La lotta dei metalmeccanici per il contratto

 

Quali prospettive per la lotta?

 

di Francesco Doro (*)

 

La storia degli accordi separati tra padroni e burocrati sindacali compiacenti è lunga nel nostro Paese, basti pensare agli anni Cinquanta, o per venire ad un periodo più recente ricordare il rinnovo del contratto integrativo Fiat del 1988. La Fiat chiese al sindacato un avallo ai premi una tantum in rapporto all'avvenuto aumento della produttività aziendale. La notte tra il 17 e il 18 luglio del '88 la Fim, la Uilm e la Fismic firmarono l'accordo, un accordo separato firmato subito dopo dalla Fiom, che sposava la logica aziendale intesa a creare un sistema retributivo rapportato alla produttività, l'introduzione del modello "partecipativo", fondato sulla collaborazione tra rappresentanze sindacali e azienda, finalizzato alla competitività.

 

L'accordo del '88 rappresenterà nelle grandi fabbriche l'equivalente della concertazione a livello sociale complessivo tra Governo, Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, avviatasi con l'accordo del 31 luglio '92, che cancellava la scala mobile dei salari e bloccava i contratti nazionali e la contrattazione aziendale, alla vigilia di una pesante svalutazione della lira e di una conseguente inflazione che massacrava i salari. Il proletariato reagì, nasceva il movimento degli autoconvocati, con scioperi e manifestazioni di grande portata e con durissime contestazioni nei confronti di tutti i burocrati sindacati, che parlavano nelle piazze protetti dagli scudi di plexiglass della polizia.

 

La successiva intesa del 23 luglio '93 istituzionalizza i meccanismi della contrattazione, si dava via libera alla flessibilità del mercato del lavoro che avrebbe avuto come primo sbocco il "Pacchetto Treu", si obbligavano i salari a inseguire l'inflazione programmata (notoriamente sempre al di sotto di quella reale), la contrattazione aziendale veniva ridimensionata alla definizione dei premi aziendali collegati ai bilanci.

Dopo dieci anni di concertazione e moderazione rivendicativa e dopo venticinque anni dal congresso dell'EUR, nei quali il sindacato, all'interno delle imprese, ha favorito i più vasti processi di ristrutturazione e flessibilità, il risultato è stato: il raddoppio della disoccupazione, la perdita di circa il 20% dei salari, un aumento di circa il 15% della produttività, l'azzeramento dei diritti e delle tutele del mondo del lavoro fino alla totale flessibilità in entrata.

 

Ma non è stata la Cgil a trarre un bilancio delle politiche di concertazione e cambiare realmente rotta, è stata la Confindustria ad aprire all'inizio del 2001, con la conferenza di Parma, una linea di scontro frontale e di rifiuto sostanziale del negoziato. Ancora una volta sarà un contratto aziendale a rappresentare uno dei primi passi del nuovo atteggiamento della Fiom, il contratto integrativo Elettrolux-Zanussi, sottoscritto nel giugno 2000 da Fim e Uilm e respinto dalla Fiom. L'ipotesi di accordo sottoscritto da Fim e Uilm era centrato su due pilastri: il "job on call" (lavoro a chiamata) ed il cambio del sistema dei ritmi e tempi della produzione con l'intensificazione dello sfruttamento. Tale sciagurata ipotesi di accordo viene largamente respinta dai lavoratori del gruppo Elettrolux-Zanussi il 18-19 luglio 2000 con il 67% di NO al referendum di mandato, delegittimando in questo modo i collaborazionisti di Fim e Uilm che sono costrette a ritirare la loro firma, da quel momento rifiuteranno il ricorso al referendum per gli altri accordi separati. L'Elettrolux reagisce minacciando la riduzione di produzione e personale. Alla fine il cambio dei ritmi è introdotto e sono decise riduzioni di produzione e personale, concentrate in particolare nello stabilimento di Rovigo, dove i lavoratori bocciano il secondo accordo.

