Alitalia: prove tecniche di repressione

I veri motivi della crisi e l’intervento di Progetto Comunista

 

di Andrea Spadoni e Daniele Dibitonto*

 

Continua (si veda Progetto Comunista aprile 2004) la disgregazione del sistema del trasporto aereo italiano, di cui l’Alitalia è elemento principale. Benché imputata, in modo strumentale, a fattori esterni quali terrorismo, epidemie, costo del petrolio, il vero nemico da battere, per tutti gli amministratori delegati che in questi ultimi mesi si sono succeduti al timone della compagnia di bandiera, rimane il salario e lo stato di diritto dei lavoratori.

 

I veri motivi della crisi: liberalizzazione e deregolamentazione

Una corretta analisi dei veri motivi della crisi del trasporto aereo in generale, porta senz’altro a constatare che essa deriva dalla liberalizzazione e dalla deregolamentazione introdotte in modo selvaggio negli anni ’80, in ossequio ai dettami della finanza mondiale (Fmi, Bm, Wto) alla mercè dell’imperialismo Usa. Anche in questo settore, come nella sanità, nell’istruzione, nell’energia e in altri pubblici servizi, l’alibi della riduzione delle tariffe e della crescita dell’offerta nasconde invece la volontà di speculazione finanziaria che un neoliberismo selvaggio (il nuovo capitalismo) impone alle aziende, pena la propria sopravvivenza sul mercato, il tutto a scapito di qualità di vita e sicurezza delle lavoratrici, dei lavoratori e delle loro famiglie.

La riduzione dei costi non deriva, infatti, da una migliorata efficienza ma da tagli occupazionali, salariali e normativi operati con durezza estrema nei confronti di coloro che lavorano alla produzione del servizio. Il principale obiettivo per le aziende non è la ricerca di nuove strategie competitive da porre sul mercato e contrapporre alla concorrenza, ma l’abbattimento del costo del lavoro: l’ampliamento dell’offerta passa invece attraverso uno scadimento dell’affidabilità e della sicurezza del servizio, cresciuto in quantità, ma retrocesso nella qualità. I numerosi tentativi di entrare in questo mercato, approfittando della sua liberalizzazione si sono, infatti, rivelati disastrosi: più di 30 nuove compagnie fallite, le altre in crisi finanziaria e in preda alle inefficienze, segno certo di strategie speculative. Da anni il crescente volume d’affari connesso alla costante crescita di domanda di viaggi –che giustificherebbe un ampliamento del servizio, non già una sua contrazione- ha scatenato gli appetiti del capitale finanziario mondiale che, imponendo agli Stati la privatizzazione dei servizi pubblici, si appropria dei profitti prodotti. In Italia, neanche a dirlo, la situazione è aggravata dalla cronica sudditanza alle politiche liberiste dei governi di destra e di centrosinistra, dalla concertazione sindacale ad ogni costo e dalla totale condizione volutamente disordinata dell’apparato statale, preda di clientele politiche, imprenditoriali, mafiose ed ecclesiastiche.

 

Il ruolo di governo, banche, burocrazie sindacali

In dodici mesi, ultima parte di una vertenza ormai decennale, l’azione parallela dell’attuale governo e di un’opposizione concentrata più sui propri equilibri interni che nella ricerca di un’opposizione di classe, il tutto descritto e sponsorizzato da una stampa di regime, ha condotto l’Alitalia alla totale disgregazione. Gli aerei, le rotte, il mercato, il personale di volo, unitamente ad una minima parte di personale di staff, saranno concentrati in una società distinta in cui lo Stato passa dal 62 al 30% di capitale, perdendo così proprietà e controllo. Informatica, manutenzione aeromobili, amministrazione, contabilità, scalo ed handling confluiranno in società di comodo, per essere messi in vendita a pezzi, ma non prima di essere stati ridimensionati nei costi per essere più appetibili sul mercato. Inutile ribadire che i costi si riferiscono a quelli del lavoro; il lavoro sporco spetterà a Fintecna che, spezzettati i vari settori, li disperderà sul mercato, lavoratori compresi.

In realtà i lavoratori di troppo (3800 esuberi) sono una menzogna, vista la generale condizione di sotto organico. In realtà, questo –unito alla negazione dell’adeguamento dell’inflazione (per quanto falsificata) e a un’ulteriore riduzione degli stipendi, il tutto aggravato dall’applicazione integrale della legge 30- è il prezzo che trasversalmente governo, confindustria, sistemi bancari, azienda, hanno deciso di far pagare alle lavoratrici ed ai lavoratori dell’Alitalia.

