La lotta al liberismo senza la lotta al capitalismo è un'illusione

PER UNA TENDENZA RIVOLUZIONARIA
NEL MOVIMENTO ANTIGLOBALIZZAZIONE


Il movimento antiliberista internazionale è un fatto di grande valore politico: esso ha dimostrato e dimostra che le grandi potenze del pianeta e il loro ordine possono essere contestati da settori crescenti delle giovani generazioni del mondo. Che tutte le ragioni sociali, ambientali umanitarie e "di pace" colpite frontalmente dalle politiche dominanti possono rivolgersi unitariamente contro quelle politiche su scala internazionale.

Ma quanto più è larga l'unità del movimento tanto più aperto dev'essere al suo interno il confronto sulle posizioni e le prospettive. L'unità non è unanimismo e l'unanimismo è anzi nemico dell'unità. In questo senso alla vigilia dell'importante mobilitazione a Genova contro il G8 sentiamo l'esigenza di avanzare una proposta programmatica dichiaratamente alternativa ad altre impostazioni. Una proposta programmatica marxista e rivoluzionaria che vogliamo impugnare non certo come leva di "separazione" ma come asse di aperta e leale battaglia politica e culturale nel movimento. Una proposta che qui richiamiamo nei suoi punti fondanti.

1) Respingiamo una rappresentazione astratta e mitologica della "globalizzazione". La globalizzazione che noi combattiamo non è né la dimensione mondiale dell'economia né un'entità "metafisica". E' il capitalismo internazionale entro il processo storico della ricomposizione capitalistica dell'unità del mondo dispiegatasi dopo l'89. Imperialismo non è termine ideologico o invecchiato. E' il dominio del capitale sulla società internazionale che oggi ripropone in forme nuove i suoi tratti storici (parassitismo finanziario, concentrazioni monopolistiche, saccheggio dei Paesi poveri, militarismo) ma anche le sue contraddizioni insolubili: prima fra queste la lotta tra le grandi potenze per la spartizione del pianeta, ripresa su larga scala dopo il crollo dell'URSS e dello stalinismo. Il movimento deve riconoscere con chiarezza nell'imperialismo il proprio avversario e ciò significa assumere come avversario ogni potenza imperialistica: non solo l'imperialismo americano ma anche l'imperialismo europeo, le sue multinazionali, le sue banche, i suoi governi, siano essi di centrodestra, di centrosinistra, o socialdemocratici. Ed anzi, in Europa, la lotta contro l'imperialismo di "casa nostra" è un dovere centrale del movimento e la condizione stessa della sua piena autonomia politica. In questo senso dissentiamo dalla pretesa utopica di un' "Europa sociale e democratica" entro l'attuale quadro imperialistico. Questa rivendicazione rischia di avallare nei fatti l'imperialismo europeo con la speranza illusoria di una sua "riforma". All'opposto la denuncia dell'imperialismo europeo ed italiano, delle sue politiche di saccheggio coloniale nella penisola balcanica, delle sue politiche reazionarie contro l'immigrazione, del suo crescente militarismo, deve coniugarsi alla rivendicazione di un'alternativa di società e di potere su scala continentale fuori da qualsiasi logica di pressione sulla socialdemocrazia e sulle istituzioni di questa Europa.

2) Larga parte della direzione attuale, politica e intellettuale, del movimento promuove una piattaforma antiliberista, ma non anticapitalistica. Consideriamo profondamente errata questa impostazione. Il liberismo non è una "cattiva politica" del capitale rimpiazzabile con una politica "buona" del capitalismo medesimo. Il liberismo è una manifestazione naturale del capitalismo nelle stagione storica della sua crisi e del crollo di ogni contrappeso internazionale. Una lotta al liberismo senza una lotta al capitalismo è una frase vuota e un inganno.
La rivendicazione di un capitalismo "equo" (di un commercio "equo", di una finanza "equa") è solo il recupero di una vecchia utopia, sempre fallita e tanto più inverosimile nell'epoca attuale dell'imperialismo. Il sogno di un capitale imbrigliato da una rete di regole democratiche, come vorrebbe Lilliput, è appunto la fiaba di Gulliver. Nella sua traduzione concreta questa impostazione si riduce per lo più a rivendicare o semplici misure di razionalizzazione antispeculativa (come una "Tobin Tax" tanto innocua da essere stata inventata da un consulente liberale di Kennedy e da essere votata dal parlamento anti-operaio del Canada); o una riforma del WTO, della Banca Mondiale, dell'ONU (che è un po' come richiedere a un covo di briganti e rapinatori del pianeta di modificare lo statuto del proprio club); o una cosiddetta economia "extramercantile" (v. terzo settore) che in realtà si integra nelle stesse politiche liberiste come espressione della privatizzazione dello stato sociale e, spesso, come luogo di precariato e supersfruttamento.
Questa intera impostazione va capovolta. Non si tratta di chiedere al capitale di essere sociale democratico ambientalista e pacifico. Si tratta di impugnare ogni rivendicazione di classe democratica, ambientalista, di "pace" conto il capitale per il suo rovesciamento. Solo il rovesciamento del capitalismo può liberare un futuro di progresso per l'umanità con l'uso razionale, al servizio degli uomini, delle grandi scoperte della scienza e della tecnica. E viceversa senza il rovesciamento del capitalismo l'intera umanità è destinata ad una autentica regressione di civiltà, già oggi delineata dall'accrescersi della miseria sociale e dello sfruttamento, dalla precipitazione del degrado ambientale, dal cupo riproporsi delle piaghe antiche del razzismo, della xenofobia, del militarismo. Per questo proponiamo nel movimento antiliberista una chiara prospettiva socialista.

