LA TERZA MOZIONE CONGRESSUALE A UNA SUA SINTESI
Trovate di seguito e qui disponibile (in file Rtf esenti da rischi di virus) La sintesi potete leggerla anche nel corpo della lettera, qui sotto.
Qui invece la versione integrale della terza mozione congressuale (Per un progetto comunista).
L’unica
vera proposta alternativa
Mozione
3: Per un progetto Comunista
(sintesi)
Il cuore del congresso
Il cuore di questo congresso è la
svolta di governo col centrosinistra (Gad) che
Consideriamo questa proposta molto
grave.
Siamo tutti in prima fila a rivendicare
la cacciata di Berlusconi. Lo proponemmo già, all’ultimo congresso, contro
il parere della maggioranza dirigente. Ma un conto è cacciare Berlusconi, un
conto è governare con Prodi. Un conto è cacciare Berlusconi dal versante di
lotta dei lavoratori e dei movimenti di questi anni, un conto è cacciare
Berlusconi dal versante di Luca di Montezemolo e di Confindustria.
No alla svolta di governo
Prodi-Montezemolo
A differenza di tutte le altre mozione,
anche “critiche”, lo vogliamo dire chiaro: dietro il centro liberale
dell’Ulivo (Margherita, maggioranza Ds, Sdi), ci sono i poteri forti del
Paese, a partire dalle grandi imprese e dalle grandi banche (Banca Intesa,
Unicredito, San Paolo, Monte dei Paschi…). Poteri che vogliono scaricare
Berlusconi solo per rimpiazzarlo con un proprio governo: un governo capace di
riportare
Se ci offrono ministeri è per
corresponzabilizzarci a questa politica. Accettare i ministri significa
accettare di essere responsabili di questa politica. Così, in nome della non
violenza ghandiana e del rifiuto di Lenin e della “conquista del potere”,
ci candidiamo a subordinarci al potere esistente e alla sua violenza.
Non è forse per questo che tutta la
stampa liberale plaude alla “svolta di Bertinotti”, nel disorientamento
profondo del nostro partito e delle realtà più combattive dei movimenti?
Una svolta che non ci sorprende
Non siamo sorpresi da questa svolta.
Quando al IV e V Congresso si celebrava
la rottura con Prodi e la retorica dei movimenti come “svolta strategica a
sinistra” del partito; quando dirigenti oggi “critici” (Erre-mozione
“Sinistra Critica”) avallavano questa rappresentazione, parlando
addirittura di “scelta rivoluzionaria” di Bertinotti, noi dicevamo
controcorrente che “chi non fa un bilancio dei propri errori è destinato a
ripeterli”; che la rottura con Prodi e il movimentismo erano in realtà
finalizzati a recuperare spazio e forza negoziale per riproporre un orizzonte
di governo; che la stessa assurda cancellazione della categoria marxista di
“imperialismo” mirava a sgomberare la via, sul piano ideologico, a una
prospettiva di governo con l’imperialismo italiano.
Per aver detto questo fummo accusati di
pregiudizio. Ora parlano i fatti.
Una battaglia di democrazia (da altri
disertata)
Già un anno e mezzo fa, di fronte al
varo della svolta, facemmo appello ai compagni/e del partito, al di là di
ogni steccato di mozione, per chiedere unitariamente un Congresso
straordinario del Prc che desse a tutti il diritto di decidere la strada da
intraprendere. Con lo stesso spirito, al Cpn del 30 e 31 ottobre scorso
abbiamo chiesto la sospensiva della partecipazione del Prc alla Gad, per
garantire al Congresso una sovranità decisionale. Purtroppo questo appello
democratico unitario ed elementare, rispettoso di ogni opinione di merito, è
stato ogni volta respinto non solo dalla Segreteria Nazionale ma dai dirigenti
oggi “critici” di Ernesto ed Erre (e per ciò che riguarda la richiesta di
Congresso straordinario dallo stesso gruppo di Falcemartello). E’ stata una
responsabilità grave che ha anteposto interessi reali o presunti di
componente ai diritti democratici di tutto il partito, a esclusivo vantaggio
della svolta governista.
