Università della Calabria

 

Un bilancio di classe dell’Autonomia

 

di Francesco De Simone, Vittorio Sacco e Massimiliano Caligiuri

 

L’Università della Calabria (Unical) -nata negli anni ‘70 con lo scopo di permettere agli studenti calabresi di poter studiare nel loro territorio- sta vivendo una radicale trasformazione dettata dalle scelte politiche volute dai governi di alternanza borghese e indirizzate verso lo smantellamento progressivo di una delle poche risorse culturali e sociali che il meridione possiede.

L’Unical, come le altre università, sta facendo i conti con i tagli operati dalla riforma Moratti e con il processo di devolution che indirettamente colpisce l’ateneo con la decurtazione dei fondi destinati agli enti locali. Tutto questo avviene ovviamente imponendo ulteriori sacrifici agli studenti. Infatti, alla fine dello scorso anno accademico, il C.d.A. (Consiglio d’Amministrazione) dell’ateneo calabrese deliberava per l’anno 2003/04 un aumento di 75 € sulle tasse universitarie per ogni studente, indipendentemente dalla fascia di reddito. Un provvedimento fatto passare nel totale silenzio, in un momento in cui nessuna voce critica si poteva alzare. Questo aumento, che è stato giustificato con l’intento di estendere il numero delle borse di studio (assegnate in modo quasi esclusivamente meritocratico), è in realtà solo un altro tassello che va ad aggiungersi al progetto di smantellamento del diritto allo studio.

La nostra Università è ormai orientata verso un’ottica in cui all’innalzamento delle tasse corrisponde una forte diminuzione dei servizi. Infatti, da due anni i trasporti, prima gratuiti, sono stati cancellati dalle competenze del nostro ateneo portando così ad un progressivo aumento dei costi -anche per gli studenti alloggiati negli stabili universitari che prima avevano diritto ad un abbonamento annuale gratuito- e ad una diminuzione netta della qualità complessiva del servizio. Stessa sorte è toccata anche al costo delle mense e a quello delle rette sugli alloggi, già alquanto elevati, che hanno subito ulteriori aumenti, andando a penalizzare maggiormente gli studenti appartenenti alle fasce di reddito medio-basse.

Questo è da addebitare al modello classista ed elitarista che il governo di Centrosinistra prima (Riforma Zecchino e Berlinguer) e il governo di Centrodestra poi (Riforma Moratti) hanno voluto portare a compimento, riconducendo il sapere e la cultura a delle mere appendici del profitto e del capitale. È un’Università che non permette più lo sviluppo di una coscienza critica, ma che è orientata verso un processo di “automizzazione” dello studente, schiacciato tra pesanti orari di lezioni e un caotico modello formativo basato su un sistema di crediti, lauree di primo livello, lauree di secondo livello, corsi di specializzazione e via dicendo; mercanzia pregiata da offrire alle aziende private in cambio di una loro disponibilità ad investire e finanziare le attività di ricerca dell’ateneo.

Il quadro è quello di una università aziendalizzata e “autonoma” in grado di attrarre un elevato bacino di utenze e di sfornare, al più presto possibile, un alto numero di laureati ultraflessibili e precari. Obiettivo raggiunto dall’Unical che, da tre anni a questa parte, vede aumentare notevolmente il numero delle iscrizioni (7000 nuovi iscritti nell’anno in corso) grazie all’ingente numero di risorse riservate alle attività di marketing come “Lezioni di Campus” o “La Fiera del Lavoro”; una passerella, quest’ultima, di aziende locali e multinazionali che per tre giorni utilizzano la nostra università per pubblicizzarsi e raccogliere curriculum tra gli studenti. Sono iniziative di facciata, con la pretesa di essere utili ad orientare gli studenti verso “l’inserimento professionale” ma che, in realtà, servono solo a legittimare un lavoro all’insegna del precariato e della flessibilità.

Come se non bastasse, nell’anno in corso il nostro ateneo si è saputo distinguere annunciando la chiusura del corso di laurea in DAMS multimediale, corso di tipo sperimentale non abbastanza competitivo per le logiche del mercato (locale) e che quindi è diventato una scomoda spesa per la nostra Università. Questo, oltre a ledere i diritti degli studenti, apporterà dei tagli non indifferenti agli organici del personale docente, che si ritroverà a infoltire le fila di quella miriade di precari (tra personale tecnico amministrativo e docente) che da più di due anni si vedono bloccate le assunzioni. Il tutto accade in un momento in cui, la ricerca prodotta dall’ateneo cosentino e da altri grandi atenei italiani (Napoli, Bologna, Politecnico di Torino ecc.) viene utilizzata da aziende come la Id Technology, un’azienda locale che, grazie ad un contratto di collaborazione con la Open Text, sviluppa protocolli per la formazione a distanza tramite rete (e-learning), utilizzati dall’esercito americano e dalla Shell.: legittimazione ulteriore del rapporto diretto università-azienda, utile a produrre tecnologia e risorse da mettere al servizio del più selvaggio imperialismo. Tutto ciò è in palese contraddizione con le posizioni assunte formalmente dal nostro rettore durante la guerra in Iraq, che si schierò “senza se e senza ma” per la pace…

La cosa che dà più sconforto però sta nel fatto che il “Magnifico”, nel corso degli anni, è riuscito a produrre solo politiche contro gli studenti con il pieno appoggio delle forze di Centrosinistra presenti nel panorama politico universitario e con il consenso di tutte le forze di destra e di tutte le baronie accademiche. Esempio lampante è stato l’aumento delle 75 € sulle tasse deliberato con il silenzio assenso (astensione) dei tre rappresentanti degli studenti in seno al C.d.A., espressioni dell’area cattolica e di Centro destra (ACU e UF) e dell’area di Centrosinistra (UDU).

Consapevoli di questo, noi di Progetto Comunista presenti nell’Unical siamo impegnati da più di due anni in un compito non facile, quello di intraprendere una battaglia di chiarificazione politica tra gli studenti, utile a rompere queste logiche classiste, di cui i soggetti di Centrodestra e di Centrosinistra sono portatori. Solo smascherando queste politiche saremo in grado di far comprendere che il ripristino di una concezione di scuola pubblica, laica e di massa passa sia per il ritiro immediato della riforma Moratti e di tutti quei provvedimenti presi in questi anni per smantellare il diritto allo studio sia per la cacciata dell’attuale governo reazionario Berlusconi-Bossi-Fini; affinché si possa arrivare, con l’unità tra lavoratori e studenti, ad una vera, reale alternativa di sistema.