Università
della Calabria
L’Università della Calabria (Unical) -nata negli anni
‘70 con lo scopo di permettere agli studenti calabresi di poter studiare nel
loro territorio- sta vivendo una radicale trasformazione dettata dalle scelte
politiche volute dai governi di alternanza borghese e indirizzate verso lo
smantellamento progressivo di una delle poche risorse culturali e sociali che il
meridione possiede.
L’Unical, come le altre università, sta facendo i conti
con i tagli operati dalla riforma Moratti e con il processo di devolution
che indirettamente colpisce l’ateneo con la decurtazione dei fondi destinati
agli enti locali. Tutto questo avviene ovviamente imponendo ulteriori sacrifici
agli studenti. Infatti, alla fine dello scorso anno accademico, il C.d.A.
(Consiglio d’Amministrazione) dell’ateneo calabrese deliberava per l’anno
2003/04 un aumento di 75 € sulle tasse universitarie per ogni studente,
indipendentemente dalla fascia di reddito. Un provvedimento fatto passare nel
totale silenzio, in un momento in cui nessuna voce critica si poteva alzare.
Questo aumento, che è stato giustificato con l’intento di estendere il numero
delle borse di studio (assegnate in modo quasi esclusivamente meritocratico), è
in realtà solo un altro tassello che va ad aggiungersi al progetto di
smantellamento del diritto allo studio.
La nostra Università è ormai orientata verso un’ottica
in cui all’innalzamento delle tasse corrisponde una forte diminuzione dei
servizi. Infatti, da due anni i trasporti, prima gratuiti, sono stati cancellati
dalle competenze del nostro ateneo portando così ad un progressivo aumento dei
costi -anche per gli studenti alloggiati negli stabili universitari che prima
avevano diritto ad un abbonamento annuale gratuito- e ad una diminuzione netta
della qualità complessiva del servizio. Stessa sorte è toccata anche al costo
delle mense e a quello delle rette sugli alloggi, già alquanto elevati, che
hanno subito ulteriori aumenti, andando a penalizzare maggiormente gli studenti
appartenenti alle fasce di reddito medio-basse.
Questo è da addebitare al modello classista ed elitarista
che il governo di Centrosinistra prima (Riforma Zecchino e Berlinguer) e il
governo di Centrodestra poi (Riforma Moratti) hanno voluto portare a compimento,
riconducendo il sapere e la cultura a delle mere appendici del profitto e del
capitale. È un’Università che non permette più lo sviluppo di una coscienza
critica, ma che è orientata verso un processo di “automizzazione” dello
studente, schiacciato tra pesanti orari di lezioni e un caotico modello
formativo basato su un sistema di crediti, lauree di primo livello, lauree di
secondo livello, corsi di specializzazione e via dicendo; mercanzia pregiata da
offrire alle aziende private in cambio di una loro disponibilità ad investire e
finanziare le attività di ricerca dell’ateneo.
Il quadro è quello di una università aziendalizzata e
“autonoma” in grado di attrarre un elevato bacino di utenze e di sfornare,
al più presto possibile, un alto numero di laureati ultraflessibili e precari.
Obiettivo raggiunto dall’Unical che, da tre anni a questa parte, vede
aumentare notevolmente il numero delle iscrizioni (7000 nuovi iscritti
nell’anno in corso) grazie all’ingente numero di risorse riservate alle
attività di marketing come “Lezioni di Campus” o “La Fiera del Lavoro”;
una passerella, quest’ultima, di aziende locali e multinazionali che per tre
giorni utilizzano la nostra università per pubblicizzarsi e raccogliere
curriculum tra gli studenti. Sono iniziative di facciata, con la pretesa di
essere utili ad orientare gli studenti verso “l’inserimento professionale”
ma che, in realtà, servono solo a legittimare un lavoro all’insegna del
precariato e della flessibilità.
Come se non bastasse,
nell’anno in corso il nostro ateneo si è saputo distinguere annunciando la
chiusura del corso di laurea in DAMS multimediale, corso di tipo sperimentale
non abbastanza competitivo per le logiche del mercato (locale) e che quindi è
diventato una scomoda spesa per la nostra Università. Questo, oltre a ledere i
diritti degli studenti, apporterà dei tagli non indifferenti agli organici del
personale docente, che si ritroverà a infoltire le fila di quella
miriade di precari (tra personale tecnico amministrativo e docente) che da
più di due anni si vedono bloccate le assunzioni. Il tutto accade in un momento
in cui, la ricerca prodotta dall’ateneo cosentino e da altri grandi atenei
italiani (Napoli, Bologna, Politecnico di Torino ecc.) viene utilizzata da
aziende come la Id Technology,
un’azienda locale che, grazie ad un contratto di collaborazione con la Open Text, sviluppa protocolli per la formazione a distanza tramite
rete (e-learning), utilizzati
dall’esercito americano e dalla Shell.: legittimazione ulteriore del rapporto
diretto università-azienda, utile a produrre tecnologia e risorse da mettere al
servizio del più selvaggio imperialismo. Tutto ciò è in palese contraddizione
con le posizioni assunte formalmente dal nostro rettore durante la guerra in
Iraq, che si schierò “senza se e senza ma” per la pace…
La cosa che dà più
sconforto però sta nel fatto che il “Magnifico”, nel corso degli anni, è
riuscito a produrre solo politiche contro gli studenti con il pieno appoggio
delle forze di Centrosinistra presenti nel panorama politico universitario e con
il consenso di tutte le forze di destra e di tutte le baronie accademiche. Esempio
lampante è stato l’aumento delle 75 € sulle tasse deliberato con il
silenzio assenso (astensione) dei tre rappresentanti degli studenti in seno al
C.d.A., espressioni dell’area cattolica e di Centro destra (ACU e UF) e
dell’area di Centrosinistra (UDU).