di Marco Ferrando
II pomeriggio del 31 dicembre nel "barrio" della Florista ho visto dispiegarsi
un enorme corteo di popolo, guidato dai familiari dei tre giovani ultimamente
assassinati a freddo da un poliziotto: impressionante non è solo
la consistenza della manifestazione, ma la sua composizione giovanile.
I giovani di Buenos Aires hanno vissuto l'assassinio di Max, Cristian,
Adrian, come l'azione di guerra dello Stato alla propria generazione. Quei
giovani non si mobilitano contro il "corralito", anche perché non
hanno nulla in banca da ritirare. Si mobilitano contro lo Stato, chiedono
ad alta voce non solo la punizione dell'assassino ma lo scioglimento della
polizia, a partire dalla famigerata squadra "43" cui appartiene il poliziotto
in questione. "Sin Militares, sin politicia, vamos a vivir meor": scandito
da decine di migliaia di giovani, e accompagnato da un visibile consenso
popolare ai lati del corteo, questo slogan rimbalza in questi giorni in
tutte le manifestazioni popolari. E' il riflesso migliore, sul versante
della mobilitazione, di una crisi di regime che va ben al di là
di una ordinaria crisi politica. Ma ciò che più direttamente
misura la continuità e radicalità della mobilitazione di
massa si è prodotto nella notte di martedì. Duahlde non aveva
ancora terminato il proprio discorso di insediamento che nelle strade di
Buenos Aires riprendeva il fenomeno del "Cacerolazo". In ogni angolo di
barrio si aggregano prima centinaia, poi migliaia di manifestanti in un
assordante frastuono di pentole che durerà sino alle cinque del
mattino: e progressivamente, in una festosa e caotica esultanza collettiva
si avvia un gigantesco corteo popolare che ricompone in un unico fiume
i focolai dei diversi barrios e si dirige in centrocittà verso i
palazzi del potere. Un popolo povero di tutte le età, ma a maggioranza
di giovani e di donne, ha voluto così salutare il nuovo governo.
Colpisce che in piena notte l'assordante corteo sia accompagnato dai balconi
con un applauso corale. In realtà la sollevazione popolare è
trascinata in avanti non solo dalla continuità irrisolta della crisi
sociale e di regime, ma dal suo stesso successo. Non è un caso che
di fronte alla Casa Rosada, alle 3 del mattino, non meno di 50mila
persone vogliono celebrare, con un ironico "minuto di silenzio" il defunto
governo Duhalde. Due governi cacciati in pochi giorni a furor di popolo
producono una sensazione di forza collettiva che nell'immediato, sarà
difficile domare.
Quale direzione, quale progetto per questa enorme rivolta di popolo?
Quale sbocco dare alla crisi rivoluzionaria d'Argentina? E' questo il tema
che ora dibatte l'intera sinistra argentina, a partire dai suoi stati maggiori.
Nella sede centrale del Partito Obrero si è svolto un primo incontro
unitario tra le segreterie politiche nazionali delle diverse forze della
sinistra argentina, dopo la dichiarazione comune del 22 dicembre (riprodotta
in sintesi da "Liberazione" del 23 dicembre). “Rifiuto del debito estero,
nazionalizzazione delle banche e delle grandi imprese, governo operaio
e popolar”. Sono queste le rivendicazioni centrali formalmente accolte,
su proposta del Po dalla dichiarazione comune del grosso della sinistra
argentina. Ma quale significato attribuire loro e in quale prospettiva
politica investirle nel concreto contesto prodottosi? Su questo la discussione
registra posizioni diverse, riflesso di impostazioni strategiche differenti.
Izquierda Unida (che raccoglie Mst e Pc argentino) propone di assumere
la dichiarazione del 22 dicembre come base di riferimento per una comune
(eventuale) campagna elettorale attorno alle candidature di Iu. Diversa
è la proposta del Po e, attorno ad esso, della maggioranza delle
organizzazioni presenti (Mas, Pts, Fos): che rivendicano la centralità
dell'autorganizzazione di massa, la costruzione dell'egemonia della classe
operaia e dei piqueteros nella rivolta popolare, lo sviluppo e il coordinamento
delle nascenti assemblee popolari, a partire da Buenos Aires e Cordoba,
nella prospettiva del dualismo di potere e di una rottura rivoluzionaria.
La proposta avanzata dal Po è concreta: fare della terza Assemblea
nazionale di massa dei delegati piqueteros l'asse centrale di raggruppamento
e il volano di Sviluppo di un potere di classe alternativo. Il solo, afferma
il Po, che può realizzare un'uscita anticapitalista dalla crisi.
La discussione riprenderà nelI'immediato e ne vedremo gli esiti.
Ma già si può dire che in Argentina la parola rivoluzione
non è un gioco, per nessuna delle forze in campo.