di Marco Ferrando
Tre situazioni che ho visto in questi giorni a Buenos Aires, spaccato eloquente della complessità e della potenzialità del momento.
Prima situazione
Il coordinamento nazionale del Movimento piquetero dibatte un problema
essenziale: come sviluppare l'inserimento attivo del movimento nella sollevazione
popolare,come favorire lo sbocco di classe della sollevazione? Il movimento
piquetero è una realtà di massa in Argentina. E' composta
da decine di migliaia di lavoratori di aziende in crisi, di lavoratori
precari, di disoccupati. E' organizzato democraticamente su scala nazionale
attraverso strutture di delegati eletti dalle realtà territoriali.
Ha animato per un anno mobilitazioni massicce e radicali in tutta l'Argentina,
allargando le proprie basi sociali. Le stesse forme d'azione della classe
media e di ampi strati popolari sono state mutuate di fatto (a partire
dal blocco delle strade) dal movimento piquetero. Ma proprio per questo
il problema ora del movimento è come esercitare sino in fondo il
suo naturale ruolo di battistrada. D'Elia, massimo rappresentante del sindacato,
invita il movimento ad attendere una chiarificazione della situazione politica
perché «per trattare occorre avere un governo saldo».
La sua proposta è di rinviare la terza Assemblea nazionale piquetera,
già convocata per i primi di febbraio, a fine marzo. Non tutti sono
d'accordo, carne i delegati del "Polo Obrero".
Seconda situazione
Alle 11 del mattino del 3 gennaio davanti al palazzo della municipalità
di Buenos Aires si concentra una grande manifestazione di dipendenti comunali.
La giunta comunale di centrosinistra, guidata, da Ibarra (Frepaso),
ha deciso, in "mancanza di fondi" di pagare gli stipendi dei lavoratori
in "buoni”, così come cerca di fare il governo della provincia.
La conseguenza è chiara: un colpo pesante al già misero salaria.
La richiesta è perentoria: il ritiro del provvedimento. L'argomento
è altrettanto chiaro: «La crisi la paghino i banchieri, non
i lavoratori>>. Mentre la consigliera di Izquierda Unida promette una soluzione
di compromesso (metà stipendio in pesos, il resto in buoni), il
consigliere del Partito Obrero, J. Altamira sostiene l'intransigenza dei
lavoratori. A Buenos Aires, i lavoratori della telefonia, prima licenziati
e poi riassunti a seguito di un importante lotta sindacale, rifiutano la
pretesa dell'azienda di realizzare il loro salario.
Terza situazione
L'attacco militare delle squadre peroniste (i "pacotas") alla manifestazione
della sinistra del 1° gennaio ha prodotto un serio allarme e ha aperto
una riflessione nell'avanguardia politica e sindacale. L'analisi è
comune. Duhalde rappresenta il peronismo più militante, capace di
mobilitare in funzione antioperaia settori sottoproletari della popolazione
di periferia, più o meno comprati o ricattati. La crisi congiunta
della polizia e del consenso sociale spingerà Duhalde a mettere
in campo, selettivamente, una presenza extracostituzionale di provocazione.
E non è uno scherzo. L'attacco del 1° gennaio è stato
condotto a freddo, con colli di bottiglia, pietre e bastoni, con l'obiettivo
preciso di sciogliere la manifestazione di sinistra. Fortunatamente l'attacco
squadrista ha trovato una risposta inequivoca. L'intera sinistra argentina
ha difeso il diritto di manifestare con un servizio d'ordine unitario,
preparato all'evenienza, adeguatamente equipaggiato. Il fatto che i 200
squadristi peronisti siano stati costretti alla fuga riempie d'orgoglio
tutti. Perché “è la prima volta che il peronismo perde in
un confronto di piazza”. Ma la preoccupazione comune è forte: se
i peronisti passeranno ad attaccare "militarmente" anche le manifestazioni
del movimento, come rispondere? La questione è stata apertamente
affrontata dalla riunione dei Piqueteros di Buenos Aires. E la decisione
è responsabile e obbligata: perché è impensabile affidare
la difesa della democrazia alla polizia argentina, occorre preparare, organizzativamente,
la difesa attiva delle manifestazioni piquetere. A partire dalla capitale.
Tutto qui è terribilmente serio.