3) La questione della proprietà è la grande questione rimossa nella riflessione ed elaborazione del movimento. Noi invece crediamo vada posta come questione strategicamente decisiva. E non per pregiudizio "ideologico" ma per la ragione esattamente opposta: per una principio di coerenza con le ragioni e le istanze che già oggi il movimento pone. Tutte le rivendicazioni che il movimento pone riconducono di fatto, obiettivamente, al tema della proprietà. La lotta per la difesa e l'espansione dei diritti sindacali e sociali in tema di lavoro, sanità, pensioni riconduce al nodo delle compatibilità capitalistiche imposte dall'interesse della proprietà e dalla concorrenza internazionale. La rivendicazione del controllo e della qualità dei cibi entra in collisione con l'interesse del mastodontico complesso agroalimentare e la sua fame di profitto. La lotta internazionale alla piaga dell'AIDS riconduce alla proprietà dei colossi farmaceutici e alle loro ciniche speculazioni. La lotta per il rispetto degli equilibri ambientali, a partire dalla drastica riconversione delle produzioni inquinanti, richiama il nodo del potere proprietario del capitale su interi settori produttivi. La lotta contro il militarismo confligge con gli interessi dell'industria militare e della lobby da essa controllata…
Pensare di "educare" questa proprietà a politiche sociali e umanitarie significa condannare all'impotenza le istanze più profonde del movimento antiliberista. Il movimento può e deve assumere, invece, su scala internazionale, una rivendicazione radicale e coerente: la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori e delle lavoratrici delle industrie che licenziano, che inquinano, che affamano. Da subito la rivendicazione dell'esproprio dell'industria farmaceutica, dell'industria militare, dell'industria agroalimentare può acquistare un vasto consenso di massa su scala mondiale. E può esemplificare, in senso popolare, il significato stesso di una proposta socialista.

4) Larga parte della direzione attuale del movimento fonda le proprie convinzioni sull'idea del fallimento del socialismo e, in ogni caso, della sua inattualità. Noi consideriamo questa posizione un cedimento grave alle culture liberali che hanno attraversato l'ultimo decennio. Ciò che è fallito nell'URSS non è il socialismo, ma lo stalinismo. Ciò che è fallito non è la pianificazione dell'economia che anzi ha garantito a quelle popolazioni grandi conquiste sociali oggi cancellate dalla restaurazione capitalistica. E' fallita una casta burocratica e parassitaria che prima ha espropriato le masse lavoratrici di ogni potere democratico, di ogni ruolo di gestione e di controllo sull'economia pianificata e che poi ha gestito contro i lavoratori la stessa restaurazione del capitalismo con la relativa trasformazione dei vecchi burocrati nei nuovi capitalisti rampanti e "liberisti". Riscattare la prospettiva socialista dalla tragedia dello stalinismo; rilanciare la prospettiva socialista come prospettiva di liberazione dell'umanità è un compito importante della nuova generazione antiliberista.
Del resto tutte le ragioni di fondo del movimento antiliberista riconducono in ultima analisi ad una necessità di fondo: riconsegnare all'umanità il potere di decidere delle ricchezze che essa stessa produce, del proprio rapporto con l'ambiente e con la vita. Cosa c'è oggi di più irrazionale e disumano di un sistema economico e sociale in cui la guerra o una crescita dei disoccupati più determinare l'euforia delle borse e, viceversa, la fine di una guerra e l'aumento dell'occupazione può causare la loro depressione? Cosa vi è di più irrazionale di un sistema economico in cui la crescita della povertà (recessione e disoccupazione) viene determinata da un eccesso di ricchezza prodotta (sovrapproduzione)? Cosa vi è di più ipocrita di una celebrata "democrazia" internazionale in cui un pugno di duecento colossi multinazionali in lotta per il controllo dell'economia del mondo concentra nelle proprie mani un potere incontrollato e incontrollabile?
Solo una rivoluzione socialista può cancellare queste autentiche mostruosità. Solo spezzando il potere dei colossi capitalisti, solo riconducendo i mezzi di produzione e di riproduzione della vita alla proprietà sociale, è possibile creare le condizioni di una programmazione democratica dell'economia del mondo che ne ridefinisca radicalmente le priorità in base alla volontà e alle urgenze della larga maggioranza dell'umanità. E solo la conquista del potere politico da parte delle classi oppresse, con la costruzione del proprio potere e della propria democrazia, può liberare la via della trasformazione socialista delle relazioni sociali.

