Considerazioni iniziali.
Questo primo congresso regionale del nostro Partito ci da la possibilità
storica di vagliare e discutere in un'assise congressuale i vari orientamenti
di fondo e le varie proposte politiche strategicamente necessarie per il
rilancio regionale del PRC.
La linea politica uscita dall'ultimo Congresso nazionale che apparentemente
imprime una svolta " a sinistra", non fa altro che riproporre il vecchio
caposaldo della prospettiva della sinistra di alternativa per la costruzione
della sinistra plurale, quale nuovo e non tanto originale approccio, alla
burocrazia DS e ad un Ulivo rinnovato, per " l'alternativa di governo"
su scala nazionale. Nei fatti si continua a riproporre una linea politica
del tutto fallimentare, per l'impossibilità di "contaminazione"
da sinistra dell'apparato liberale DS, alleato strategico del centro borghese.
Il modello della "sinistra plurale", rispecchia quello, fino a ieri
l'altro ritenuto da Bertinotti un modello per le sinistre europee, quello
francese, il cui governo, fino a quando non è stato spazzato via
dalla delusione popolare, è stato campione di flessibilità
e privatizzazioni, con frequenti partecipazioni alle guerre "umanitarie"
della Nato.
Questa politica "governista", che ha come suo asse strategico la ricomposizione
nazionale con un Ulivo, reso più presentabile dalla presenza di
qualche "leader" no-global e di "girotondisti" alla Nanni Moretti e Pancho
Pardi, viene messa in pratica nella maggior parte dei governi cittadini
e provinciali, dove siamo spesso complici delle politiche liberiste delle
Giunte di Centrosinistra.
L'alternativa evidente alla linea di collaborazione di classe che il
nostro Partito sviluppa spesso localmente e a livello nazionale (non bisogna
dimenticare l'appoggio dato al governo Prodi per due anni, nonostante la
politica di "lacrime e sangue" che ha permesso l'entrata dell'Italia nell'area
dell'euro, con tutte le conseguenze negative che i ceti subalterni subiscono
tuttora), c'è e si chiama autonomia per un Polo di classe, fortemente
radicato nella società, fortemente alternativo ai due Poli di alternanza
borghesi, Ulivo e Cdl.
In Francia, i partiti rivoluzionari, di orientamento troskista, ottengono
un grande successo elettorale alle presidenziali, proprio in concomitanza
con il crollo della "sinistra plurale" di Jospin e Hue, artefice della
disillusione delle masse popolari e del rafforzamento anche della destra
fascista di Le Pen, basando il proprio agire politico su di un programma
transitorio di scardinamento del sistema capitalista, partendo dalla critica
a Maastricht ed alle politiche di rigore conseguenti che affossano il Welfare
State e che circondano l'Europa con una "cortina di ferro" anti-immigrati.
La prospettiva di sviluppo autonomo ed alternativa all'Ulivo liberale
ed alla CDL reazionaria anche in Puglia, si deve coniugare con una vasta
piattaforma regionale per una mobilitazione costante contro la guerra "permanente",
per la cacciata del Governo Fitto, per la difesa della sanità pubblica
e dell'Acquedotto pugliese, nonché per dar vita ad una vertenza
generale unificante del mondo del lavoro.
La Puglia tra ristrutturazioni aziendali e lavoro precario.
La nostra Regione ha vissuto negli ultimi anni una pesante ristrutturazione
industriale e rovinose privatizzazioni, il cui risultato è stato
la distruzione di settori strategici per la nostra economia e la delocalizzazione
in nuovi poli industriali.
Infatti "la caduta del muro" e la trasformazione dei Paesi dell'Est,
a socialismo deformato, in Paesi capitalisti dipendenti, ha dato il là
alla colonizzazione economica di queste terre, anche dei padroni nostrani,
specie del tessile e del calzaturiero, trasferitisi senza esitazioni dove
il bassissimo costo del lavoro rende possibile estrarre una maggiore quantità
di surplus economico oltre a garantire loro nuovi mercati di intervento.