 

Nel 2001 due pilastri della concertazione vengono meno: i padroni e il secondo governo Berlusconi non sono disponibili alla tradizionale mediazione sociale. Di fronte al nuovo quadro politico l'opposizione della Fiom è una scelta obbligata. Nel 2001 di fronte all'accordo separato di Uilm e Fim, sul rinnovo economico della seconda parte del contratto nazionale, firmato unitariamente nel '99, c'è stata una forte reazione dei lavoratori e della Fiom che portò allo sciopero generale della categoria il 6 luglio 2001, con la partecipazione di 250 mila metalmeccanici alla manifestazione di Roma, e alla richiesta, firmata da 360 mila metalmeccanici, di sottoporre al referendum nelle fabbriche l'accordo firmato, ma i sindacati firmatari non accolsero la richiesta.

Questa vicenda pose all'attenzione dei lavoratori la questione della legittimità del mandato, la convalidazione da parte dei lavoratori delle piattaforme e dei contratti che li riguardano, la democrazia nei luoghi di lavoro.

 

Dopo l'accordo separato del 7 maggio 2003 da parte di Fim, Uilm e Ugl, il processo di smantellamento del doppio livello contrattuale ha fatto un ulteriore passo avanti. Con questo accordo il CCNL viene svuotato da quei principi di tutela del lavoro sanciti dal precedente contratto del '99, mentre recepisce le nuove leggi precarizzanti (Patto per l'Italia e L.30/2003, precedentemente chiamata 848, quella contro cui hanno lottato per un anno tutti i lavoratori), viene sancito l'orario plurisettimanale, per cui l'orario di lavoro diventa funzionale alle necessità aziendali; viene allargata l'area degli addetti a mansioni discontinue con orario fino a 48 ore settimanali, questo con lo scopo di aumentare la flessibilità dell'orario per alcune categorie di lavoratori dei servizi; l'istituto della reperibilità nasce eliminando qualsiasi volontarietà del lavoratore che resta a disposizione dell'azienda, vengono ridotti i tempi per raggiungere i posti di lavoro obbligando, considerati i tempi di durata della stessa reperibilità, i lavoratori a risiedere vicino il posto di lavoro, condizionandone gravemente la libertà di movimento; l'accordo prevede indennità irrisorie senza ricadute sul Tfr.

 

Come oggetto di scambio con la burocrazia di Fim e Uilm per la firma di questo contratto viene istituito un ente bilaterale, "dotato di personalità giuridica autonoma dalle parti, ma di esse emanazione". Tale ente in prospettiva si occuperà, oltre che della formazione professionale, anche di amministrare il mercato del lavoro, costituendo un vero e proprio conflitto di interessi tra il sindacato e le aziende. Se la parte normativa è all'insegna della massima precarietà/flessibilità, l'adeguamento salariale è insignificante: 77,7 euro lordi scaglionati in due anni per il terzo livello.

 

La Fiom, a questo ennesimo accordo bidone ha risposto diversamente rispetto al 2001, ha dato inizio alle vertenze aziendali dei pre-contratti, chiedendo l'ultrattività del contratto del '99 e  presentando la piattaforma Fiom votata dai lavoratori, per sostenere le lotte viene costituita la cassa di resistenza nazionale. Ogni azienda che cede e firma il contratto incrina il fronte padronale, l'obiettivo è la riapertura della contrattazione nazionale e per questo obiettivo è stato proclamato lo sciopero generale della categoria per il 7 novembre '03 con manifestazione a Roma, in contemporanea la CUB organizza uno sciopero generale con manifestazione a Milano. Scioperi largamente riusciti, come il precedente sciopero generale del 24 ottobre, che malgrado il limite delle quattro ore in molte aziende è stato esteso ad otto ore ed ampliata la piattaforma rivendicativa, ciò dimostra la volontà di lotta dei lavoratori.