5) In significativi settori del movimento è diffusa l'idea del tramonto della classe operaia e della lotta di classe come leva centrale della trasformazione. Questa concezione ci pare totalmente infondata nell'analisi e radicalmente deviante nelle sue implicazioni politiche: ed anzi costituisce una forma di resa culturale all'ideologia borghese dominante e alle sue campagne mistificatrici. Il lavoro salariato, lungi dall'essere "scomparso" è in piena espansione a livello mondiale. La stessa classe operaia dell'industria, se ha subito una contrazione in alcuni Paesi imperialisti, conosce una nuova grande concentrazione massificata in larga parte dei Paesi dipendenti. E' vero: la classe operaia internazionale ha subito sconfitte pesanti negli anni 80 e 90 per responsabilità preminente delle sue rappresentanze politiche e sindacali. Ma la crisi capitalistica non consente alle classi dominanti di conquistare il consenso attivo delle sue vittime sociali. Il capitale domina, ma non convince. Il suo potere si rafforza, la sua egemonia si riduce.
E così già oggi, pur in un quadro difficile, si moltiplicano in numerosi Paesi di tutti i continenti i sintomi di ripresa e disgelo della lotta di classe. Dall'Europa agli USA, dall'Argentina alla Corea, una nuova generazione di lavoratori, in forme diverse, tende ad affacciarsi alla lotta di massa. Non c'è futuro per il movimento antiliberista, e le sue istanze di trasformazione, fuori da una ricerca e prospettiva di incontro con queste nuove generazioni della classe operaia internazionale. In forme diverse le esperienze di Seattle e di Nizza ci dicono che questo incontro è necessario, possibile, fecondo. Ma esso va ovunque ricercato e promosso in modo sistematico e su un terreno conseguente: collegando obiettivi e rivendicazioni comuni, sul piano immediato, ad una comune prospettiva anticapitalistica e socialista. Questa comune prospettiva non si produce spontaneamente. Essa richiede un lavoro organizzato in ogni Paese e su scala mondiale, nella classe lavoratrice e nella sua avanguardia, capace di ricostruire, nelle lotte, una coscienza politica rivoluzionaria e una nuova direzione politica del movimento di classe: senza la quale, come l'esperienza insegna, anche le più grandi esplosioni di movimento sono destinate, in un modo o nell'altro, alla sconfitta.
Per questo il processo di rifondazione di un'internazionale comunista e rivoluzionaria che raggruppi il settore più cosciente della classe operaia mondiale non è questione "separata" dalle ragioni che il movimento antiliberista esprime: è anzi questione centrale posta da quelle stesse ragioni. Al capitale globale va contrapposto il partito globale dei lavoratori, delle lavoratrici, dei giovani rivoluzionari del mondo intero. Certo: il processo di rifondazione di questo partito mondiale non sarà né lineare né semplice. Ma la sua costruzione, in ogni Paese, è più attuale che mai. Se non ora, quando?

Sono questi dunque gli assi di fondo che vediamo centrali per la piattaforma programmatica di una sinistra rivoluzionaria del movimento antiliberista. Facciamo appello a tutti i compagni del movimento che condividono l'indirizzo di questa proposta perché ci segnalino la loro adesione e le loro osservazioni, in preparazione di un incontro a Genova, in occasione delle manifestazioni anti-G8, che possa rappresentare un momento di presentazione pubblica, ed anche ulteriore elaborazione ed articolazione, di questa piattaforma.

primi firmatari:
Marco Veruggio (Camera del lavoro precario, Genova) - Alberto Madoglio (Esecutivo Naz. Giovani Comunisti, Cremona) - Bruno Manganaro (Direttivo nazionale CGIL, Genova) - Vincenzo Carpineti (Comitato di lotta Goodyear, Latina) - Maurizio Freschi (ex Rsu Zanussi, Treviso) - Tonino Innocenti (Rsu Fiat Melfi, Potenza) - Annamaria Sicilia (Cgil Disoccupati, Cosenza) - Anna Ceprano (La Comune, Napoli) - Franco Fuselli (Associazione Italia-Nicaragua, Genova) - Roberto Vallepiano (Centro sociale La Scintilla, Ventimiglia) - Piero Acquilino (Comitato centrale FIOM, Genova) - Pietro Milazzo (Direttivo naz. CGIL, Palermo) - Filippo Sutera (Coordinatore reg. CUB Sicilia) - Ermanno Lorenzoni (Coordinatore reg. Cobas-Slai Ferrovieri Emilia Romagna) - Roberto Laudini (Coord. naz. RDB Settore Difesa, Messina) - Massimiliano Meloni (Coord. naz. Giovani Comunisti, Cagliari) - Peppe D'Alesio (Coord. naz. Giovani Comunisti, Napoli)