LA DICHIARAZIONE DI GENOVA E L'APPELLO DI SAN PAOLO
Introduzione - La battaglia per l'Internazionale
La
lotta per una vera rifondazione comunista non può essere concepita in un quadro
esclusivamente nazionale.
Per
definizione il comunismo marxista è internazionale e questo non solo in
astratto ma in concreto, non su un piano “ideale” ma su quello
politico-organizzativo.
La
storia del movimento marxista dalla Lega dei comunisti (1847) in poi ne è la
prova vivente. La degenerazione riformista dello stalinismo ed il provincialismo
revisionista della “nuova sinistra” hanno cercato di nascondere questa verità
elementare ai militanti soggettivamente rivoluzionari delle generazioni
affacciatesi alla lotta in Italia dal dopoguerra ad oggi.
E
tuttavia non ci può essere politica comunista, marxista e rivoluzionaria che
non abbia dimensione politico-organizzativa internazionale.
L’internazionalismo
comunista
È
la realtà della lotta di classe — internazionale nella sostanza (come
insegnarono Marx ed Engels ben prima che teorici borghesi e piccolo-borghesi
scoprissero la “globalizzazione”) — e la praticabilità di una soluzione
socialista solo sul piano internazionale che impone questa necessità.
Internazionalista
è stato sempre il movimento comunista. Dopo il tradimento della II
Internazionale nel 1914, una delle preoccupazioni centrali dei bolscevichi fu
quella di agire per la ricostruzione dell’Internazionale, a partire dal
“movimento di Zimmerwald” (dal nome della località svizzera in cui si
svolse la prima riunione), creando al suo interno una propria frazione: la
“sinistra di Zimmerwald”, dotata di un proprio “ufficio politico
internazionale”, che raggruppava appunto i bolscevichi e i loro pochi e
organizzativamente modesti alleati.
È
molto poco conosciuto, perché attentamente nascosto dalla storiografia
internazionale, da un lato il quadro di analisi internazionale in cui Lenin
poneva nel 1917 le prospettive della rivoluziona russa (su questo si veda lo
speciale sulla rivoluzione russa nel numero scorso di “Proposta”,
disponibile anche in opuscolo separato), dall’altro il fatto che la questione
delle relazioni internazionali fu — nel bel mezzo di una rivoluzione — uno
dei punti centrali di dibattito e confronto interno del Partito bolscevico a
proposito del quale Lenin pose come punto programmatico la rottura con i settori
“centristi” del movimento di Zimmerwald, scontrandosi con quegli elementi
del partito, tra cui inizialmente Stalin, che proponevano soluzioni di
compromesso con essi.
Questa
esigenza permanente non è meno presente oggi.
Tuttavia
l’internazionalismlo reale è oggi nella peggiore situazione.
Non
solo l’Internazionale di massa che fu rappresentata dopo il trionfo del 1917
dalla III Internazionale è stata distrutta prima politicamente e poi
organizzativamente dallo stalinismo, ma anche il movimento dell’avanguradia più
conseguente che ha cercato di mantenere e sviluppare la tradizione
internazionalista e rivoluzionaria del marxismo, cioè la IV Internazionale, è
da decenni in condizione di crisi. Dagli anni cinquanta, infatti, sotto la
pressione da un lato dell’espansione dello stalinismo nel dopoguerra e
dall’altro dal “boom” capitalistico, la maggioranza del suo gruppo
dirigente ha abbandonato la strategia conseguente del marxismo rivoluzionario.
Il che ha prodotto ampi processi di divisione politico-organizzativa.
Ancor
oggi, l’organizzazione che pretende di rappresentare la continuità del
movimento trotskista, cioè il cosiddetto Segretariato unificato della IV
Internazionale (la cui sezione italiana è l’Associazione Bandiera rossa),
esprime in realtà una politica sempre più revisionistica rispetto al marxismo
rivoluzionario conseguente e alla tradizione leninista (di cui — in
particolare a cavallo del crollo dei regimi dell’Est — ha messo apertamente
e dichiaratamente in discussione i fondamenti). Questa rivendicazione di
continuità e dunque abusiva politicamente ma anche organizzativamente perché
il Segretariato unificato oggi rappresenta solo una minoranza, e una minoranza
in progressivo assotigliamento, dei militanti che si richiamano al trotskismo
nel mondo. Il ruolo del Su, dunque, si riduce sempre più, almeno
oggettivamente, a mantere una finzione al solo scopo di avere una
“etichetta” utile e impedire la rifondazione di una vera internazionale
marxista rivoluzionaria.