Queste delocalizzazioni o veri e propri trasferimenti produttivi hanno
conseguentemente ingrossato le fila "dell'esercito industriale di riserva"
e sviluppato l'equazione capitalista : aumento della disoccupazione = riduzione
del costo del lavoro; dunque enti locali, confederazioni sindacali e governi
nazionali (Prodi e D'Alema) hanno puntato sul far rinascere "l'appetibilità"
capitalista nei confronti dei nostri insediamenti industriali, con l'intento
di creare anche da noi delle "zone franche", dove poter derogare dai contratti
nazionali, attraverso la riproposizione di vere e proprie gabbie salariali
(Contratto d'area di Manfredonia, contratti di emersione e di riallineamento),
travasare ulteriori fondi pubblici nelle tasche degli imprenditori (Patti
territoriali, bonus fiscali, ecc.).
Il dato assai negativo dal punto di vista politico è che molto
spesso queste misure economiche siano state appoggiate o "subite" dalle
nostre strutture locali di Partito, compromesse, in molti casi, nei governi
cittadini.
Un esempio molto chiaro di come queste "zone franche" siano utili esclusivamente
ad aumentare i profitti padronali è dato dal Contatto d'area di
Manfredonia, ove il prezzo del lavoro è concorrenziale a quello
di alcuni Paesi dell'Est (Bulgaria e Romania), tanto che numerosi industriali,
specie del Nord-Est, hanno ritenuto di impiantare degli stabilimenti in
quest'area, garantiti dalla riduzione di molti elementari diritti dei lavoratori.
La gran parte di nuovi posti di lavoro creati nella nostra Regione,
sono dunque precari ed il ricorso al lavoro interinale, quando aumentano
i picchi produttivi, si fa sempre più frequente.
Questa situazione di vasta frammentazione sociale e di precarietà
consolidata vede svilupparsi nuovamente il fenomeno dell'immigrazione di
lavoratori pugliesi, anche di alta scolarizzazione, sdradicati dalle loro
famiglie e dalle loro abitudini sociali, verso le Regioni del Nord Italia.
I dati dell'ultimo censimento in Puglia sono molto chiari, con cali vistosi
dei residenti nella nostra Regione in direzione dell'emigrazione.
Va fatto uno sforzo di iniziativa politica che dovrà portare
il nostro Partito a rompere con le Giunte che assecondano gli interessi
padronali e che non si pongano in rottura concreta con i diktat dei governi
nazionali, del Patto di stabilità, del Trattato di Schengen e di
tutte quelle misure economiche antisociali.
Sulla questione LSU, bisogna porsi in controtendenza rispetto alle
ricette liberiste, proponendo la loro assunzione diretta, senza part-time
ed altre precarietà, presso gli Enti locali che li hanno utilizzati,
senza proroghe e cooperative sociali.
Per ciò che riguarda la crisi del siderurgico tarantino, che
potrebbe sembrare provocata dallo zelo di un sindaco e la protervia di
alcuni magistrati, ha come protagonista il "padron" Riva, che come tutti
i capitalisti, si muove su delle basi reali che sono fatti di costi, perdite,
competitività al livello internazionale, produzioni e conseguente
collocazione sui mercati, quindi in realtà il siderurgico tarantino
sta vivendo una crisi dovuta ai classici problemi che hanno sempre afflitto
il modo di produzione capitalistico. I problemi della produzione d'acciaio
nascono nel momento in cui Bush decide di imporre dei dazi doganali all'importazione
di acciaio, non che Riva fosse il primo importatore di acciaio negli U.S.A,
ma questi dazi hanno costretto altri importatori, fra cui Germania e Giappone,
a cercare nuovi mercati aumentando, in questo modo, la competizione al
livello internazionale e precipitando di fatto il mercato dell'acciaio
dell'Europa in una crisi di sovrapproduzione.
In questo momento non sappiamo esattamente se Riva ha intenzione di
dismettere gli impianti o semplicemente di congelarli finché la
crisi, che ovviamente si presenta con aspetti congiunturali in questa fase,
non sarà superata ( gli analisti prevedono per la metà del
2003, ma di certo a pagarne le conseguenze sono e saranno sempre i lavoratori).
Le prospettive per il PRC sul caso ILVA, al momento, non sono
rosee; infatti manchiamo di un totale radicamento nella fabbrica e i pochi
operai vicini al partito non sono organizzati e coordinati, non si è
costruito nessun lavoro in questi anni che potesse darci dei frutti. E'
chiaro che questa carenza non deve farci desistere dall'iniziare un lavoro
capillare ed organizzato che tenti di sottrarre la naturale mobilitazione
delle masse all'influenza della destra, così come della burocrazia
DS, che cercano di scambiare a Bruxelles ciò che stiamo perdendo
attraverso la produzione di acciaio, con ciò che potremmo guadagnare
attraverso i prosciutti di Parma (infatti pare che una delle soluzioni
sia l'aumento del prezzo del prosciutto importato negli Stati Uniti).
