Cari
compagni e compagne, qui di seguito i documenti da noi presentati all'ultimo
Cpn del Prc.
Vi invitiamo a considerare con particolare attenzione il testo della
dichiarazione dei nostri sette compagni (ovviamente solo letta e non posta ai
voti). La dichiarazione al Cpn nella sua parte finale indica con chiarezza il
passaggio politico in cui ci troviamo. Alcuni giornali, in particolare Il
Manifesto ed il Corriere della Sera, estremizzando il contenuto di alcune
dichiarazioni di Marco Ferrando, interpretavano come già avvenuta la sua e
nostra uscita dal Prc. Non è così. Non abbiamo dichiarato l'abbandono del Prc,
ma esattamente di: "(.) promuovere una vasta consultazione tra tutti i
militanti critici del partito.e nelle sue strutture per discutere.una nuova
prospettiva dei comunisti".
In altre parole si tratta di discutere con chiarezza, ma senza ultimatismi, ad
ogni livello politico possibile la prospettiva del processo costitutivo di un
nuovo movimento politico, utilizzando a tale scopo i documenti presentati al
Cpn del Prc, in primo luogo la mozione finale.
Di seguito trovate la dichiarazione e l'ordine del giorno presentato dai
compagni di Progetto Comunista - sinistra del Prc. In allegato, in formato .rtf
esente da virus, il testo della mozione finale.
Buona lettura
Ordine
del giorno presentato al Cpn del 22-23/4/06
Il Comitato Politico Nazionale del PRC ritiene necessario che la decisione di
sottoscrivere il programma dell'Unione e di entrare nel suo prossimo governo
debba essere sottoposta ad una verifica democratica dell'insieme degli/lle
iscritti/e.
Lo scorso congresso del partito ha ratificato con una maggioranza inferiore al
60% la prospettiva dell'alleanza con l'Ulivo nell'Unione.
Tuttavia non si erano determinati gli assi di natura politica per la
realizzazione di tale alleanza, rimandando il tutto ad un periodo successivo e
anche ad una verifica di massa di posizioni differenti ("primarie di
programma"), che non si è realizzato.
Questo conforta la necessità della verifica democratica suindicata.
Pertanto il CPN decide di realizzare nel corso delle prossime
settimane una conferenza nazionale per delegati, a norma dello
statuto del partito, avente potere deliberante , sul rapporto tra il nostro
partito e l'Unione, il suo programma e il suo governo.
Marco Ferrando
Franco Grisolia
Dichiarazione
al CPN 22-23/4/06
Il rifiuto di una verifica democratica presso il corpo del partito sul
programma dell'Unione e sul rapporto con il futuro governo, rappresenta un fatto
di enorme gravità, tanto più in presenza di una scelta di ingresso organico nel
costituendo governo Prodi che sancirebbe una svolta storica per il PRC e lo
scioglimento di fatto di una opposizione di sinistra in Italia. E' incredibile
che scelte di questa portata riguardanti il nostro rapporto con i
lavoratori e i movimenti siano sottratte ad una verifica decisionale dei
militanti e degli iscritti attraverso una conferenza democratica per delegati.
Così come per la scelta di anticipare a giugno la cosiddetta Costituente della
Sezione Italiana della Sinistra Europea; che avvierebbe la dissoluzione
dell'autonomia formale dei comunisti entro un soggetto politico nuovo di tipo
socialdemocratico.
Noi non subiremo passivamente queste scelte, proprio per il rispetto profondo
che portiamo verso quel patrimonio di speranze, energie, generosità che il PRC
come forza di opposizione ha raccolto attorno a sé in tanti anni. Non
accetteremo che questo patrimonio venga liquidato di fatto nell'abbraccio di
governo con gli avversari dei lavoratori, dei movimenti e delle loro lotte,
senza neppure consentire ai militanti e agli iscritti potere decisionale sul
proprio futuro.