L’iniziativa
per la rifondazione
L’esigenza
di questa rifondazione, però, come già detto, si pone con una urgenza
oggettiva assoluta. È in considerazione di ciò che diverse organizzazioni e
tendenze trotskiste di vari paesi, accomunate dalla volontà di difendere e
sviluppare il marxismo rivoluzionario conseguente, hanno intrapreso nei mesi
scorsi una iniziativa per la rifondazione immediata della IV Internazionale.
Questa
proposta si rivolge in primo luogo alle organizzazioni e alle tendenze che si
richiamano al trotskismo ma è altresì rivolta ai militanti rivoluzionari che
in tutto il mondo condividono l’urgenza della battaglia per l’Internazionale
perché si uniscano sulla base dei fondamenti del programma marxista
rivoluzionario, in un quadro di dibattito democratico, superando opportunismi e
frazionismi, per ridare all’avanguradia proletaria mondiale il punto di
riferimento e lo strumento che le è oggi indispensabile.
Nel
quadro di questa iniziativa si sono già svolti numerosi incontri in diversi
paesi ed elaborati alcuni documenti politici di riferimento. Pubblichiamo qui di
seguito i due documenti fondamentali che configurano questa proposta.
Le
risoluzioni di Genova e di San Paolo
Il
primo è il sintetico appello, messo a punto in un incontro svoltosi a Genova
nel marzo 1997, che indica le basi minime ma essenziali per la rifondazione
dell’Internazionale. Ovviamente a partire dell’affermazione (necessariamente
in polemica con le pretese del Su) del dato di fatto che l’Internazionale oggi
non esiste. Ciò non implica, sia detto fra parentesi, che questo invito non sia
rivolto anche ai militanti e ai settori del Segretariato unificato che avvertono
i limiti della sua politica. Fra l’altro, nello stesso Su vi sono vari settori
critici, alcuni dei quali condividono — è il caso ad esempio della sezione
indiana — le posizioni dell’Opposizione trotskista internazionale, la
piccola corrente internazionale di cui è parte anche l’Associazione Proposta.
Il
secondo è un testo più ampio, anche se ancora molto generale, approvato
nell’incontro svoltosi a San Paolo del Brasile nel novembre scorso, in
occasione dell’ottantesimo anniversario dell’Ottobre.
Tra
le organizzazioni firmatarie degli appelli ci pare importante segnalare:
•
il Partido Obrero (PO) di Argentina, su cui i lettori possono vedere
l’articolo pubblicato nel presente numero della rivista;
•
il Partito della causa operaia (Pco) del Brasile, organizzazione con un forte
impianto nazionale e operaio, in particolare nell’industria alimentare dello
stato di San Paolo; il Pco è nato da una tendenza espulsa burocraticamente agli
inizi degli anni novanta dal Partito dei lavoratori (Pt) di Lula per aver difeso
un programma rivoluzionario ed essersi opposta alle proposte di alleanza con la
borghesia “progressista” (nell’espulsione ebbe un ruolo vergognoso la
sezione brasialiana del Su, il cui dirigente principale presiedeva la
commissione che decretò l’espulsione);
•
il Partito operaio rivoluzionario (Eek) di Grecia, che l’organizzazione
trotskista più significativa in un paese in cui il nostro movimento ha una
lunga tradizione storica.
Sulla
base dei testi qui indicati le organizzazioni e le tendenze firmatarie hanno
sviluppato una iniziativa di discussione e confronto con alcune delle più
significative organizzazioni e correnti del movimento trotskista internazionale,
con risultati diversi ma con alcune prospettive molto interessanti. Si tratta ad
ogni modo di una battaglia fondamentale senza la quale sarebbe monco e privo di
logica compiuta la battaglia dei marxisti rivoluzionari sul piano nazionale.
Ci
riproponiamo di tenere informati i lettori e le lettrici di “Proposta” degli
sviluppi su questo terreno essenziale.
Hanno
sottoscritto le dichiarazioni per la rifondazione della IV Internazionale le
seguenti organizzazioni e tendenze:
• Partido Obrero (Argentina) • Partido da Causa Operaria (Brasile) • Partido de los Trabajadores (Uruguay) • Opposición Trotskysta (Bolivia) • Collettivo “En Defensa del Marxismo” (Spagna) • Associazione marxista rivoluzionaria “Proposta” (Italia) • Trotskyist League (Usa) • International Trotskyist Opposition (Danimarca, Gran Bretagna, India, Italia e Usa) • Partito operaio rivoluzionario (Grecia).
