Lo scorso
congresso del partito ha ratificato con una maggioranza inferiore al 60% la
prospettiva dell’alleanza con l’Ulivo nell’Unione.
Tuttavia
non si erano determinati gli assi di natura politica per la realizzazione di
tale alleanza, rimandando il tutto ad un periodo successivo e anche ad una
verifica di massa di posizioni differenti (“primarie di programma”), che non si
è realizzato.
Questo
conforta la necessità della verifica democratica suindicata.
Pertanto
Marco
Ferrando
Franco
Grisolia.
La politica di Prodi consente la
tenuta di Berlusconi
Il voto
del 9-10 aprile rivela da un lato la crisi del berlusconismo, dall’altro
l’incapacità dell’Unione a capitalizzarla, in ragione delle sue basi di classe.
Un’alleanza col centro dell’Unione e quindi col grande capitale finanziario che
lo sostiene si è rivelata incapace di approfondire le contraddizioni del blocco
sociale delle destre, in particolare sul versante popolare ed anzi ha fornito a
Berlusconi uno spazio di reale recupero attraverso l’arma della demagogia
populista. L’abbraccio di Prodi ai vertici di Confindustria a Vicenza, la
gestione difensiva e confusa da parte sua sul tema fiscale, indotta dalla
volontà di regalare 10 miliardi di euro a Confindustria senza poter spiegare la
fonte di prelievo, hanno consentito alle destre una insperata rimonta, seppure parziale, presso
settori allarmati di piccola borghesia e di popolo.
Oggi il
programma annunciato dal centro dell’Unione imperniato sul rilancio del
risanamento finanziario dei conti pubblici, nel nome dell’emergenza e dei
parametri di Maastritch, rischia di fornire a Berlusconi un nuovo terreno di
offensiva demagogica e di rilancio, tanto più nel quadro dei precari rapporti
di forza oggi esistenti tra le coalizioni.
La campagna elettorale conferma
l’inconciliabilità tra le ragioni dei poteri forti e le ragioni dei lavoratori
In ogni
caso il programma di governo dell’Unione nella stessa traduzione che ne è stata
data durante la campagna elettorale dai suoi massimi esponenti liberali, è in
totale contraddizione con le esigenze dei lavoratori e con le domande di svolta
prodotte dai movimenti di lotta di questi anni. Le disponibilità espresse da
Prodi, in fatto di politica estera, attorno ad un possibile attacco militare all’Iran
con egida ONU assieme all’aperto sostegno da parte di Rutelli allo stato
sionista di Israele, proprio nel momento dell’attacco di Gerico e del rilancio
della sua offensiva terroristica. La volontà espressa da parte di Prodi ,
Rutelli e Fassino di preservare la legge 30 con limitati ritocchi e maquillage
e di difendere pienamente il pacchetto Treu; la centralità già richiamata del
contenimento della spesa pubblica e quindi di taglio dello stato sociale, oggi
rilanciata in termini pressanti dal capitale finanziario e ripresa da Prodi,
confermano una volta di più il carattere antioperaio e antipopolare del centro
dell’Unione e del costituendo governo da questo diretto.
La subordinazione al centro
liberale costringe le sinistre in un vicolo cieco
Le
sinistre italiane non possono subordinarsi a questo programma e a questo
governo. La coalizione subalterna delle sinistre al centro ha già rivelato in
questi anni tutti i suoi effetti negativi. In primo luogo ha significato una
politica di contenimento e dispersione della stagione dei movimenti del
2001-2003, privati di una piattaforma unificante e di uno sbocco di lotta, a
tutto vantaggio della sopravvivenza di Berlusconi.
In
secondo luogo si è tradotto in una subordinazione silenziosa alla gestione
liberale del confronto con Berlusconi: subordinazione a Prodi quale emblema di
Maastricth e dell’euro; subordinazione al suo programma; subordinazione alla
sua gestione della campagna elettorale ( incluso il taglio del “cuneo fiscale”
e la politica estera) senza il più timido accenno di contrasto e di esplicita
differenziazione. Col risultato di corresponsabilizzarsi ad una condotta che ha
consentito la tenuta politica del berlusconismo, nonostante la crisi del suo
blocco sociale.
Oggi il
completamento di questo percorso con il coinvolgimento diretto delle sinistre
in un governo sostenuto dalla grande industria e dalle banche significherebbe
non solo la subordinazione ad un disegno di rilancio della concertazione
attorno ad un programma di sacrifici, ma per ciò stesso, come l’esperienza
insegna, un fattore di tenuta del blocco sociale delle destre e di possibile
rivincita politica di Berlusconi. Per di più in un quadro di quotidiana
ricattabilità da parte dl centro liberale favorita dai ristretti numeri
parlamentari.
Per un polo di classe
indipendente. La lezione della vittoria francese
Le
sinistre italiane debbono allora segnare una svolta di fondo. Debbono sottrarsi
al gioco bipolare e al suo ricatto. Debbono riscattarsi dalla subordinazione al
centro e unire le proprie forze attorno ad un programma di mobilitazione
indipendente dei lavoratori e delle masse popolari. Un programma che parta
dalle necessità sociali più urgenti (aumento dei salari, abolizione della legge
30 e del pacchetto Treu, salario sociale ai disoccupati, nazionalizzazione
delle aziende in crisi e delle banche) per ricondurle ad una prospettiva di
alternativa anticapitalistica. Una alternativa basata sulla forza autonoma
delle masse lavoratrici e sul loro potere. I fatti dimostrano che non c’è soluzione
della crisi sociale se non attraverso la messa in discussione dell’ordine
capitalistico, e che ogni corresponsabilità di governo con i partiti dei
capitalisti implica la cogestione di politiche controriformatrici, a tutto
vantaggio del padronato e delle stesse destre.
Per
altro la straordinaria vittoria della rivolta sociale dei giovani e dei
lavoratori francesi contro il governo delle destre e le sue misure di
precarizzazione (a fronte di un programma di governo dell’Unione che difende il
pacchetto Treu, già varato dal centrosinistra con il voto favorevole del nostro
partito) dimostra che una opposizione radicale di massa non è solo l’unica via
per un’alternativa di società, ma è anche l’unico mezzo per strappare risultati
concreti e parziali. E che invece le coalizioni di governo con i liberali
garantiscono risultati solo agli avversari dei lavoratori.
Per una verifica democratica nel
partito. Una opposizione di sinistra non può essere sciolta.
In
questo contesto generale il nostro stesso partito è chiamato ad una svolta. Al
di là del nostro risultato elettorale (positivo al senato, negativo alla
camera) si impone una reale verifica democratica presso il corpo militante del
partito circa il giudizio sul programma dell’Unione e la collocazione di classe
del PRC nel nuovo scenario che si è prodotto.
Una
opposizione di sinistra in Italia non può essere sciolta. Tantomeno può essere
sciolta dentro la costituente di una sinistra europea chiamata di fatto ad
assorbire e dissolvere, sullo stesso terreno organizzativo e simbolico,
l’autonomia formale dei comunisti entro una sorta di rifondazione
socialdemocratica.
Franco
Grisolia