NO ALLA LEGGE SULLE TECNICHE DI RIPRODUZIONE ASSISTITA

 

 

Con la legge sulle "tecniche di riproduzione assistita" (passata al Senato) il governo Berlusconi (col sostegno di una parte del centro liberale dell'Ulivo -e segnatamente della Margherita di Rutelli) sferra un violento attacco alle donne, inasprendo in prospettiva ulteriormente la loro oppressione sociale. Rifondazione Comunista, impegnata nella trattativa di governo col centro liberale, si limita a "protestare" in parlamento. Un'altra battaglia è necessaria e possibile, e passa anche in questo caso per l'indipendenza di classe dei movimenti e dunque per la rottura con il centro liberale dell'Ulivo.

Su questo tema fondamentale vi inviamo una prima riflessione delle compagne di Progetto Comunista; a questo tema dedicheremo anche un approfondimento nel prossimo numero del nostro giornale.

 

F.R.

 


 

La legge sulle tecniche di riproduzione assistita (t.r.a.) approvata recentemente dal Senato rappresenta un pesante attacco alle conquiste degli anni settanta in tema di aborto, divorzio, diritto di famiglia.

o       E’ una legge contro le donne che sono considerate semplici incubatrici di embrioni ed espropriate del potere di autodeterminazione in ambito  riproduttivo; inoltre, dato lo stampo fortemente proibizionista di cui è pervasa, mette a repentaglio la loro salute fisica e psichica;

o       riconosce “capacità giuridica” all’embrione fornendo così lo strumento agli antiaboristi per un attacco definitivo alla legge sull’aborto, sempre più depotenziata in questi anni dal progressivo smantellamento della sanità pubblica. Non è un caso che il giorno dopo l’approvazione della legge sulle t.r.a, Andreotti ed esponenti dell’UDC si siano pronunciati per una “revisione” della legge 194/78, D’Onofrio ha affermato che “con la norma sulla fecondazione assistita è come se culturalmente avessimo già modificato la 194” ed esponenti delle gerarchie ecclesiastiche, compreso il Papa,  non hanno esitato ad insistere sulla protezione della vita e della famiglia “consacrata”;

o       sanziona come unico tipo di famiglia quella tradizionale, permettendo l’accesso alle tecniche solo alle coppie sposate o conviventi escludendo le persone single e gay; inoltre il governo si arroga, attraverso uno dei pochi emendamenti sfuggiti alla blindatura della legge in aula, il diritto di stabilire quali debbano essere i requisiti delle coppie conviventi perché possano essere considerate “coppie stabili”;

o       approfondisce il discrimine di classe già presente oggi rispetto all’accesso alle tecniche, in quanto il divieto della  fecondazione eterologa, oltre che alimentare la clandestinità, farà sì che soltanto le coppie ricche potranno permettersi di effettuarla all’estero; ma soprattutto annulla il ruolo del sistema sanitario nazionale al quale non vengono conferite risorse, lasciando tali tecniche totalmente in mano al mercato costruito in questi anni dai centri privati.

L’approvazione della  legge, lungi dal ridursi ad una questione di opinione e quindi di “libertà di coscienza”, ha mostrato, invece, uno scontro per l’egemonia interno alle frazioni della borghesia.

Da una parte si sono aggregati gli interessi di dominio e di condizionamento sull’elettorato cattolico, delle gerarchie ecclesiastiche e dei politici loro fiancheggiatori. Il cardinale Ruini ha combattuto a lungo per l’affermazione del principio di tutela dell’embrione e per il divieto della clonazione; il Movimento per la vita, attraverso Casini, da anni caldeggia il progetto di revisione dell’art.1 del Codice civile nel quale si afferma che l’individuo è soggetto di diritto al momento della nascita e non certo allo stadio di cellula fecondata;  finalmente il governo Berlusconi  ha potuto produrre, con questa legge, il miglior livello di mediazione con le posizioni cattoliche più integraliste che escludono totalmente la fecondazione artificiale ed il riconoscimento delle coppie di fatto.

La posizione di Rutelli, oltre che evidenziare il tentativo di accreditarsi, se ancora ce ne fosse bisogno, presso le gerarchie cattoliche, non ha rappresentato un atteggiamento isolato all’interno della Margherita la cui assemblea dei senatori aveva deciso il voto a favore (posizione già assunta dopo l’approvazione della legge alla camera avvenuta più di un anno fa), indicazione seguita da 27 senatori e disattesa da 10.

Dall’altra parte, si sono contrapposti settori  “laico-liberali” più direttamente rappresentati dai DS, che rivendicando una “interessata”  “libertà di scelta” e “libertà della ricerca” si candidavano a rappresentare meglio gli interessi economici dei centri privati e delle lobbies dei medici e dei ricercatori, attraverso il riconoscimento e l’espansione del mercato delle tecniche di riproduzione assistita. Il loro dissenso rispetto alla legge registra una posizione ipocrita che oggi, a legge approvata, punta ancora ad una mediazione con i settori cattolici piuttosto che ad un referendum abrogativo così come proposto dal resto dell’Ulivo e da Rifondazione (vedi le dichiarazioni di Angius e L.Turco).

Il PRC ha ridotto il rifiuto della legge al puro ambito parlamentare, rinunciando ad una battaglia nei movimenti e nella società per circa un anno e mezzo (il tempo intercorso tra l’approvazione della Camera e del Senato); il conflitto che si era espresso nell’estate 2002 attraverso una mobilitazione nazionale dei movimenti e delle donne, avrebbe dovuto essere alimentato attraverso iniziative costanti fino ad una nuova manifestazione a ridosso dell’approvazione al Senato. 

Si legge in questa rinuncia tutta la subordinazione del partito ad un centrosinistra con il quale incondizionatamente sta concretizzando l’accordo di programma per le prossime elezioni politiche. Un centrosinistra che in una sua parte vota una legge proibizionista, retrograda, misogina e classista esprimendo  interessi contrapposti alla classe operaia, alle donne, alle lesbiche ed ai gay. Una subordinazione già accettata dal Prc quando nel 2000 Rutelli, allora Sindaco di Roma con Rifondazione al governo con il centrosinistra, ritirò il patrocinio del Comune al gaypride.

L’AMR Progetto Comunista ritiene che quanto avvenuto intorno all’approvazione della legge sulle t.r.a. ribadisca ancora una volta l’assoluta necessità per il movimento operaio e tutti i movimenti di emancipazione sociale e di lotta al capitalismo, di rompere con il centro liberale dell’Ulivo e di costruire  una propria autonomia programmatica e di classe.

La disobbedienza dei medici, a cui “si affida” Malabarba (capogruppo del Prc al Senato) nel suo intervento parlamentare non riuscirà a contrastare gli effetti di questa legge. Solo la rivendicazione di una sanità pubblica sotto il controllo dei lavoratori, delle donne e delle masse popolari, può garantire la difesa dei diritti conquistati e la corretta applicazione delle nuove tecnologie mediche, sottraendole a nuove occasioni di profitto capitalistico.