Che cosa hanno da dire i pablisti italiani di Erre di fronte alla deriva senza limiti dei loro compagni brasiliani?

 

I trotsko-sceriffi della "legge ed ordine" a difesa dei latifondisti

 

di Franco Grisolia

 

"Riaffermiamo il nostro rispetto per tutte le manifestazioni, ma il governo non tollererà alcuna infrazione alla legge e allo stato di diritto"

Miguel Rossetto, dirigente di "Democrazia Socialista" sezione brasiliana del "Segretariato Unificato" e ministro della riforma agraria nel governo Lula rispondendo ad una domanda di un giornalista di Carta (n° 34 pag. 33) sulle occupazioni dei Sem terra.

 

Queste incredibili affermazioni di Rossetto, degne del peggiore ministro di un governo reazionario, comparse su un recente numero del settimanale "di movimento" Carta indicano come purtroppo la lunga degenerazione della corrente revisionista del trotskismo che si organizza nel cosiddetto "Segretariato Unificato della IV Internazionale" (SU) che dal dirigente che la capeggiava al suo inizio negli anni Cinquanta ha il nome di pablismo, sia giunta per una delle sue più importanti sezioni fino a sposare posizioni apertamente  controrivoluzionarie.

Per Rossetto queste affermazioni non sono nuove o espressione di una caduta verbale (non a caso la domanda del giornalista di Carta si riferiva, oltre che ai sem terra, al "bellicismo di latifondisti", cosa su cui il ministro non si degna di rispondere).

Fin dai primi mesi del suo incarico Rossetto  ha condannato le occupazioni dei latifondi incolti da parte dei Sem terra. Come riportavano le agenzie "Miguel Rossetto ha criticato gli occupanti, dicendo che il governo sta lavorando per realizzare un pacifico processo di redistribuzione delle terre".

La redistribuzione delle terre i contadini, che ne sono privi a milioni, non l'hanno vista. Ma il carattere "pacifico" del processo lo hanno certo conosciuto sulla loro pelle.

Anche qui  Rossetto ha avuto il suo ruolo. Di fronte ad una occupazione nel mese di marzo una nota del suo ministero affermava che l'azione dei Sem terra "oltrepassa i limiti democratici del diritto di manifestazione". Evidentemente confortati da questa posizione, riportata da tutta la stampa, il giorno dopo i latifondisti locali hanno "riposto i limiti"… risultato due Sem terra morti e quattro feriti da parte delle squadracce dei proprietari terrieri.

Nel 2002, all'epoca del governo Cardoso, furono venti i Sem terra assassinati dalle squadracce dei proprietari terrieri. Quest'anno, fino a settembre, sotto il governo Lula e il ministero di Rossetto, sono stati, invece... quarantaquattro! Da precisare che gli assassini restano tutti impuniti, mentre trentacinque dirigenti dei Sem Terra sono in prigione condannati o accusati per "violenza".

E di fronte a tutto ciò quello che è per il suo ruolo, all'evidenza, uno dei responsabili, ha il cinismo di dichiarare che non tollererà infrazioni allo"stato di diritto" cioè quello del potere dei latifondisti e del loro diritto di uccidere impuniti. E i dirigenti pablisti italiani, come ha fatto il compagno Malabarba all'ultimo Comitato Politico Nazionale del partito, hanno il coraggio di affermare che una delle contraddizioni a positivo del governo Lula è la presenza al suo interno del ministro Rossetto.

Talvolta sul piano internazionale, in primo luogo in Francia ma anche in Italia, i dirigenti pablisti hanno cercato, con profonda ipocrisia, di mischiare le carte, riferendosi alla senatrice Heloisa Helena, aderente a Ds, e fiera critica del governo Lula. Ma Heloisa Helena rappresenta l'estrema punta a sinistra dei dissidenti di Ds. Ha preso tutte le sue posizioni in netto contrasto con Ds, che ne ha condannato l'azione. Ha pubblicamente definito i suoi "compagni" (o meglio "ex compagni") "codardi" per aver appoggiato la controriforma delle pensioni appena votata alla camera dei deputati e, con ogni probabilità si appresta a rompere con Ds al momento della sua quasi certa espulsione dal Pt il prossimo dicembre (dopo il voto in senato sulla controriforma pensionistica del governo) e a costituire con i tre deputati, non di Ds, che verranno espulsi con lei un nuovo partito (si veda al proposito l'articolo sul Pt e la sua sinistra nel numero 2 della nostra rivista Marxismo Rivoluzionario).

La realtà è che pur preferendo una scelta meno reazionaria (non rivoluzionaria, come sarebbe logico per chi si rivendichi con un minimo di dignità al marxismo rivoluzionario, bensì una di tipo riformista -keynesiana) e non quella della partecipazione diretta ad un governo che sviluppa una politica neo-liberale, il Segretariato Unificato non ha mai contrastato la politica di Ds, anzi l'ha coperta, come dimostra l'indirizzo inaugurale tenuto da Livio Maitan all'ultimo congresso mondiale del SU tenutosi lo scorso febbraio, in cui salutava, pur indicando la "difficoltà della situazione", l'ingresso di Rossetto nel governo Lula.

