CONTRIBUTO AL DIBATTITO INTERNAZIONALE
di MARCO FERRANDO E FRANCO GRISOLIA
 

L'ATTUALITA' DELLA PROSPETTIVA SOCIALISTA INTERNAZIONALE
DI FRONTE ALLA CRISI  E ALL'OFFENSIVA DEL CAPITALE E AL FALLIMENTO DI OGNI IPOTESI RIFORMISTA E' NECESSARIO CHE L'AVANGUARDIA DI CLASSE E COMUNISTA SI PONGA DA SUBITO SUL TERRENO DELLA COSTRUZIONE DELL'INTERNAZIONALE OPERAIA, RIFONDANDO LA IV INTERNAZIONALE.

Il dibattito che si è aperto sulla politica internazionale del partito con l'intervento del compagno Sorini e con la risposta del compagno Mantovani, riveste una importanza fondamentale per il PRC. Si tratta, infatti di un dibattito troppo a lungo rinviato e invece decisivo per la rifondazione: un dibattito che non concerne semplicemente l'analisi del quadro mondiale, ma la sostanza stessa del programma generale del nostro partito.
I due testi che si sono confrontati su Liberazione, pur sensibilmente diversi nei riferimenti analitici e nelle categorie culturali, ci paiono in definitiva convergere, a negativo, su un punto strategico centrale: la rimozione della prospettiva della rivoluzione socialista come programma generale, come risposta alla crisi congiunta del capitalismo e del movimento operaio. La posizione e proposta che qui vogliamo argomentare si basa, al contrario, proprio su questo richiamo decisivo.

LA TRADIZIONE DEL "CAMPISMO" E I SUOI EFFETTI DEVASTANTI.
Il testo presentato dal compagno Sorini, pur utilizzando formalmente alcune categorie d'analisi marxista assenti nel testo di risposta (ad esempio la giusta sottolineatura delle attuali contraddizioni interimperialistiche), dà alla propria analisi uno sbocco di linea e proposta profondamente errato: quella di uno schieramento cosiddetto "antimperialista", basato fondamentalmente sul blocco con forze borghesi nazionali anche reazionarie (come il governo indiano diretto da un partito di estrema destra), con le forze neoborghesi che gestiscono il capitalismo restaurato (come in Russia e in Yugoslavia) e con le forze burocratiche restaurazioniste (come in Cina).
Questa posizione richiama innanzitutto una tradizione cosiddetta "campista" che ha avuto un ruolo profondamente negativo nella storia del movimento operaio del '900: una tradizione che invece di basarsi sulla lotta di classe come motore fondamentale dello sviluppo storico e sul socialismo mondiale come unica prospettiva per il movimento proletario, basava la propria azione sulla politica statuale del cosiddetto "blocco socialista". Così facendo subordinava la classe operaia internazionale agli interessi sociali della burocrazia dominante nell'URSS, accompagnando progressivamente il processo di degenerazione del suddetto "Campo socialista" sino alla sua autodissoluzione finale (con la trasformazione della burocrazia in strumento diretto della restaurazione capitalistica per conto dell'imperialismo mondiale).
Il paradosso è che il compagno Sorini riprende questa visione disastrosa in assenza di quelle giustificazioni sociali (natura non capitalistica, per quanto burocratizzata, dei paesi del cosiddetto blocco socialista) che ne erano il supporto, per quanto errato. Quindi al posto di un'ipotesi di subordinazione ad una burocrazia che - per quanto oppressiva e collaborativa con l'imperialismo - manteneva nel suo proprio interesse un equilibrio interno non capitalistico, si avanza l'ipotesi di un blocco strategico con gli agenti diretti della restaurazione del capitalismo più selvaggio. In aggiunta a questo, riprendendo alcune tra le peggiori pagine della storia dello stalinismo (quando i militanti comunisti nel mondo erano chiamati a identificarsi in leaders nazionalisti borghesi "antimperialisti" che nel contempo massacravano l'avanguardia proletaria nel proprio paese), Sorini allarga l'ipotesi del nuovo internazionalismo agli attuali leaders nazionalisti borghesi delle semi-colonie; con l'aggravante che lo sviluppo storico ha reso questi ultimi assai meno contraddittori con l'imperialismo di quanto non siano stati un Nasser o un Nehru. Mentre la necessaria difesa incondizionata di stati semi-coloniali e oppressi nei confronti dell'imperialismo non può mai confondersi, per i comunisti, con un blocco politico con i loro dirigenti reazionari.
Nei fatti la proposta di Sorini appare la riproposizione, su scala internazionale, della politica del blocco "rosso-bruno" attuata da Zuganov in Russia, con i suoi risvolti nefasti per gli interessi del movimento operaio. Non a caso Sorini introduce la propria argomentazione con la rivendicazione di una piattaforma "antimperialista" mondiale estranea a "principi astratti e velleitari": cioè, evidentemente, i principi dell'indipendenza del movimento operaio e della lotta per il socialismo.