Per il problema occupazione, proponiamo una vertenza unificante del
mondo del lavoro, che vada dal livello nazionale a quello locale, con la
creazione di una piattaforma di lotta che riguardi, lavoratori, precari,
disoccupati, per l'eliminazione dei contratti di flessibilità e
la loro sostituzione con contratti stabili, per il taglio di tutti i finanziamenti
diretti ed indiretti alle imprese (contratti d'area, di emersione e di
riallineamento, patti territoriali), per lo spostamento di queste risorse
in direzione di un vero salario garantito per i disoccupati ed i giovani
in cerca di prima occupazione (l'80% del salario minimo intercategoriale
o di quello già percepito), come arma di resistenza al ricatto occupazionale
da ipersfruttamento, la salvaguardia dell'art. 18 e la sua estensione,
lavorando attivamente per la riuscita dello sciopero generale di 8 ore
di ottobre anche in Puglia (ottime le cifre dell'adesione allo sciopero
generale del 16 aprile e alla grande manifestazione regionale della CGIL),
non rimuovendo però la critica profonda alla concertazione, che
ha visto tra i protagonisti passati lo stesso Cofferati, e non dimenticando
il progetto strategico moderato dell'asse Prodi-Cofferati per l'alternativa
a Berlusconi.
Per la cacciata del governatore Fitto. Contro la privatizzazione dell'acqua
e della sanità.
Questione dirimente per il PRC pugliese è la battaglia per la
salvaguerdia del carattere pubblico dell'Acquedotto pugliese, la cui privatizzazione
voluta dal governatore Fitto sarebbe un ulteriore regalo alle multinazionali,
pronte a far pagare molto "salato" l'accesso all'acqua delle nostre popolazioni.
Va dunque proposta una linea di controtendenza anche rispetto ad alcuni
ammiccamenti del Centrosinistra pugliese, che veda il nostro Partito, proporre
ovunque dibattiti cittadini e mobilitazioni su tutto il territorio regionale,
perché l'Acquedotto pugliese rimanga interamente pubblico, senza
cedimenti sul terreno della cessione ai privati anche di una piccola quantità
di azioni.
Ovviamente la lotta per il libero accesso all'acqua e contro la sua
privatizzazione va di pari passo con la riduzione delle tariffe, l'ammodernamento
della rete di distribuzione e con una migliore gestione delle falde sotterranee.
Dura e profonda è in atto l'offensiva del governo Fitto-Palese
contro la sanità pubblica, attraverso un Piano di Riordino ospedaliero
che taglia interi reparti ed azzera numerosi posti letti; rischia la chiusura
l'ospedale di Bitonto, la cui fondazione risale al 1333, vengono pesantemente
ridimensionati gli ospedali di Terlizzi, Trani, Bisceglie, Maglie, Triggiano,
mentre perdono lo status di Aziende Ospedaliere Il SS. Annunziata di Taranto,
il Giovanni XXIII di Bari ed il Vito Fazi di Lecce (Il taglio complessivo
sarebbe di 2.200 posti letto).
L'idea del governatore della Puglia, del tutto simile a quella che
ha animato gli altri governatori delle altre regioni italiane, anche di
Centrosinistra, è quella di attuare un pesante ridimensionamento
delle strutture sanitarie pubbliche, con servizi ridotti e poco funzionali
e potenziare, attraverso varie e laute convenzioni, gli amici privati.
Quindi sanità di serie A e sanità di serie B e l'introduzione
di ticket, dietro l'alibi di una razionalizzazione che mercifica anche
il diritto imprescindibile alla salute e che penalizza anche i lavoratori
del settore per l'introduzione della mobilità del personale.
La fortissima contestazione popolare subita da Fitto, nel suo tour
in quelle città più pesantemente penalizzate dal Piano di
Riordino Ospedaliero, ha mostrato un buon protagonismo del nostro Partito
e la fierezza e la rabbia della gente pugliese, che colpita nei suoi diritti
primari, dice no !