Nessun congresso si è mai pronunciato su questo programma
dell'Unione, sull ' "alleanza leale con gli Stati
Uniti", sulla non abrogazione della legge 30, sul "presidio
dell'alternanza" come base di una futura vaga e improbabile
"alternativa". La scelta di entrare nel governo Prodi sulla base di
questo programma e di blindare la presenza di governo con
Ma soprattutto non vogliamo avallare una scelta nefasta per le ragioni dei
lavoratori e dei movimenti. Non possiamo avallare la scomparsa di una
opposizione politica di sinistra ad un governo dominato dagli interessi della
grande industria e delle banche. Non possiamo contribuire a privare movimenti e
reazioni di lotta di un punto un di riferimento politico indipendente. Non
possiamo contribuire a lasciare a Berlusconi e alle peggiori destre il
monopolio dell'opposizione , con effetti potenzialmente devastanti. Più in
generale non possiamo accettare che un partito nato come cuore
dell'opposizione e nel nome della Rifondazione Comunista finisca quindici anni
dopo in un governo della Confindustria e in nuovo soggetto politico non
comunista.
Per tutte queste ragioni promuoveremo nelle prossime settimane una vasta
consultazione tra tutti i militanti critici del partito ( a partire
dal 41 per cento di voti critici o di opposizione del VI congresso) e nelle sue
strutture per discutere sulla base più larga una nuova prospettiva
politica dei comunisti in Italia. con il varo, in connessione con l'effettiva
costituzione del nuovo governo, di un percorso costitutivo di un nuovo
movimento politico comunista e rivoluzionario. E' una discussione
che vogliamo aperta, al di là di ogni vecchio steccato di componente e
mozione a tutti coloro che vogliono difendere e rilanciare l'opposizione
di classe e una prospettiva anticapitalista..
Sulla base di tale discussione determineremo ovviamente
anche il nostro rapporto con il PRC.
Ivana Aglietti, Tiziano Bagarolo, Vito Risceglie, Marco Ferrando, Franco
Grisolia, Letizia Mancuso,
Michele
Terra
MOZIONE DI PROGETTO
COMUNISTA-SINISTRA DEL PRC
L’Unione preserva il blocco
sociale di Berlusconi
Il governo Berlusconi è stato
battuto dal voto del 9-10 aprile nel quadro della legge elettorale imposta dal
centrodestra. Ma il polo delle libertà mantiene intatto il suo blocco sociale
di riferimento, comprensivo di consistenti settori popolari e anche operai. Le
contraddizioni interne di quel blocco erano state approfondite dalla stagione
di movimenti del 2001-
Il secondo
governo Prodi, un nuovo governo dei sacrifici
Il governo dell’Unione che oggi
si annuncia, si presenta come governo delle classi dirigenti del paese,
fortemente ipotecato da interessi e
ragioni del grande capitale finanziario, italiano e europeo, in particolare
della grande industria esportatrice e delle prime cinque banche del paese.
Tutti questi poteri – parte integrante della costituzione materiale dell’Unione
- chiedono oggi a Prodi di onorare la cambiale. Chiedendo in particolare il
rispetto di quel risanamento finanziario dei conti pubblici che tutto il centro
dell’Unione ha assunto come promessa centrale delle classi dirigenti. Oltre a
quella nuova elargizione di risorse alla grande industria e alle grandi banche
che attraversa l’intero programma
economico dell’Unione: taglio del “cuneo fiscale”, riduzione fiscale su
investimenti tecnologici e fusioni, nuova ondata di liberalizzazioni e
privatizzazioni. Il combinarsi di queste richieste e di questi impegni ha una
sola risultante obbligata: una nuova stagione di tagli alla spesa pubblica, di
risparmio sulle pensioni, sulla sanità, sui trasferimenti pubblici agli enti
locali.
Tanto più in un quadro di
perdurante crisi economica, e in un contesto in cui lo stesso uso della leva
fiscale (tassazione delle rendite) - già di per se minimale - è stato
compromesso dallo scivolone dell’Unione in campagna elettorale ed è inibito
dalla forza del Polo. Peraltro l’annunciata presenza nei dicasteri economici
chiave del governo, dei massimi fiduciari della finanza capitalistica, interna
ed europea (Padoa Schioppa) già campioni delle politiche dei sacrifici, sono di
per sè una dichiarazione di programmatica inequivoca contro i lavoratori e le
masse popolari. Ogni eventuale concessione d’immagine – quale ad esempio la
cancellazione del lavoro a chiamata, che neppure i padroni utilizzano – sarà
solo la copertura di fummo di questa politica antipopolare.