IL MINIMALISMO MOVIMENTISTICO E IL SUO SBOCCO RIFORMISTA.
Il testo proposto dal compagno Mantovani, a fronte del documento di Sorini, si distingue per un , sia pur vago, riferimento ad "una dimensione di classe". E tuttavia questo riferimento è assunto e imprigionato entro un'analisi complessiva ("la globalizzazione" del "nuovo capitalismo") che rimuove le contraddizioni di fondo del capitalismo mondiale e la stessa realtà della sua crisi, e che, soprattutto, ha come sbocco politico una proposta fondamentalmente minimalistico- movimentista. Una proposta che rimanda alle illusorie impostazioni di un rilancio del keynesismo o di "un vincolo interno" al capitalismo liberista che, oltre che estranee ad un orizzonte socialista, si sono rivelate fallimentari alla prova dei fatti.
Significativo ci pare, ad esempio, nell'argomentazione del compagno Mantovani, il fatto che la critica alle ipotesi del compagno Sorini sull'utilizzo progressista del WTO e del FMI, non si estenda al ruolo dell'ONU; ancora una volta avallandone, così, il mito di "istituto della sovranità internazionale", contro l'evidenza del suo ruolo di strumento dell'imperialismo, direttamente criminale come nel caso del genocidio del popolo iracheno. Altrettanto significativo è il riferimento mitizzato all'Europa e alla sua "civiltà densa di democrazia e di diritti sociali". E' un'Europa di cui non solo viene totalmente rimossa la natura imperialistica e le mire di rafforzamento su scala mondiale, dopo il crollo dell'URSS, in concorrenza con gli USA; ma che viene indicata come "terreno possibile di scelte comuni di partiti, associazioni, movimenti, Stati". Laddove, sotto la dizione di Stati, si ripropone di fatto il riferimento al governo borghese di Jospin e al jospenismo (indicazione centrale per la rivendicata "sinistra plurale" italiana) che è quotidianamente smentito dalla stessa esperienza della lotta di classe in Francia.
A partire da questo intreccio di posizioni, che rimuovono come nel caso del testo di Sorini la prospettiva del potere proletario e del socialismo, si approda infine ad una conclusione ecumenica ed evanescente sul terreno delle scelte di relazione e interlocuzione internazionale (vedi la rivendicazione di "relazioni internazionali segnate da spirito unitario, aperto e costruttivo"). Laddove l'ecumenismo riflette esattamente l'assenza di una prospettiva strategica generale.

LA CRISI DEL CAPITALISMO E LA NECESSITA' DI UNA PROSPETTIVA RIVOLUZIONARIA SOCIALISTA.
A fronte delle due posizioni sopra analizzate, entrambe profondamente contraddittorie con le esigenze della rifondazione comunista, noi rivendichiamo come necessario fondamento programmatico del nostro partito la prospettiva del socialismo internazionale e la sua storica attualità.
Contrariamente alla realtà immaginifica della globalizzazione come ideologia dell'onnipotenza del capitale, il capitalismo vive da più di due decenni una fase di crisi e contraddizioni profonde, di cui l'ipertrofia abnorme del parassitismo finanziario (con le possibili future ricadute sull'economia capitalistica, come già si è visto nella recente vicenda della crisi asiatica) è eloquente espressione. Nei fatti il crollo dell'URSS e la ricomposizione capitalistica del mondo che ne è scaturita, se hanno certo rappresentato una vittoria del capitalismo, non solo non hanno risolto i suoi elementi di crisi, ma, paradossalmente, hanno concorso ad aggravarli. Ne è una riprova paradigmatica attuale la crescente ingovernabilità del continente africano e dello stesso controllo delle sue risorse; così come le difficoltà di stabilizzazione del capitalismo restaurato nell'Est.
In questo quadro, per mantenere e sviluppare la massa dei profitti, la borghesia mondiale ha avuto la necessità di attaccare le condizioni materiali delle grandi masse; rompendo così quel cosiddetto compromesso sociale post-bellico, a suo tempo consentito dalle lotte di massa, dalla prosperità capitalistica e dall'esistenza dell'URSS, e che si era rivelato funzionale, in quel contesto, alla accumulazione capitalistica.
Di fronte a tale offensiva è innegabile - dopo le dure sconfitte degli anni '80 e dei primi anni '90 - l'esistenza di una tendenza della classe e delle masse a reagire, come si è visto dalla Francia alla Corea, dall'Equador a Seattle. Tuttavia questa resistenza resta parziale, discontinua, nel migliore dei casi incapace di produrre un'alternativa complessiva. E' evidente che in questo si riflettono le sconfitte del passato, il ruolo controrivoluzionario della socialdemocrazia e dello stalinismo, trasformatosi quest'ultimo nell'agente della restaurazione capitalistica nell'Est. Ma pesa anche e innanzitutto, oggi, l'attuale assenza di una significativa direzione - in ogni paese e su scala internazionale - capace di costruire tra le masse la coscienza della necessità della conquista del potere e della transizione al socialismo come unica soluzione alla crisi.