La nostra proposta alternativa
Ma tanto più ora è necessaria una
chiara contrapposizione politica alla svolta. Non è sufficiente
“criticarla”. E’ necessario opporle una proposta politica e strategica
alternativa, che abbia al centro la salvaguardia e il rilancio del nostro
partito come partito di classe: un partito nato quindici anni fa come “cuore
dell’opposizione” non può finire tra le braccia di Prodi e della
Confindustria.
Cacciare Berlusconi dal versante dei
lavoratori. Nessun sostegno a un governo Prodi
Il Prc deve lavorare alla cacciata di
Berlusconi dal versante dei lavoratori e non dei padroni. Deve essere
disponibile a forme di accordo elettorale puramente tecnico per le sconfitta
delle destre. Non può essere disponibile, in alcun modo e per nessuna
ragione, a partecipare a un secondo governo Prodi o a sostenerlo.
L’opposizione comunista e di classe a
un governo liberale non può essere messa in discussione.
Si tratta di un principio di fondo del
marxismo e del movimento comunista. E’ un principio convalidato da tutta
l’esperienza storica, e tanto più attuale nell’odierna epoca di crisi
capitalistica e di guerre, che ha chiuso ogni spazio riformistico e che vede
tutti i governi della classe dominante –di destra, di centrosinistra, di
“sinistra”- gestire, in forme diverse, le stesse politiche
controriformatrici (Jospin e Lula compresi).
Occorre essere chiari: un governo Prodi
sarebbe il governo della settima potenza imperialista del mondo, dentro
l’Europa di Maastricht e dentro
Di fronte a un governo Prodi-Montezemolo
si sta o di qua o di là: non c’è spazio per contorsioni ed equilibrismi.
Per un polo autonomo di classe,
unitario e anticapitalistico.
Il Prc deve fare appello a tutti i
protagonisti di una stagione di lotte, a tutti i movimenti e alle loro
organizzazioni e rappresentanze, sindacali e politiche, a rompere col centro
liberale dell’Ulivo e a unire nell’azione le proprie forze attorno ad un
polo autonomo di classe: che in piena autonomia dai liberali, vari una
piattaforma di mobilitazione radicale per la cacciata del governo Berlusconi e
un programma di alternativa vera.
E’ una proposta che contrappone
l’unità di lotta del mondo del lavoro e dei movimenti all’unità
concertativa col padronato e i liberali contro i lavoratori e i movimenti.
Occorre essere chiari: non si tratta di
chiedere ai movimenti e alla “sinistra di alternativa” di fare “più
pressione” sui liberali con proprie proposte e lotte in funzione di un
accordo politico (come propongono Ernesto ed Erre). Si tratta di far leva
sulle lotte e sulla domanda di svolta di milioni di lavoratori e di giovani
per rivendicare la rottura con i liberali e col blocco di interessi che
rappresentano. Per sfidare tutte le direzioni e rappresentanze del movimento
operaio a scegliere con chiarezza da parte stare.
Ancora una volta: o di qua o di là.
Per una linea di massa alternativa
alla politica dei vertici CGIL
Il Prc deve orientare la propria azione
di massa nei movimenti e nelle loro organizzazioni sulla base della proposta
del polo autonomo di classe. Contrastando con la propria battaglia di egemonia
alternativa il disegno del centrosinistra di subordinare i movimenti
all’alternanza. E quindi lottando contro la linea di recupero della
concertazione sindacale e politica.
Ciò significa sviluppare una proposta
alternativa alla linea della burocrazia Cgil: una proposta che raccolga le
potenzialità radicali emerse nelle lotte (Melfi) in direzione di una vertenza
generale contro padronato e governo. Una vertenza che unisca in una lotta a
oltranza l’insieme del mondo del lavoro, superando l’attuale
frammentazione di scioperi simbolici e inconcludenti.
Occorre chiarezza: come ci si può
dichiarare “critici”, magari in nome del movimento, e non avanzare alcuna
proposta di linea alternativa sulla gestione complessiva delle lotte (Erre)?;
o addirittura salutare con entusiasmo l’abbandono di ogni critica del Prc
alla Cgil (L'Ernesto)?