Parallelamente la stessa
campagna elettorale ha rilevato la natura della politica estera del centro dell’Unione: dalle disponibilità
di Prodi a sostenere un intervento contro l’Iran che fosse suffragato dall’Onu
sino alla totale identificazione della politica israeliana e proprio nel
momento della ripresa dell’aggressione criminale del sionismo contro il popolo
palestinese (Gerico). Nei fatti l’intera politica estera dell’Unione si muove –
come recita testualmente il programma dell’Unione - dentro l’“alleanza leale
con gli Stati Uniti”, con la principale potenza capitalista e imperialistica
del mondo.
Il Prc ostaggio
di un governo della grande industria e delle banche
La subordinazione delle sinistre
e del Prc a questo quadro di governo è la subordinazione delle classi dirigenti
del paese. I ministri del Prc sarebbero ostaggio di un governo capitalistico e
complici delle sue politiche generali. La stessa forma offerta della Presidenza
della camera a Bertinotti ha l’unico fine di blindare il Prc nel governo e di
corresponzabilizzarlo alle sue politiche. Ogni compromesso interno all’Unione si
porrebbe all’interno del programma avversario. E’ oltre tutto proprio la
blindatura coatta della maggioranza di governo, a fronte dei precari margini
parlamentari e della pressione del Polo, esporrebbe il PRC e le sinistre a un
ricatto permanete da parte dei liberali e di Prodi. Lo stesso silenzio del
partito durante tutta la campagna elettorale e in queste stesse ore di fronte
agli annunci di politiche di rigore finanziario preparano il silenzio di
domani. L’accettazione del compromesso sulla legge 30 (cioè la rinuncia alla
sua abrogazione) e la subordinazione alla TAV a Torino sono i primi messaggi
rassicuranti all’Unione circa la lealtà governativa del Partito. Ma proprio la
lealtà dell’Unione si configura come un tradimento delle ragioni sociali dei movimenti
e di tante speranze che il partito ha raccolto anche nel voto. Nei fatti le
sinistre e il Prc si candidano alla classica funzione di una socialdemocrazia:
fare gli ammortizzatori sociali e politici delle misure controriformatrici dei
liberali. E’ una collocazione che non ha nulla a che vedere con le ragioni di
una rifondazione comunista.
Oltretutto questa
corresponsabilizzazione al governo dell’Unione è tanto più avventurosa nel
quadro dell’attuale fragilità degli equilibri parlamentari: le sinistre rischiano
di essere coinvolte nel “lavoro sporco” del risanamento finanziario per essere
poi scaricate, una volta spremute, a vantaggio di altre formule politiche.
Formule diverse di unità nazionale non sono affatto inibite dal governo
dell’Unione: ma possono capitalizzare in prospettiva la sua possibile crisi
anticipata, incassando al contempo il suo lavoro antioperaio.
In ogni caso il governo
dell’Unione è tutt’altro che un argine anti-Berlusconi. Al contrario proprio
per le sue basi di classe e i suoi programmi offre a un Berlusconi ancora in
piedi un ampio spazio di demagogia reazionaria populista contro l’alleanza tra
sinistra e Confindustria. Tanto più nel momento in cui la corresponsabilità
delle sinistre al governo regala a Berlusconi e alle peggiori destre il
monopolio dell’opposizione.
Il necessario
rilancio dell’opposizione di classe e la lezione della Francia
Progetto comunista-sinistra del
Prc vede confermate le proprie analisi e la propria proposta alternativa. La
linea di subordinazione delle sinistre al centro dell’Unione – portata avanti
in questi anni da i gruppi dirigenti di tutta la sinistra italiana - ha
ottenuto un solo risultato: contenere e disperdere le grandi potenzialità di
una stagione di lotta, a scapito di un’alternativa e a vantaggio di Berlusconi.
Oggi la continuità di quella linea strategica di centro sinistra – sino al
“presidio dell’alternanza” teorizzato oggi da Bertinotti - porta ad un
passaggio delle sinistre nel campo della borghesia italiana contro i lavoratori
e i movimenti di lotta.