Qual è stato il ruolo del sindacato? Desolante, in totale spregio dei diritti e della volontà dei lavoratori, ad eccezione della Cub, da subito attivamente contraria e per questo esclusa “democraticamente” dalle trattative, di un tardivo quanto ormai inutile ripensamento parziale del Sult, delle ripetute espressioni di dissenso della sinistra Cgil. Le lotte ripetute e partecipate e le decine d’assemblee avevano dato ben altre indicazioni ai vertici sindacali e politici, ma questi hanno, contro il volere dei lavoratori, dapprima accettato la tattica dilatoria del governo, per poi cedere al gran ricatto strumentale dell’imminente fallimento. Si è così giunti alla firma di una serie d’accordi talmente in sintonia con le imposizioni padronali da costituire per i capitalisti un esempio da riprodurre: il cosiddetto “modello Alitalia”!

Il tutto, come rilevato con entusiasmo da politici, padroni e dirigenti aziendali, “senza un’ora di sciopero”, a dimostrazione dell’azione combinata, intimidatoria e mistificante operata verso i lavoratori, vere vittime di prove tecniche di repressione sociale. Da oggi in poi i lavoratori Alitalia porteranno indebitamente sulle loro spalle la vergogna di essere stati i precursori della “concertazione aggressiva”, i primi in Italia ad aver accettato di produrre di più con meno retribuzione e a esclusivo vantaggio dei profitti del capitale.

 

Le responsabilità del Prc e l’intervento di Progetto Comunista

Non meno preoccupante la posizione e l’azione della maggioranza dirigente del Prc. Incastrata in una logica d’equilibri interni e d’avvicinamento a tappe forzate verso il centro liberista, nell’ormai conclamata e programmata alleanza di governo, la dirigenza del nostro partito ha svolto un’azione del tutto marginale e di rimessa. A fronte di sporadiche prese di posizione apparentemente forti e spesso tardive, in realtà nulla è stato fatto di veramente incisivo né sul piano istituzionale né, quel che è peggio, tra i lavoratori in lotta.

Non aver espresso contrarietà alla privatizzazione dell’azienda, mentre si chiedeva la nazionalizzazione della Fiat, aver sostenuto la linea dilatoria e concertativa delle organizzazioni sindacali, sono state le due mancanze più gravi che vanno imputate al nostro partito, unitamente al non aver dato un concreto appoggio politico e soprattutto organizzativo alle migliaia di lavoratori che, spontaneamente, hanno dato il via alle numerose mobilitazioni. In questo contesto il nucleo di Progetto Comunista operante in aeroporto, coadiuvato dalle compagne e dai compagni del collettivo romano, ha svolto una serie d’interventi sia politici, per denunciare la disfatta totale del fronte sindacale, sia organizzativi, con la pianificazione dei momenti di lotta e l’indirizzo di scelte assembleari, finché queste hanno avuto valore decisionale.

Riassumendo il problema in un’ottica essenzialmente di classe, non si può non affermare che un servizio pubblico deve essere disponibile per tutti, efficiente, a tariffe accessibili, affidabile e sicuro, garantendo al contempo dignità, salario e certezza occupazionale per i lavoratori. Per questo le parole d’ordine da cui muovere tutte le iniziative di lotta devono essere:

- Azienda unica e pubblica, contratto nazionale uguale per tutti.

- Rinuncia al precariato con azzeramento integrale della L.30 e del pacchetto Treu

- Aziende di servizio pubblico di proprietà dello stato e sotto il controllo di lavoratori

- Contratto di lavoro unico per tutti gli operatori di compagnia aerea e aeroportuali a garanzia di dignità e sicurezza della salute, di salari adeguati al costo della vita, certezza del lavoro, sviluppo professionale.

- Per la democrazia sindacale e il diritto di sciopero, negati dalla L.146/90.

Su questo chiediamo che il partito si mobiliti e si liberi da tutte le forme di speculazione precongressuale. Alla classe lavoratrice non serve un sindacato che, come massima opposizione conflittuale, offre una diluizione nel tempo dell’azzeramento dei diritti e dell’abbattimento dei salari. Così come alla classe lavoratrice non può bastare un’alternanza di governo se questa non comprende un radicale cambiamento di sistema.

 

*del nucleo “Progetto Comunista lavoratori Alitalia”