunista è dunque
posta come necessità elementare al fine di dare risposta realistica,
non illusoria alle esigenze della lotta di classe. Il partito internazionale
della classe operaia è da sempre elemento fondante del movimento
comunista. A maggior ragione questo è vero oggi, a fronte dell'attuale
integrazione dell'economia e della politica mondiale e alla drammatica
debolezza soggettiva del movimento operaio.
Questa ricostruzione dell'internazionale non può significare
partire da zero. Ma riacquisire gli assi fondamentali di programma, teoria
ed azione che hanno fondato il tentativo di trasformazione socialista del
secolo scorso: a partire dalla concezione della conquista del potere politico
e della dittatura del proletariato come leva decisiva della transizione
al socialismo e dalla necessità di un programma transitorio che,
nell'azione di massa, riconduca gli obiettivi immediati e il livello di
coscienza dato dei lavoratori alla necessità della rottura anticapitalistica.
Si tratta di recuperare il patrimonio programmatico del marxismo rivoluzionario,
la sua applicazione e sviluppo nell'esperienza leninista della rivoluzione
d'ottobre, la sua difesa nella lunga lotta dei comunisti rivoluzionari
contro la socialdemocrazia e lo stalinismo per la prospettiva della rivoluzione
socialista internazionale. In altri termini - di fronte all'assenza di
ogni organizzazione che si richiami coerentemente a questo patrimonio su
scala internazionale - si tratta di agire, nel movimento operaio mondiale,
per la rifondazione della IV internazionale.
Naturalmente non si tratta certamente di costruirsi sulla base di tradizioni
e provenienze, né di un approccio di tipo "ideologico". Il marxismo
rivoluzionario non è una "religione", ma un programma e un'organizzazione
per la rivoluzione. Rifondare la IV internazionale significa ricomporre
sul patrimonio programmatico prima richiamato l'insieme delle forze d'avanguardia
del movimento operaio e antimperialista mondiale, indipendentemente dalle
loro precedenti tradizioni, provenienze, collocazioni.
Per altro ci pare significativo che già i primi passi di questa
battaglia difficile promossa da alcune correnti del movimento operaio e
comunista, abbiano visto la presenza, nel dibattito politico, di raggruppamenti
diversi: in parte provenienti dalla tradizione marxista rivoluzionaria
indipendente, in parte da settori dei vecchi partiti comunisti (come il
Partito dei Comunisti Russi - federazione di Leningrado - o il NAR, cioè
la ex gioventù del Partito Comunista greco), in parte dall'avanguardia
del movimento sindacale di massa latino-americano (tra cui alcuni dei principali
dirigenti del movimento dei sem-terra). Il fatto che al meeting di massa
per la rifondazione della IV internazionale promosso recentemente dal Partito
Obrero argentino a Buenos Aires sia pervenuto il saluto del segretario
generale della lega dei minatori rumeni, Vasile Vatuva, è, in questo
quadro, un piccolo esempio significativo del carattere non ideologico della
necessità della IV internazionale; ma della sua corrispondenza ad
un'esigenza sociale avvertita in settori d'avanguardia del proletariato.
E' indubbio che si tratti di forze ancora molto ristrette. Ma è
una ragione in più perché forze più ampie convergano
in questa difficile impresa. E' questa la proposta aperta che avanziamo
all'insieme delle e dei militanti del partito e al PRC in quanto tale.
Si può infine obiettare che i tempi della rifondazione della
IV internazionale e la prospettive della rivoluzione socialista non sono
maturi ed attuali. Ma è un'obiezione mal posta. L'idea e la proposta
del partito internazionale dei lavoratori non dipende dai tempi necessari,
più o meno prevedibili, per la sua costituzione, né tantomeno
dai tempi, ancor meno prevedibili, della rottura rivoluzionaria. Essa risponde
alla necessità oggettiva di una direzione rivoluzionaria del movimento
operaio internazionale a fronte della crisi congiunta e profonda del capitalismo
e del proletariato. Non a caso quando fu lanciata l'idea e la proposta
della III internazionale si registrava l'acme della sconfitta del movimento
operaio di fonte alla guerra e non si profilava, all'apparenza, alcuna
imminenza rivoluzionaria. Il punto è che proprio quella sconfitta
del movimento operaio e la crisi degenerativa verticale della sua vecchia
direzione poneva la necessità di aprire la lotta per una nuova direzione
internazionale, anche se le forze erano e apparivano all'inizio estremamente
limitate e ridotte. Questo fu il metodo del bolscevismo.
Noi crediamo imprescindibile oggi, sullo sfondo della crisi capitalistica
e dopo la svolta d'epoca provocata dal crollo dello stalinismo, inaugurare,
con lo stesso metodo, un nuovo tentativo certo complesso e ancora più
difficile ma non meno necessario, di costruzione dell'internazionale rivoluzionaria.