E’ necessaria dunque una svolta
drastica di linea e di prospettiva.
E’ necessaria una sinistra che
rompa col centro dell’Unione e unisca nell’azione le proprie forze attorno ad
un programma di mobilitazione indipendente e che punti ad una soluzione operaia
ed anticapitalistica della crisi italiana: contro Confindustria, contro la
concertazione, contro un governo della Confindustria e della concertazione.
E’ necessaria una sinistra che
impugni le rivendicazioni sociali più pressanti – l’aumento generale dei
salari, l’abolizione della legge Treu e della legge 30, un vero salario sociale
ai disoccupati, la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio
delle industrie in crisi - lavorando in ogni movimento per l’unificazione del
fronte di lotta su basi di piena autonomia.
E’ necessaria una sinistra che
riconduca ogni obiettivo immediato di lotta ad una prospettiva di alternativa
anticapitalistica, basata sul potere dei lavoratori e delle lavoratrici: perché
solo la messa in discussione della proprietà privata della grande industria
delle banche, solo il controllo operaio popolare delle leve decisive
dell’economia, solo un’aperta prospettiva socialista può indicare
un’alternativa vera, reale, non illusoria, ai mali di una società borghese in
decadenza priva ormai di ogni capacità riformatrice. E viceversa ogni alleanza
di governo con i partiti della borghesia non solo non spiana la via
dell’alternativa, ma favorisce le rivincite della reazione.
Peraltro i fatti di Francia
hanno demolito una volta di più la predicazione ideologica secondo cui
l’opposizione di massa è testimonianza impotente e invece dal governo con i
liberali si possono ottenere risultati. La verità è esattamente opposta. In
Italia l’unione con i liberali ha preservato il blocco sociale delle destre e
prevede il mantenimento delle leggi di precarietà. In Francia una rivolta
sociale indipendente di milioni di giovani e lavoratori ha piegato in una lotta
a oltranza il governo delle destre, ottenendo l’abolizione della legge De
Villepin e per di più ha conquistato il consenso della grande maggioranza della
società francese disgregando il blocco reazionario. E’ una lezione generale:
solo da una base di autonomia e di opposizione, di dispiegamento dal basso
della propria forza è possibile strappare risultati parziali e riaprire il
varco di una vera alternativa. Ogni rinuncia all’autonomia e all’opposizione
regala risultati solo agli avversari dei lavoratori.
L’opposizione
comunista è irrinunciabile, ed ha bisogno di un partito
In ogni caso la svolta di
governo del Prc sul programma annunciato dall’Unione e la parallela
accelerazione della costituente della sezione italiana della Sinistra europea,
richiedono un’immediata e urgente verifica democratica e decisionale a tutto il
corpo del partito.
La portata di questa svolta ha
un carattere obiettivamente storico. Sancisce la dissoluzione di un’opposizione
di sinistra in Italia. Impegna il Prc in un governo per la prima volta nella
sua storia politica e per di più attorno a un patto di legislatura. Si combina
l’avvio della dissoluzione organizzativa e simbolica del Prc entro un “nuovo
soggetto” dichiaratamente non comunista e segnato da un profilo politico e
culturale socialdemocratico progressista.
Consideriamo distruttiva questa
scelta, per il Prc e per le sue ragioni, per le ragioni dei lavoratori e dei
movimenti. E, in ogni caso riteniamo inaccettabile la sottrazione di questa
scelta ad una verifica democratica presso tutti i compagni e le compagne del
Prc. Il programma dell’Unione e l’ingresso nel governo sulla base di questo
programma non sono stati oggetto di alcuna verifica democratica. Né nel Partito
né, nelle sedi di movimento. Le stesse “primarie di programma”, a suo tempo
annunciate, si sono rivelate un puro bluff. E’ dunque essenziale che i compagni
e le compagne possano oggi liberamente decidere in una conferenza democratica
dei delegati.
Un ingresso governativo del Prc
sull’attuale programma dell’Unione, per di più combinato col rifiuto di una
verifica democratica, sarebbe inaccettabile per una parte grande del partito,
al di là di ogni passato steccato congressuale. E imporrebbe un nuovo cammino
della rifondazione comunista.