NESSUNA PACIFICAZIONE COI FASCISTI

Il 25 del 1945 finalmente terminava il tragico ventennio della dittatura fascista e di lì a poco sarebbe sorta “la Repubblica nata dalla Resistenza”. Ma tanti decenni di ricorrenze e di “feste comandate” sono servite più che altro ad occultare la natura di classe, filopadronale, della dittatura fascista. Il regime mussoliniano si affermò innanzitutto quale reazione, sovvenzionata dalla grande borghesia, antiproletaria per rispondere all’ascesa del movimento operaio che negli anni del primo dopoguerra si stava affermando con sempre più forza.

Così l’antifascismo, quello vero e non solo parolaio, è stato essenzialmente prerogativa dei militanti comunisti, socialisti ed anarchici, i quali pagarono al fascismo il prezzo più alto in termini di repressione, mentre altri, come il Partito Popolare (antenato della DC), sostenevano l’avvento della dittatura fino a far parte del primo governo Mussolini.

 

Da alcuni anni assistiamo a squallidi tentativi di “pacificazione” tesi ad affermare il concetto che partigiani e repubblichini fascisti erano tutti uguali, tutti egualmente italiani e patrioti.

No, non erano tutti uguali: i repubblichini combattevano al fianco dei nazisti per mantenere viva la dittatura (partecipando ad efferati crimini come nel caso della strage di Marzabotto), i partigiani (in stragrande maggioranza comunisti) aspiravano a un’Italia nuova.

Oggi, come ieri, bisogna quindi guardarci da chi vuole cambiare la storia per affermare nel presente un nuovo autoritarismo fatto di razzismo e discriminazioni nei confronti di ogni “diversità”, di negazione dei diritti dei lavoratori, di repressione poliziesca del dissenso, di annientamento di ogni garanzia sociale.

 

Ma è necessario stare attenti anche a chi agita strumentalmente la bandiera dell’antifascismo per poco nobili calcoli elettorali: come questo centrosinistra che ha tra le sue fila Luciano Violante che da Presidente della Camera dei Deputati nel 1996 sostenne, nel suo discorso di insediamento, che bisognava “capire le ragioni dei ragazzi di Salò”. Intanto un “ragazzo di Salò” come Tremaglia, fascista mai pentito, è riuscito a diventare ministro, mentre partiti neo fascisti dichiarati come Fiamma Tricolore o Alternativa Sociale si presentano tranquillamente alle elezioni, mentre chi si oppone alle loro parate in camicia nera viene arrestato.

 

Se oggi c’è qualcosa da ricordare sono i 40.000 italiani che furono strappati dalle loro case dai militi della Repubblica Sociale o dalle truppe tedesche e deportati nei lager, di questi 30.000 erano partigiani, antifascisti e lavoratori arrestati in gran parte dopo gli scioperi del marzo del 1943.

 

Se c’è qualcosa da rinnovare è la pratica dell’antifascismo, non solo il 25 aprile o il primo maggio, come un elemento centrale della politica quotidiana, l’antifascismo come lotta di classe per il comunismo.

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