La
dichiarazione di Genova
I
mutamenti in corso nella situazione mondiale, in particolare l’acuirsi della
crisi capilalistica mondiale e lo sviluppo di movimenti di massa, impongono a
tutte le organizzazioni che si richiamano all’eredità del trotskismo di
rifondare la Quarta Internazionale (QI) per offrire all’avanguardia operaia
del mondo un orientamento e un’organizzazione marxista rivoluzionaria.
Il
Segretariato unificato della Quarta Internazionale (SuQI), che pretende di
essere la continuità della Quarta Internazionale, non è la Quarta
Internazionale né può essere trasformato, con un’azione di riforma, nella
Quarta Internazionale. La rifondazione della Quarta Internazionale richiede la
sconfitta politica del SuQI.
A
nostro avviso le basi per una discussione sulla rifondazione della Quarta
Internazionale dovrebbero indicare:
1)
la validità della lotta per la rivoluzione socialista mondiale e la dittatura
del proletariato;
2)
la necessità di riaffermare la definizione contenuta nel Programma di
transizione del fronte popolare come blocco con la borghesia democratica che
riduce il partito del proletariato ad appendice del capitale;
3)
la necessità della rivoluzione sociale e politica nell’ex Urss e
nell’Europa orientale, in Cina, Indocina, Nord Corea e Cuba;
4)
l’elaborazione di una strategia anticapitalistica basata su rivendicazioni
transitorie e sul metodo transitorio.
(Genova,
10 marzo 1997)
Partido
Obrero (Argentina), Partido da Causa Operaria (Brasile), Opposición Trotskysta
(Bolivia), International Trotskyist Opposition (Danimarca, Gran Bretagna, India,
Italia e Usa), Associazione marxista rivoluzionaria Proposta (Italia),
Trotskyist League (USA).
L’appello
di San Paolo
I.
Il capitalismo mondiale si trova oggi in un’impasse straordinaria. Nelle
ultime settimane la generalizzazione della crisi finanziaria internazionale ha
distrutto l’idea che il cosiddetto “neoliberismo” possa risolvere le
contraddizioni del capitalismo per un lungo periodo storico. Il collasso degli
stati operai (degenerati) dell’Unione sovietica e dell’Europa orientale ha
iniettato nei capitalisti una gran dose di fiducia, che ha costituito la base
politica della speculazione finanziaria incontrollata degli ultimi anni. I
crolli sempre più disastrosi dei mercati, la fuga di capitali, e le crisi
politiche che ne derivano, mostrano chiaramente la sostanza illusoria
dell’intero processo. In appena un decennio, il “neoliberismo vittorioso”
ha esaurito le sue possibilità ed è incapace di realizzare le promesse di uno
sviluppo capitalista pacifico e progressivo.
Le
radici di questa crisi si trovano nella natura del capitalismo e nel suo periodo
di declino storico irreversibile. I cosiddetti “trenta anni gloriosi” in
effetti hanno allargato la base parassitaria del capitale finanziario ed
esacerbato lo sviluppo ineguale del suo sistema internazionale, che aveva già
causato due guerre mondiali. Nel mezzo della crisi il capitale ha cercato di
sfuggire alle sue contraddizioni mortali mediante la “globalizzazione”.
Questo ha condotto alla virtuale eliminazione di una serie di economie
nazionali, ormai vincolate al dollaro, la valuta di riserva internazionale.
I
tratti tipici dell’imperialismo — sviluppo ineguale esacerbato e
l’oppressione dei paesi arretrati — sono giunti al parossismo. La
speculazione e il mostruoso debito estero rivelano la contraddizione esistente
tra la posizione dominante degli Stati uniti nel mondo e l’economia mondiale
in sè. La crisi di sovrapproduzione aggrava la competizione internazionale,
conducendo a svalutazioni in serie, che fanno esplodere “la magia della
dollarizzazione”. Nel contesto della “globalizzazione” si scorge una
chiara tendenza verso la frammentazione del mercato mondiale, esacerbata dalle
rivalità tra i diversi imperialismi.
