La notizia è gravissima soprattutto perché nasce in un
contesto come quello di Gela in cui la mafia c'è sul serio: la mafia
dei colletti bianchi che è inserita, coi suoi comitati di affari,
dentro i gangli vitali dell'amministrazione comunale, e la mafia che i
proiettili non si limita a inviarli per intimidire ma li usa spesso e volentieri
per per dimostrare il suo indiscusso potere sul territorio. Un territorio
disgregato e devastato da decenni di speculazioni selvagge, con un livello
di disoccupazione di tipo latino-americano, in cui lo Stato no, non si
è arreso, come spesso si dice in questi casi, ma è stato
- nelle sue articolazioni - lo strumento che ha garantito quello sviluppo
"insostenibile" all'ombra del quale mafia e padroni sono cresciuti e si
sono arricchiti.
Un polo chimico - che doveva rappresentare negli anni cinquanta il
segno e la condizione prima di un nuovo futuro fatto di progresso economico
e sociale - destinato a morire, che lascia dietro di se decenni di sfruttamento
selvaggio di persone e cose, un inquinamento senza precedenti di un'area
vastissima, sul quale l'Eni ha costruito i suoi profitti.
Una classe operaia che non ha avuto il tempo e l'opportunità
di crescere e di prendere coscienza del suo ruolo e che ora, ridotta anche
numericamente, accerchiata, minacciata nella sua stessa esistenza, diventa
facile preda di una classe politica cresciuta all'ombra delle regalie e
dei favori del padrone e della contiguità con gli interessi mafiosi.
E in questa realtà, una decina di compagni, irriducibili e generosi,
che hanno fatto una scelta coraggiosa.
La scelta di non accettare il ricatto di doversi schierare con un polo
- quello del centrosinistra - sul quale il giudizio è netto e senza
appello.
La scelta di rompere gli equilibri di un ceto politico che - aldilà
delle differenze di facciata - rappresenta gli stessi interessi economici,
esprime le stesse politiche, é "sotterraneamente" cogestore quando
più apparentemente appare diviso.
Potevano fare un'altra scelta, certo. Un posto di assessore col ruolo
di lacchè del centrosinistra locale che - non lo dimentichino mai
i compagni della "maggioranza" del partito - è il centrosinistra
"concreto", non quello immaginario su cui si disquisisce nei nostri congressi,
non gli sarebbe stato negato.
Altri nel nostro partito, in questi stessi giorni, lo hanno fatto.
Aldo Scibona (che è un galantuomo prima di essere un quadro
comunista provato) e gli altri compagni di Gela hanno scelto di non svendere
la loro storia e la storia del loro (del nostro) partito in cambio di "una
serena convivenza" fra gli interessi e i bisogni sociali che rappresentiamo
e gli interessi privati e egoisti che ad essi si contrappongono.
In questo senso Gela rappresenta un punto di svolta nella pratica politica
del partito e, la battaglia di quei compagni, una battaglia che non può
rimanere isolata.
Bisogna dare atto alla Federazione di Caltanissetta e al suo Segretario
e al Segretario regionale del Partito, che questa scelta hanno prima compreso
e poi condiviso, che il loro impegno e il loro sostegno non si è
fatto attendere ma - con la stessa franchezza - bisogna denunciare (oggi
che probabilmente gli attestati di solidarietà ai compagni vittime
dell'intimidazione si sprecheranno) la pressoché totale assenza
dei quadri nazionali del partito lì sul fronte della lotta quando
era doveroso e utile esserci.
Non sappiamo se tale assenza sia dovuta al "fastidio" di dover sostenere
una battaglia frontale fuori dagli schemini del bertinottismo dominante
o a una sottovalutazione irresponsabile della realtà meridionale
di cui Gela e paradigma.
Di certo, ne Bertinotti ne gli altri dirigenti nazionali del partito,
hanno sentito il bisogno di scendere a Gela, marcando con la loro assenza
un "disinteresse" alla battaglia in corso e, soprattutto, rendendo "visibilmente"
più pesante la sensazione di isolamento del partito locale.
Che lo facciano ora è il minimo che si possa chiedere.
Mario Gangarossa
23 maggio 2002
Gravissimo atto intimidatorio mafioso Gela:
una busta contenente un proiettile e un facsimile riproducente l'immagine
del candidato sindaco del Prc, Aldo Scibona, forata all'altezza della testa,
è stata recapitata al circolo di Rifondazione Comunista di Gela.
"Siamo davanti ad una vergognosa minaccia mafiosa, ma non ci faremo
intimidire. Evidentemente abbiamo toccato i nervi scoperti della vita amministrativa
della città" affermano Giusto Catania, segretario regionale di Rifondazione
comunista, e Angelo Marotta, segretario provinciale del partito a Caltanissetta.
"E' un'intimidazione - aggiungono i due dirigenti del Prc - che rompe la
presunta pace sociale di Gela. E non è un caso se noi abbiamo condotto
la campagna elettorale denunciando con forza il pericolo di infiltrazioni
mafiose nella macchina comunale".
Il compagno Guido Benni - coordinatore regionale di Progetto Comunista
- in un messaggio "esprime ai compagni di Gela, al candidato Sindaco e
a tutti coloro che sono impegnati in questa difficile campagna elettorale,
tutto il proprio appoggio e la massima solidarietà per il gravissimo
atto intimidatorio". E conclude "certi che solo il vostro impegno a fianco
dei più deboli e per un risanamento morale della vostra città
possano aver prodotto un atto così sconsiderato, esortandovi a tener
duro, testimoniamo la nostra vicinanza ".
Fra i messaggi di solidarietà anche quello di Pier Paolo Montalto
a nome della segreteria della Federazione di Catania.
Il compagno Marco Ferrando, in una telefonata ai compagni in cui esprime
"una sentita solidarietà umana e una profonda solidarietà
politica", dichiara che: "Non è un caso che si minacci una candidatura
limpidamente alternativa, contrapposta ai poteri forti della città
e alle due coalizioni che li rappresentano o che si candidano a rappresentarli.
Non è un caso che si minacci la scelta chiara e onesta dell'autonomia
dei comunisti".
"Sostegno contro la vile intimidazione mafiosa a Gela" anche dal compagno
Filippo Sutera, a nome della CUB siciliana, che ha garantito la sua presenza
al comizio di chiusura della campagna elettorale a Gela "in segno di solidarietà
ad Aldo Sciboma e a tutte le forze che si battono in difesa della legalità
e della democrazia".