PER LA RICOSTRUZIONE DI UNA INTERNAZIONALE OPERAIA COMUNISTA, PER LA RIFONDAZIONE DELLA IV INTERNAZIONALE.
La ricostruzione di un'internazionale operaia comunista è dunque posta come necessità elementare al fine di dare risposta realistica, non illusoria alle esigenze della lotta di classe. Il partito internazionale della classe operaia è da sempre elemento fondante del movimento comunista. A maggior ragione questo è vero oggi, a fronte dell'attuale integrazione dell'economia e della politica mondiale e alla drammatica debolezza soggettiva del movimento operaio.
Questa ricostruzione dell'internazionale non può significare partire da zero. Ma riacquisire gli assi fondamentali di programma, teoria ed azione che hanno fondato il tentativo di trasformazione socialista del secolo scorso: a partire dalla concezione della conquista del potere politico e della dittatura del proletariato come leva decisiva della transizione al socialismo e dalla necessità di un programma transitorio che, nell'azione di massa, riconduca gli obiettivi immediati e il livello di coscienza dato dei lavoratori alla necessità della rottura anticapitalistica.
Si tratta di recuperare il patrimonio programmatico del marxismo rivoluzionario, la sua applicazione e sviluppo nell'esperienza leninista della rivoluzione d'ottobre, la sua difesa nella lunga lotta dei comunisti rivoluzionari contro la socialdemocrazia e lo stalinismo per la prospettiva della rivoluzione socialista internazionale. In altri termini - di fronte all'assenza di ogni organizzazione che si richiami coerentemente a questo patrimonio su scala internazionale - si tratta di agire, nel movimento operaio mondiale, per la rifondazione della IV internazionale.
Naturalmente non si tratta certamente di costruirsi sulla base di tradizioni e provenienze, né di un approccio di tipo "ideologico". Il marxismo rivoluzionario non è una "religione", ma un programma e un'organizzazione per la rivoluzione. Rifondare la IV internazionale significa ricomporre sul patrimonio programmatico prima richiamato l'insieme delle forze d'avanguardia del movimento operaio e antimperialista mondiale, indipendentemente dalle loro precedenti tradizioni, provenienze, collocazioni.
Per altro ci pare significativo che già i primi passi di questa battaglia difficile promossa da alcune correnti del movimento operaio e comunista, abbiano visto la presenza, nel dibattito politico, di raggruppamenti diversi: in parte provenienti dalla tradizione marxista rivoluzionaria indipendente, in parte da settori dei vecchi partiti comunisti (come il Partito dei Comunisti Russi - federazione di Leningrado - o il NAR, cioè la ex gioventù del Partito Comunista greco), in parte dall'avanguardia del movimento sindacale di massa latino-americano (tra cui alcuni dei principali dirigenti del movimento dei sem-terra). Il fatto che al meeting di massa per la rifondazione della IV internazionale promosso recentemente dal Partito Obrero argentino a Buenos Aires sia pervenuto il saluto del segretario generale della lega dei minatori rumeni, Vasile Vatuva, è, in questo quadro, un piccolo esempio significativo del carattere non ideologico della necessità della IV internazionale; ma della sua corrispondenza ad un'esigenza sociale avvertita in settori d'avanguardia del proletariato. E' indubbio che si tratti di forze ancora molto ristrette. Ma è una ragione in più perché forze più ampie convergano in questa difficile impresa. E' questa la proposta aperta che avanziamo all'insieme delle e dei militanti del partito e al PRC in quanto tale.
Si può infine obiettare che i tempi della rifondazione della IV internazionale e la prospettive della rivoluzione socialista non sono maturi ed attuali. Ma è un'obiezione mal posta. L'idea e la proposta del partito internazionale dei lavoratori non dipende dai tempi necessari, più o meno prevedibili, per la sua costituzione, né tantomeno dai tempi, ancor meno prevedibili, della rottura rivoluzionaria. Essa risponde alla necessità oggettiva di una direzione rivoluzionaria del movimento operaio internazionale a fronte della crisi congiunta e profonda del capitalismo e del proletariato. Non a caso quando fu lanciata l'idea e la proposta della III internazionale si registrava l'acme della sconfitta del movimento operaio di fonte alla guerra e non si profilava, all'apparenza, alcuna imminenza rivoluzionaria. Il punto è che proprio quella sconfitta del movimento operaio e la crisi degenerativa verticale della sua vecchia direzione poneva la necessità di aprire la lotta per una nuova direzione internazionale, anche se le forze erano e apparivano all'inizio estremamente limitate e ridotte. Questo fu il metodo del bolscevismo.
Noi crediamo imprescindibile oggi, sullo sfondo della crisi capitalistica e dopo la svolta d'epoca provocata dal crollo dello stalinismo, inaugurare, con lo stesso metodo, un nuovo tentativo certo complesso e ancora più difficile ma non meno necessario, di costruzione dell'internazionale rivoluzionaria.