La
generalizzazione della crisi finanziaria rivela l’essenza puramente
speculativa del processo in corso. Le svalutazioni monetarie e dei capitali
costituiscono uno scacco dei programmi di privatizzazione negli stati
capitalisti, nei paesi arretrati e negli ex “paesi socialisti”. Le crisi
delle borse e le fughe di capitali causano in poche ore la perdita di tutto ciù
che è stato accumulato in anni di privatizzazione e di distruzione industriale.
La prospettiva a lungo termine è la deflazione economica e la depressione. Il
collasso della “piramide” albanese non è stato che il primo segnale del
collasso della piramide di Wall Street.
Il
capitalismo mondiale non ha una via d’uscita progressista o stabile, neppure
nel breve periodo. Sotto pressione, puù solo scaricare il fardello delle sue
contraddizioni sulle spalle dei lavoratori, con la disoccupazione, la
“flessibilità”, i tagli ai salari, i tagli dei servizi pubblici e delle
spese sociali, senza tuttavia riuscire a trovare una via d’uscita alla propria
crisi.
La
decomposizione capitalista mostra l’attualità della rivoluzione proletaria
internazionale. È tramontata l’epoca delle soluzioni parziali, o di breve
periodo, per la resistenza operaia. Solo un’azione internazionale delle
organizzazioni operaie contro la disoccupazione e il supersfruttamento apre una
prospettiva realista. La riorganizzazione dell’economia mondiale su una nuova
base sociale costituisce non solo una necessità storica, ma persino immediata.
II.
In via ipotetica la distruzione degli stati operai burocraticamente deformati
potrebbe permettere agli imperialisti di procedere lungo la strada della
stabilizzazione del sistema col completamento della restaurazione del
capitalismo in questi paesi e la loro conversione in semi-colonie. Ma si
frappongono ostacoli insuperabili, come agli altri ipotetici elementi di
ristabilizzazione imperialista: “ristrutturazione” nei paesi capitalisti
avanzati, penetrazione neoliberista nelle semicolonie, attenuazione delle
rivalità interimperialiste mediante accordi globali sulla libera circolazione
di merci e capitali, e sfruttamento delle conquiste tecnologiche degli ultimi 25
anni.
Gli
imperialisti vorrebbero portare a termine il processo di restaurazione
capitalista negli ex stati operai, trasformandoli in semi-colonie. Ma non
possiedono gli strumenti economici o politico-militari per farlo, ad eccezione
dei paesi più avanzati dell’Europa orientale.
I
vecchi e nuovi circoli dirigenti degli ex stati operai vorrebbero portare a
compimento il processo di restaurazione capitalista trasformandosi essi stessi
in oligarchie finanziarie alla testa di nuovi stati imperialisti.
Col
procedere della restaurazione capitalista la prospettiva dell’ex Unione
sovietica, degli stati dell’Europa dell’Est, della Cina e degli ex stati
operai è l’approfondirsi della crisi e una accanita resistenza operaia.
Anche
se vi possono essere delle valutazioni differenti sulla profondità del processo
della restaurazione capitalista in corso in questi paesi, è chiaro che in molti
di essi, certamente nell’ex Unione sovietica e in Cina, il processo non potrà
essere portato a termine in modo pacifico. La realizzazione delle aspirazioni
sia degli imperialisti che delle classi capitaliste in ascesa in questi paesi,
richiede la violenza su una scala inaudita: dittature militari, fascismo,
conflitti nazionali e guerra.
Gli
imperialisti avevano sperato che la restaurazione capitalista negli ex stati
operai avrebbero potuto aiutare a stabilizzare il loro sistema. Ma i regimi
stalinisti di questi stati costituivano un importante elemento nell’equilibrio
raggiunto in seguito alla seconda guerra mondiale. La loro distruzione ha avuto
e continuerà ad avere un effetto profondamente destabilizzante sul capitalismo
mondiale.
III.
L’intero periodo di attacchi neoliberisti negli anni ottanta e novanta si è
concluso con il totale fallimento economico e politico del neoliberismo. Il
risultato è stato la caduta di una serie di governi neoliberisti di destra,
compreso il thatcherismo in Inghilterra, che aveva inaugurato l’offensiva
neoliberista su scala internazionale.
Tutte
le forme di dominio del capitale affrontano una crisi profonda. I vecchi metodi
burocratici di mediazione delle contraddizioni tra il capitale e il movimento
operaio mediante intermediari riformisti e/o stalinisti sono giunti al collasso.
La bancarotta dello stalinismo dopo il 1989 è irreversibile. Anche la
socialdemocrazia si sta disintegrando politicamente, dato che la crisi ha
distrutto le basi materiali delle politiche keynesiane e delle concessioni
riformiste.