Più in generale la deriva controrivoluzionaria di Democrazia Socialista rimanda alla politica stessa del SU. Per anni ci è stato presentata come un esempio l'esperienza di Porto Alegre e del suo stato, il Rio Grande del Sud, in cui i pablisti dirigono le importanti (tanto più in uno stato federale, come il Brasile) istituzioni locali. Il "bilancio partecipativo" ci è stato presentato come una forma di "potere popolare", quando nella realtà non era ed è, nelle condizioni date, che un truffaldino strumento di integrazione delle masse all'interno delle istituzioni borghesi, nel quadro di una politica di collaborazione di classe aperta, di cui la borghesia locale è stata pienamente soddisfatta. E' su questo terreno che, con la benedizione e l'esaltazione del pablismo mondiale i Rossetto e compagnia si sono trasformati in agenti della borghesia in seno al movimento operaio, opera che ora continuano su più ampia scala, allargandosi fino a divenire agenti anche dei latifondisti e, nell'ambito del governo Lula, del capitale finanziario internazionale.

Noi pensiamo, o almeno speriamo, che tra i militanti del Segretariato Unificato ci siano compagni e compagne che di fronte all'evidenza dei fatti (che come diceva un vecchio proverbio russo, che Lenin amava ripetere, "hanno la testa dura") abbiano la dignità politica e morale (sì di fronte a fatti come quelli brasiliani anche morale, la morale per cui i comunisti non possono accettare di considerarsi compagni di chi collabora con la peggiore reazione) di tirare le conclusioni. E' il momento per coloro che hanno aderito ad un movimento che si richiamava al trotskismo, allo scopo di lottare per l'abolizione di una società basata sullo sfruttamento e l'oppressione, di rompere con quel pantano revisionista che si rivela il Segretariato Unificato. E se non ora quando, compagni?

 

PS.

Diversi quotidiani italiani hanno fatto riferimento al recente congresso della Lega Comunista Rivoluzionaria, la sezione francese del Segretariato Unificato. In particolare hanno ricordato la decisione presa a maggioranza del 70% circa di un accordo elettorale con l'altra organizzazione trotskista, Lutte Ouvriere, per le elezioni sia regionali che europee del prossimo anno, in netta contrapposizione al Partito Socialista e alla cosiddetta "sinistra plurale"; e inoltre il fatto che i sondaggi ipotizzino un ampio sostegno alle liste trotskiste, superiore anche al record dell'11% realizzato dai tre candidati  trotskisti (Lcr, Lo, Partito dei Lavoratori) al primo turno delle presidenziali del 2002.

La decisione della lista unitaria ci pare, al di là dei gravi limiti politici di entrambe le organizzazioni coinvolte (per il nostro giudizio politico su di esse si veda l'articolo sulle elezioni presidenziali su "Proposta" n° 33) positivo, e l'ampio spazio di sostegno l'espressione, contraddittoria proprio rispetto all'analisi che il SU faceva dopo il crollo degli "stati operai degenerati", di una, sia pure confusa, ricerca da parte di ampi settori di massa di una alternativa radicale alla società capitalistica.

Però questo stesso congresso, di una organizzazione certo, ad oggi, diversa dalla riformista Ds brasiliana (il che non toglie che sia inqualificabile il suo silenzio sulla politica controrivoluzionaria degli affiliati brasiliani alla stessa organizzazione internazionale) ha avuto un momento emblematico che esprime la realtà odierna del pablismo, anche congiunturalmente più di sinistra. Con l'85% dei voti favorevoli il congresso ha infatti deciso di eliminare dallo statuto dell'organizzazione il riferimento alla prospettiva della "dittatura del proletariato". Secondo quanto riferisce Le Monde i dirigenti della Lcr hanno motivato così la loro scelta "E' una maniera per dire che il ciclo aperto con l'ottobre 1917 si è oggi chiuso, che bisogna fondare un nuovo progetto di trasformazione sociale...".

Ci paiono parole chiare. La questione non è terminologica. Rinunciando al concetto di dittatura del proletariato la Lcr, ne siano o no pienamente coscienti tutti coloro che hanno votato a favore di tale scelta, rinuncia, nei fatti, alla prospettiva della rivoluzione proletaria.

E' un vecchio dibattito nel movimento operaio. Già più di cento anni fa Engels affermava: "Recentemente il filisteo socialdemocratico è stato preso da sacro terrore a sentire la parola 'dittatura del proletariato'. Vogliono sapere cos'è la 'dittatura del proletariato', questi signori? Ebbene guardino alla Comune di Parigi. Questa fu la dittatura del proletariato".

Noi siamo certi che proprio nel paese della Comune si troveranno compagni e compagne (nella Lcr, in Lo, nella sinistra del Pcf che si richiama al marxismo rivoluzionario, nelle nuove generazioni) che riprenderanno, malgrado e, se necessario, contro i dirigenti revisionisti del trotskismo la prospettiva concreta della rivoluzione proletaria e quindi della dittatura del proletariato, costruendo un vero partito marxista rivoluzionario e quindi leninista, come quello che diede l'assalto al cielo nell'ottobre del 1917, con un'esperienza che resta la base fondamentale per ogni reale prospettiva di cambiamento dello "stato di cose presenti". Senza tale sviluppo ogni successo politico od elettorale, per quanto grande fosse quantitativamente, non rappresenterebbe nulla storicamente per la lotta per la liberazione dallo sfruttamento e dalla oppressione di questa società.