Per tutte queste ragioni riteniamo necessario che il PRC pugliese avanzi
la parola d'ordine della cacciata del governo Fitto e per un'alternativa
di governo dei lavoratori, denunci in ogni occasione la sua politica antipopolare
e prepari una grande manifestazione regionale a Bari contro il governo
di Via Capruzzi, con una piattaforma rivendicatica di classe, aperta a
tutti i movimenti sociali ed antagonisti, comitati di quartiere e sindacati,
che disveli inoltre la complicità liberale del centrosinistra pugliese.
Movimento antiglobalizzazione e ruolo dei comunisti pugliesi.
Il PRC pugliese deve porsi l'obiettivo, fino ad oggi disatteso, di recitare
una parte da protagonista nello sviluppo del movimento antiglobalizzazione
che sotto varie forme è presente nella nostra Regione, abbandonando
atteggiamenti di subordinazione o di passività, ma cimentandosi
in un ruolo attivo e caratterizzante che connoti l'azione dei comunisti
nei movimenti, senza intenti di "controllo burocratico dall'alto" o di
emarginazione settaria, sicuramente deleteri.
Certamente importante è il fermento conflittuale che pervade
queste nuove generazioni che si affacciano alla politica con vivo interesse
e disponibilità alla lotta, apportando una forte novità ed
un "disgelo", necessario per l'alternativa anticapitalista e socialista.
Questa radicalità giovanile va aiutata ad esprimersi appieno,
affrontando temi "portanti" del lavoro dei comunisti nel movimento antiglobalizzazione,
che non deve limitarsi allo scadenzismo delle grandi manifestazioni (G8
a Genova, anniversario della morte di Carlo Giuliani, contro la guerra
a Roma, Social Forum europeo a Firenze, inaugurazione della Fiera del Levante),
ma diventare parte attiva anche nelle problematiche locali, frutto delle
politiche liberiste del capitalismo nostrano e non.
In questo senso va potenziato il rapporto con quelle realtà
fortemente combattive ed antagoniste, quali il Comitato Euskadi di Bari,
che si distingue nel sostegno alla lotta per l'autodeterminazione del popolo
basco, la Confederazione Cobas (specie i compagni tarantini), gravemente
sotto il tiro della repressione poliziesca, il C.S.O. "Coppola rossa" di
Adelfia, al centro delle cronache regionali per lo sfratto ordinato dalla
Giunta di destra, il Forum Palestina, l'Associazione C. Marx di Gravina,
ecc., con l'intenzione di creare appunto un vasto "fronte unico anticapitalista",
che si batta contro la guerra imperialista, che arricchisce il capitale
ed opprime i popoli, contro la flessibilità del lavoro e per una
vertenza unificante del mondo del lavoro che metta assieme lavoratori,
precari, disoccupati che lottino per l'eliminazione dei contratti flessibili
e per la loro trasformazione in contratti stabili, contro gli organismi
geneticamente modificati delle multinazionali, contro la Legge razzista
di Bossi e Fini, per pieni diritti di cittadinanza per gli immigrati, con
la chiusura dei campi " di concentramento" voluti dai precedenti governi
di centrosinistra, in ossequio al Trattato di Schengen.
Lotta contro la guerra imperialista.
E' imminente sullo scenario mondiale l'affacciarsi di un nuovo conflitto
dell'imperialismo anglo-americano, appoggiato da altri governi guerrafondai,
contro il popolo dell'Irak, che rientra nella strategia più vasta
di appropriazione delle risorse energetiche, di conquista di nuovi mercati,
di rilancio delle spese militari come argine contro la recessione, cominciata
con la prima guerra del Golfo, proseguita con gli interventi militari in
Jugoslavia e Afghanistan e con la lotta contro i movimenti di liberazione
nazionale ( palestinese e basco ).
Riteniamo importante denunciare l'imperialismo capitalista anglo-americano
e le sue barbarie, il ruolo complice dell'Onu, della Russia (che vuole
mano libera contro i ceceni) e dell'UE, i cui governi hanno un ruolo imperialista
con sbocchi, per adesso più ridotti degli USA e riaffermare la necessità
della lotta contro la guerra, attraverso una forte mobilitazione contro
le menzogne dei guerrafondai mass-media borghesi.
Importante sarà dare luogo a manifestazioni locali contro la
guerra e l'adesione quanto più massiccia dei comunisti pugliesi
alla manifestazione nazionale del Partito contro la guerra che si terrà
in novembre a Roma.