 

La piattaforma Fiom per il contratto parte dalla precarietà e dalla perdita del potere di acquisto dei salari. Precarietà che riguarda i nuovi assunti attraverso le leggi flessibilizzanti, dal "Pacchetto Treu" alla Legge 30/2003, ma anche quei lavoratori con più anzianità lavorativa che rischiano di essere espulsi alla prima ristrutturazione. Contro la precarietà  la piattaforma stabilisce: dopo otto mesi di lavoro interinali, a termine, di staff, di collaborazione coordinata e continuativa, si deve essere assunti come lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, il lavoro a part-time dovrà essere una libera scelta del lavoratore; sull'adeguamento salariale si propone un aumento uguale per tutti di 135 euro; la conquista del pre-contratto non sostituisce la contrattazione aziendale di 2° livello ma è un'azione tesa alla riapertura delle trattative per il contratto nazionale; infine centrale è la convalidazione democratica delle piattaforme e degli accordi, la lotta per una legge sulla rappresentanza.

 

In sintesi la piattaforma Fiom, seppur parziale ed insufficiente in più punti, dà una prima risposta in controtendenza rispetto al continuo degrado delle condizioni di lavoro e dei diritti. Con le vertenze per il pre-contratto si è entrati in una fase di articolazione della lotta, ma per essere efficace è necessario che superi il livello aziendale, unificandosi con quella più generale di tutto il mondo del lavoro contro la Finanziaria e la controriforma previdenziale, quella dei movimenti contro la guerra i cui costi si scaricano sui lavoratori. Insieme a queste forze è possibile avanzare la proposta di una vertenza generale unificante.

 

La Fiom emiliana ha dimostrato che quando si blocca la produzione con decisione (picchetti, blocchi delle portinerie e delle merci) i risultati si ottengono, in Emilia Romagna le vertenze aperte sono 611 e gli accordi conclusi 153. In Veneto ad oggi sono aperte 72 vertenze e 10 sono state concluse, vertenze che coinvolgono tutte le provincie ed i più importanti grandi gruppi (Fincantieri, Zanussi, Fin.all. del gruppo Al.co, Marcegaglia, Aprilia) ma anche le piccole e medie aziende. Da Belluno a Venezia la Confindustria reagisce accusando la Fiom: a Belluno, dopo l'apertura delle trattative alla Forgialluminio, Zanussi, Olis Polaris e Procond, l'accusa è di condurre "azioni di conflittualità esasperata ai danni dell'azienda"; a Venezia dopo l'apertura delle vertenze nelle ditte di appalto delle industrie di Marghera, ditte in cui la sicurezza sul lavoro è aleatoria come dimostra la serie di gravi incidenti alla Fincantieri, l'ultimo il 4 novembre '03 ai danni di un lavoratore dipendente di una delle tante ditte di appalto, la Omega, l'accusa è di  dipingere "le aziende di appalto con toni denigratori e antistorici", di usare un metodo "privo di remore comportamentali, linguistiche e negoziali", mentre la proposta è di ritornare alla "concertazione", come avviene "in molte altre categorie" con "Cgil, Cisl e Uil".

In tutto il Veneto, anche dove ad oggi non sono state aperte le vertenze precontrattuali, i lavoratori continuano nelle lotte per gli stessi obiettivi.

 

Oggi alla vertenza dei metalmeccanici si aggiunge l'attacco del governo Berlusconi che mediante la Finanziaria aumenta l'età pensionabile, riduce le entrate dell'INPS, mette in discussione i diritti acquisiti di migliaia di lavoratori sull'amianto, ruba la tredicesima mensilità ai cassintegrati, mentre i ministri Giovannardi e Fini minacciano di mandare le forze dell'ordine agli scioperi della Fiom in Emilia Romagna ed utilizzano il terrorismo per criminalizzare le lotte sociali.

Occorre uno sciopero generale prolungato che si ponga l'obiettivo di cacciare questo governo reazionario, occorre costruire le casse di resistenza intercategoriali per sostenere le lotte, per una reale alternativa anticapitalistica dei lavoratori e delle lavoratrici, alternativa incompatibile con i portavoce delle Banche, delle grandi imprese, del capitalismo europeo, il partito liberale riformista di Prodi e D'Alema.

 

 

(*) direttivo regionale Fiom Cgil Veneto