Due proposte strategiche altemative in vista del congresso nazionale
del Prc
RIFONDARE LA RAGION D'ESSERE DEL PARTITO
di Marco Ferrando
Il cuore del
nostro confronto congressuale riguarda il programma generale del nostro partito
e di riflesso le linee di indirizzo della sua politica. La stessa analisi che si
propone va connessa all'impianto programmatico che si assume. La divergenza
sull'imperialismo è al riguardo emblematica. La tesi del superamento del
concetto di imperialismo è profondamente sbagliata non solo perché rimuove la
comprensione delle dinamiche attualissime del capitaIismo mondiale e delle sue
nuove contraddizioni dopo la svolta d'epoca dell'89-91 (sino a negare
l'esistenza stessa dell'imperialismo europeo e italiano) ma perché legittima
quel programma riformista di "riforma dell'Onu" di "Europa sociale e
democratica", di "patto tra le nazioni", di un diritto internazionale al di
sopra delle classi e degli Stati che viene riproposto nel documento congressuale
di maggioranza (Bertinotti-Grassi-Ferrero). Un programma del tutto utopico e
subalterno: utopico perché astraendo dalla realtà dell'imperialismo sogna una
riforma pacifica del mondo capitalistico proprio quando la crisi capitalistica
internazionale ha eroso lo spazio storico riformistico; subalterno perché
ripropone come riferimento quelle funzioni capitalistiche internazionali (v.
Onu) che sono state e sono tanto più oggi paraventi diplomatici
dell'imperialismo e del suo dominio sul mondo. Per questo la riaffermazione
importante della categoria di imperialismo quale chiave di lettura del mondo
contemporaneo non può essere confinata in emendamenti analitici, ma va invece
ricondotta a una proposta alternativa complessiva di impostazione programmatica
del Prc, che nel profondo della lotta di classe e dei movimenti della giovane
generazione, rilanci la prospettiva socialista e rivoluzionaria quale unica vera
risposta, terribilmente complessa ma non illusoria, alla crisi dell'umanità.
Questo richiamo al socialismo non può ridursi a rituali evocazioni letterarie
("socialismo o barbarie") ma richiede una vera rifondazione su due piani
complementari:
a) il recupero dei fondamenti del programma comunista (a
partire dai temi dell'abolizione della proprietà privata e del potere dei
Consigli) senza i quali non vi è né rottura strategica con il riformismo
staliniano né recupero della memoria rivoluzionaria del primo '900 (Lenin,
Trotsky, Luxemburg, Gramsci);
b) l'aggiornamento e il rilancio della
proposta socialista in rapporto all'attuale scenario del mondo: là dove proprio
la domanda di un altro mondo possibile nel sentire di milioni di giovani
richiama l'esigenza di ricondurre tutte le loro istanze di emancipazione e
liberazione (sociali, ambientali, di pace, di genere) alla necessità della
rottura anticapitalistica, contro ogni illusione riformistico pacifista.
Questa svolta strategica richiede una svolta di linea sul terreno politico
nazionale. La politica di pressione riformatrice che abbiamo promosso per dieci
anni, dalla maggioranza di governo o dalla opposizione, nei confronti degli
apparati dominanti della sinistra e dei loro schieramenti di alternanza non ha
dato risultati. Né per il Prc né soprattutto per il movimento operaio. L'unico
risultato concreto è stato il nostro sostegno al governo liberista di Prodi.
Trovo singolare che invece di trarre un reale bilancio del ciclo lungo della
nostra politica si avanzi una prospettiva chel a riconferma. La prospettiva di
una sinistra plurale tra Prc e sinistra moderata (cioè Ds), considerata
testualmente "irrinunciabile" per l'alternativa di governo (v. tesi n. 37)
ripropone infatti l'eterna illusione fallita di una possibile contaminazione
degli apparati Ds propria nel momento in cui il grosso di quegli apparati
approda nel Centro liberale. Si tratta di una prospettiva profondamente
contraddittoria non solo con ogni ipotesi di alternativa anticapitalistica ma
anche, e proprio per questo, con l'anticapitalismo latente dei movimenti.
Il
testo congressuale avanzato dalla minoranza del Cpn propone invece la linea del
polo autonomo di classe, contrapposto a centrodestra e centrosinistra, come
linea di costruzione del Prc e come proposta di massa. E' una linea che richiede
innanzitutto una coerente collocazione del Prc all'opposizione dei governi
borghesi sia sul piano nazionale che locale: dove va messa in discussione la
nostra presenza nelle giunte di centrosinistra a partire dalle Regioni e dalle
grandi città, che ci vedono di fatto cogestori subalterni di politiche
liberiste. Ma soprattutto è una proposta oggi rivolta all'insieme del movimento
operaio perché rompa col Centro liberale e sviluppi la propria mobilitazione
indipendente attorno a una propria piattaforma di classe unificante (vertenza
generale), come terreno di opposizione radicale e di massa al nuovo governo
delle destre per la sua cacciata. Con la consapevolezza, rafforzata dalla stessa
memoria del '94, che il fine non può essere -come viene proposto- la semplice
crescita del movimento ma il suo sbocco anticapitalistico: ciò che rimanda alla
piattaforma del movimento, quindi alla sua direzione, quindi alla nostra
responsabilità di indicazione e proposta come fattore di egemonia alternativa.
Peraltro: se si lancia il messaggio dell'apertura ai movimenti (in sé
giustissima) nel mentre si attacca la concezione stessa del partito di
avanguardia e si teorizza che l'obiettivo politico del movimento dov'essere la
crescita del movimento stesso, la risultante obiettiva si riduce a un
interrogativo semplice: perché allora un partito comunista? Invece tanto più
oggi è essenziale rifondare la ragione profonda del partito nella concezione
leninista e gramsciana, come strumento di egemonia. Perché tanto più oggi la
ripresa dei movimenti della giovane generazione, dopo una lunga cesura storica
col marxismo, sottolinea l'esigenza di ricostruire, nei movimenti, memoria e
coscienza. Perché tanto più oggi lo spazio storico nuovo che si libera a
sinistra, nella stessa situazione italiana, con la ripresa dei movimenti e la
deriva Ds, accresce la responsabilità del nostro partito come possibile
direzione alternativa di più ampi settori di massa, valorizzando così la sua
necessaria funzione di avanguardia.
Come dunque è evidente i temi
dell'impostazione strategica, della linea politica, del ruolo del partito si
tengono insieme e richiamano la responsabilità di una proposta complessiva.
Entro un dibattito congressuale che pone a confronto non "partitisti" e
"movimentisti", "innovatori" e "conservatori", ma due proposte strategiche
alternative: una proposta neoriformista, sostenuta dall'insieme della segreteria
nazionale (seppure da angolazioni culturali diverse) e una proposta
rivoluzionaria.