Il Partito e la democrazia interna.
Col maturare della crisi capitalista, e l'affacciarsi della barbarie
con la quale si tenta di superarla, diventa d'impellente necessità
l'impegno soggettivo di tutte le avanguardie che credono ( e in questo
sono suffragati dall'esperienza storica ) che solo con l'organizzazione
di un partito comunista rivoluzionario sia possibile l'assalto al cielo.
Diceva Lenin ''senza teoria rivoluzionaria non vi è rivoluzione
'' altresì senza organizzazione non si potrà applicare nessuna
teoria.
La borghesia dispone di molti mezzi, economici, politici, militari,
di produzione ideologica (cultura, etica, religione, etc.), il proletariato
ha una sola forza: la sua organizzazione. Necessaria è dunque un'organizzazione
partitica regionale duttile, agile, capace di leggere la fase e i mutamenti
del tempo in cui opera senza perdere di vista gli obiettivi principali,
di questo avremmo bisogno.
Oggi una nuova generazione si affaccia alla lotta. Questo vento, che
spira a livello mondiale, soffia anche in Italia e persino in terra di
Puglia. Ma le centinaia di giovani che si avvicinano al nostro partito
spesso non trovano un'organizzazione capace di accoglierli, di interpretare
le loro necessità, di leggere le loro capacità e quindi di
collocarli, attraverso un percorso formativo, nel luogo giusto al momento
giusto. Spesso sono respinti da una pratica di un '' personale politico
'' che porta sulle spalle e nella propria testa il peso delle sconfitte
storiche; legato ad un modo di fare politica che ha logorato il vecchio
PCI, ponendo al centro del proprio agire le istituzioni, la real politique,
le elezioni. Le stesse indicazioni del documento di maggioranza, licenziato
all'ultimo congresso, stentano a venire interpretate nel migliore dei modi
a livello locale.
Ci chiediamo: dov'è l'apertura, l'innovazione, la tanto sbandierata
svolta a sinistra? è forse nelle parole di un rappresentante del
circolo che durante un'assemblea con forze politiche, sindacali ed organizzazioni
varie per decidere il da farsi riguardo l'arresto dei compagni del COBAS
di Taranto definisce le loro attività come ''goliardiche''?, "mentre
noi che siamo professionisti della politica non incappiamo nelle maglie
della giustizia". E' ovvio che i presenti del PRC hanno sentito l'esigenza
di prendere le dovute distanze da queste posizioni, ma quell'uomo rappresentava
il partito. Con questo personale politico non ci meravigliamo se si chiudono
sezioni, si perdono centinaia di iscritti, consensi, credibilità.
Nostro auspicio è che si ponga definitivamente fine a modi di operare
spesso miopi e sospettosi verso tutto ciò che non si adegua alla
prassi e alla teoria di chi dirige localmente il partito, che non viene
mai assalito dal minimo dubbio, nonostante il PRC arranchi continuamente
senza spiccare mai il volo; che la democrazia sia alla base dei rapporti
tra le varie posizioni interne, senza insulti, aggressioni verbali e provocazioni
di ogni sorta ( in un circolo di Taranto si cambia il lucchetto della sezione
con atteggiamenti del tipo '' il pallone è mio e se non gioco io
non gioca nessuno!''). Ma l'organizzazione di un partito comunista non
è di tipo gerarchico militare, in cui vi sono le truppe senza testa
che devono solo obbedire agli ordini dei generali.
Rifondazione comunista è e dovrebbe, come diceva Gramsci, simile
ad un'orchestra in cui vi è il direttore che dirige la musica, ma
soprattutto, vi sono i musicisti che sanno cosa e come suonare e capiscono
quando un ordine è sbagliato.
La Rifondazione comunista, non ancora attuata, deve passare attraverso
percorsi che la stessa fase ci indicherà, sempre attraverso l'impegno
soggettivo di tutte le avanguardie, ma senza dubbio porrà le proprie
basi nelle teste, nelle mani e nella pancia di quelle centinaia di migliaia
di giovani che si affacciano sulla nuova scena storica e che non sono colpite
dagli errori e dalle sconfitte subite, che non vivono nell'autofobia bertinottiana
del ''non è un comunista che dice queste cose '', e che esprimono
una nuova voglia di partecipazione democratica alla costruzione del proprio
futuro.