Un partito di classe o un partito di
assessori?
Il Prc deve modificare l’indirizzo
della sua politica locale in direzione di un recupero della propria autonomia.
Proponendo in vista delle elezioni regionali candidature di classe alternative
ai candidati liberali dell’Ulivo e alle coalizioni col centro, sulla base di
programmi legati alle ragioni dei movimenti e delle lotte.
Occorre essere chiari: non si può
pretendere di essere alternativi alla prima mozione (“Per una alternativa di
società”) e poi avallare (Erre) o gestire in prima persona (Ernesto) gli
accordi regionali con i Loiero, i Marrazzo, i Burlando, i Carraro, i
Martini…Tutti accordi dettati dalla prospettiva nazionale della Gad.
Anche sul piano locale vale il criterio
della coerenza: o con le ragioni dei movimenti o con i portavoce dei poteri
forti. O un partito di classe o un partito di assessori. In mezzo al guado non
si può stare.
Per la difesa di tutti i popoli
oppressi contro l’imperialismo.
Per l’alternativa operaia e
socialista internazionale.
Per una rifondazione comunista e non
socialdemocratico-ghandiana (o togliattiana).
Il Prc deve realizzare una svolta sul
terreno della propria politica internazionale, sulla base della difesa
incondizionata del diritto di resistenza all’imperialismo da parte di tutti
i popoli oppressi (a partire dal polo irakeno e palestinese) e di un legame
tra questa azione di difesa e la prospettiva centrale dell’alternativa
operaia e socialista sul piano internazionale.
Occorre essere chiari: non si può
rivendicare “il comunismo” (Ernesto) e “la crisi del riformismo”
(Erre) e poi avallare la vecchia illusione di un’Europa sociale, democratica
e di pace in ambito capitalistico, o di accordi “equi” tra imperialismi e
popoli oppressi. Una politica comunista deve liberare le masse da queste
illusioni, non alimentarle. Solo una prospettiva rivoluzionaria
anticapitalista e socialista, solo un’alternativa di potere delle masse
oppresse in ogni Paese e su scala internazionale può dare uno sbocco reale
alle esigenze di fondo dei lavoratori, delle masse femminili, dei giovani, dei
popoli oppressi e dei loro movimenti di liberazione. Solo una prospettiva
socialista può dare soluzione progressiva ai drammi della fame, delle guerre,
della devastazione dell’ambiente. Ogni altra “soluzione” riformista,
cosiddetta “concreta”, è pura utopia e astrazione ideologica. Tanto più
nell’attuale condizione storica di crisi e dopo il crollo dell'Urss.
Peraltro solo sul terreno della lotta
radicale per un’alternativa anticapitalista è possibile strappare risultati
parziali e riforme e difendere vecchie conquiste. Collegare ogni lotta
immediata e difensiva a questa prospettiva generale è il compito
centrale di un partito comunista.
Alla rifondazione
socialdemocratico-ghandiana promossa da Bertinotti va opposta la rifondazione
comunista. Non la rifondazione togliattiana (Ernesto) o la mitologia “in
declino” di Porto Alegre (Erre).
Cinque i documenti, due le proposte.
Cinque sono i documenti, due le reali
posizioni strategiche alternative: la proposta della prima mozione (Bertinotti)
e la proposta della terza mozione (“Per un Progetto Comunista”).
La proposta della svolta governista e la
proposta del rilancio dell’opposizione di classe.
La proposta di una rifondazione
socialdemocratico-ghandiana e la proposta di una rifondazione comunista e
rivoluzionaria.
La nostra non è solo –ci pare-
l’unica proposta conseguentemente alternativa alla prima mozione, ma è una
proposta che resterà a sinistra coerentemente anche dopo il Congresso: per
difendere come sempre, sino in fondo, il nostro partito come partito dei
lavoratori. Fuori dunque da ogni compromesso negoziale con la linea governista
del segretario, e fuori da ogni logica autoconservativa di componente o di
setta.
Con questo spirito ci rivolgiamo nel
modo più aperto a tutti i compagni e le compagne del Prc al di là di ogni
steccato. Per l’oggi e per il domani.