La svolta di governo col
centrosinistra intrapresa dalla Segreteria è un fatto grave.
Dietro il centro liberale
dell’Ulivo (Margherita, maggioranza DS), ci sono i poteri forti del Paese, che
vogliono scaricare Berlusconi solo per rimpiazzarlo con un proprio governo:
capace di riconquistare la concertazione e la pace sociale, e di rilanciare
l’imperialismo italiano.
Se ci offrono ministri è
solo per corresponzabilizzarci in questa politica.
Non è forse per questo che la stampa liberale plaude alla “svolta di Bertinotti”, nel disorientamento profondo dei movimenti e del partito?
Al momento del varo della
svolta, chiedemmo un Congresso Straordinario che desse la parola a tutti i
compagni del partito. Così al CPN del 30/10/04 abbiamo chiesto la sospensiva
della partecipazione alla GAD, per garantire al VI Congresso una sovranità
decisionale. Purtroppo ogni appello democratico è stato respinto non solo dalla
Segreteria ma dai dirigenti oggi “critici” di Ernesto ed Erre. E’ stata
una responsabilità grave che ha anteposto interessi di componente ai diritti di
tutto il partito.
Ma tanto più ora è
necessario avanzare una proposta alternativa chiara, e non subalterna.
1) Il PRC deve lavorare alla
cacciata di Berlusconi dal versante dei lavoratori e non a rimorchio di
Montezemolo: essere disponibile a forme di accordo elettorale puramente tecnico
per le sconfitta delle destre, ma indisponibile a sostenere un secondo governo
Prodi.
Un governo Prodi sarebbe il
governo della 7a potenza imperialista del mondo, dentro l’Europa di
Maastricht e la Nato. Proporre “condizioni minime” per entrarvi (Ernesto) o
per appoggiarlo (Erre) significa avallare la svolta di Bertinotti. Significa
riproporre l’esperienza del primo governo Prodi, che ci vide sostenere (col
voto de L’Ernesto) il Pacchetto Treu. L’opposizione comunista è
irrinunciabile.
2) Il PRC deve fare appello
a tutti i movimenti e alle loro organizzazioni a rompere col centro e ad unire
le proprie forze attorno ad un polo autonomo di classe: che promuova una
mobilitazione per la cacciata di Berlusconi e un programma di alternativa vera.
Non si tratta di chiedere ai
movimenti di fare “più pressione” sui liberali in funzione di un accordo
politico (v. Ernesto ed Erre). Si tratta di far leva sulla domanda di svolta di
milioni di lavoratori e di giovani per rivendicare una comune rottura con i
liberali.
3) Il PRC deve sviluppare una proposta alternativa alla linea CGIL: la proposta di una vertenza generale che raccolga le potenzialità emerse nelle lotte (Melfi), superi la frammentazione di scioperi simbolici, unisca in una lotta a oltranza l’insieme del mondo del lavoro.
Parallelamente il PRC deve
modificare la sua politica locale, proponendo candidature di classe alternative
alle coalizioni col Centro. Non si può pretendere di essere alternativi alla
prima mozione e poi avallare (Erre) o gestire (Ernesto) gli accordi regionali
con i Loiero, i Burlando…Occorre scegliere: o un partito di classe o un
partito di assessori.
4) Il PRC deve difendere il
diritto di resistenza all’imperialismo di tutti i popoli oppressi, a partire
dal popolo irakeno e palestinese, dentro la prospettiva di un’alternativa
anticapitalista internazionale.
Non si può rivendicare
“il comunismo” (Ernesto) e “la crisi del riformismo” (Erre) e poi
avallare l’illusione di un’Europa “sociale”in ambito capitalistico. Solo
un’alternativa di potere delle classi subalterne può dare uno sbocco reale
alle esigenze di fondo dei lavoratori, delle masse femminili, dei popoli
oppressi. Solo sul terreno della lotta per un’alternativa socialista è
possibile strappare riforme e risultati parziali. Collegare ogni lotta immediata
a quella prospettiva è il compito di un partito comunista.
In conclusione, cinque sono
i documenti, due le proposte tra loro alternative: una rifondazione
socialdemocratico-ghandiana (1° mozione) e una rifondazione comunista e
rivoluzionaria (“Per un Progetto Comunista”).
Questo è il bivio del VI
Congresso: in mezzo al guado non si può stare.
I
compagni e le compagne del CPN presentatori della 3a Mozione