A
causa di questa impasse storica del capitalismo e dell’incapacità delle
burocrazie di adempiere al loro compito con i vecchi metodi, il capitalismo si
rivolge verso nuove forme di controllo politico delle masse. La collaborazione
di classe è ancora essenziale ai suoi scopi. Questa si traduce in nuove
combinazioni governative di “fronte popolare”, che assumono il nome
fuorviante di coalizioni di “centro-sinistra”.
Questo
centro-sinistra è molto diverso dai blocchi politici che operavano sotto lo
stesso nome nel dopoguerra. All’epoca le loro manovre erano basate su misure
keynesiane e concessioni. Ora non c’è più keynesismo nè riformismo, ma alle
masse devono essere imposte le più brutali misure neoliberiste da parte dei
loro stessi rappresentanti.
Questi
nuovi fronti popolari di collaborazione di classe mantengono anche un’altra
differenza qualitativa dai fronti popolari del passato. Allora erano in qualche
modo legati alla burocrazia stalinista dell’Unione Sovietica e usurpavano il
prestigio della Rivoluzione d’Ottobre allo scopo di legare la classe operaia
all’ordine borghese e schiacciare le loro aspirazioni rivoluzionarie.
Dopo
la caduta del muro di Berlino, l’implosione dell’Unione Sovietica e
l’aperta svolta delle burocrazie staliniste verso la restaurazione
capitalista, i nuovi fronti popolare di “centro-sinistra” non solo non
conservano più nessun legame o riferimento con la Rivoluzione d’Ottobre, ma,
al contrario, organizzano i loro tradimenti nel nome del “fallimento della
rivoluzione e del comunismo”, della “fine del periodo storico aperto con il
1917”, o altri argomenti del medesimo tenore.
Ad
aiutarli in questo compito ideologico essi trovano non solo l’imperialismo e
le forze della burocrazia restaurazionista, ma anche elementi demoralizzati
della vecchia “estrema sinistra” del mondo capitalista, che si spostano
rapidamente a destra.
La
“democrazia pura”, come alternativa fraudolenta al cosiddetto “fallimento
del comunismo”, diventa una chiamata a raccolta della controrivoluzione. Lo
scopo dei borghesi che propongono la democrazia non consiste in un ideale di
democrazia al di sopra delle classi, ma nella paralisi della classe operaia,
nell’indebolimento della resistenza popolare, nell’imposizione della
controrivoluzione neoliberista contro il tenore di vita e diritti sociali delle
masse lavoratrici.
I
fronti popolari di oggi, a differenza di quelli del passato, sono un’agenzia
“social-neoliberista”, apertamente anticomunista, dell’imperialismo. Ma
come ha fallito il neoliberismo di fronte alla crisi economica, lo stesso fronte
popolare di centro-sinistra è condannato al fallimento. La questione cruciale
è se sarà sconfitto dalla rivoluzione socialista o se dalla sua bancarotta
trarranno vantaggio forze di estrema destra o fascistoidi.
IV.
In questa nuova situazione è urgente che la classe operaia internazionale si
armi di un’organizzazione rivoluzionaria, di una strategia, di un programma e
di una teoria su scala mondiale. La sfida della vigilia del millennio nelle
nuove condizioni storiche puù essere fatta propria solo da un’Internazionale
rivoluzionaria operaia.
Quest’Internazionale
può essere costruita solo sulla base della continuità della Rivoluzione
d’Ottobre e del marxismo rivoluzionario. Il che vuol dire una Quarta
Internazionale, che incorpori tutte le esperienze di questo secolo.
Nel
quadro di questa lotta per sormontare il passato, in una situazione mondiale di
straordinaria novità, facciamo appello a una campagna internazionale da
condurre nell’intero movimento operaio, per una conferenza internazionale che
ponga all’ordine del giorno la rifondazione immediata della Quarta
Internazionale. (São Paulo, Brasile, 7 novembre 1997)
Opposizione
trotskista internazionale (Oti), Trotskyist League (Usa), Sezione inglese
dell’Oti (Inghilterra), Amr Proposta (Italia), Partito rivoluzionario dei
lavoratori, Eek (Grecia), Partido de los Trabajadores (Uruguay), Oposición
Trotskista del Por (Bolivia), Partido da Causa Operaria (Brasile), Collettivo En
Defensa del Marxismo (Spagna), Partido Obrero (Argentina).