Due storie esemplari di lotta a Latina: i lavoratori socialmente utili e gli operai contro l’amianto

 

di Ruggero Mantovani

 

 

L’estensione dei movimenti e della protesta sociale contro le politiche capitalistiche del governo Berlusconi e il riavvio delle mobilitazioni sindacali hanno restituito centralità alla classe operaia e più in generale al mondo del lavoro. L’emersione di un conflitto che sconfessa la morte della lotta di classe, malgrado sia stata annunciata più volte dall’intellettualità borghese e “progressista” e persino da settori egemoni del movimento antiglobal. La classe operaia, dunque, rialza la testa!

Un dinamismo sociale che è senz’altro riscontrabile nella serie di scioperi che nei diversi comparti lavorativi si sono susseguiti in questi mesi, fino alla mobilitazione dello sciopero generale indetto dalla Cgil in ottobre e che oggi diviene palpabile nella resistenza operaia contro la chiusura della FIAT.

Un nuovo quadro sociale che in questi anni ha incontrato vertenze sindacali, costruzione dell’autorganizzazione di classe, ed organismi di lotta, che seppur non ha assunto una direzione generale ed unitaria, rimanendo spesso interno al naturale spontaneismo, ha senz’altro costituito un terreno particolarmente fecondo per il successivo sviluppo delle mobilitazioni operaie.

Un protagonismo che anche in assenza delle mobilitazioni di massa, negli ultimi anni non è mai sopito: rimosso costantemente, semmai, dal sistema di dominazione borghese che nelle sue multiformi articolazioni sociali e culturali, è stato impegnato ad offuscarne la sua fisionomia più elementare, ovvero l’antagonismo inconciliabile tra il capitale e il lavoro.

In questo quadro a Latina abbiamo registrato due storie esemplari di resistenza operaia: due vertenze che hanno travalicato il limitato perimetro sindacale e localistico, dimostrando che è possibile costruire lotte che ottengono risultati reali e che indicano solo nell’unità di classe, anche nei suoi stati più embrionali, lo strumento per costruire un reale processo di liberazione delle masse popolari.

La prima vertenza riguarda i L.S.U. (lavoratori socialmente utili) che in provincia di Latina hanno più volte realizzato momenti di lotta particolarmente qualificati, occupando enti pubblici (i Comuni, la Provincia e la stessa Regione Lazio), dando luogo a forme di autorganizzazione spesso in contrapposizione agli apparati del sindacato confederale, che in questi anni hanno concertato la “vendita ” di questi lavoratori ai consorzi collegati alla Lega delle Cooperative.

Al di là della mitologia sui lavori extramercantili (cura della persona, dell’ambiente, dei servizi e della cultura), molto propagandata anche dal nostro partito, i LSU hanno risolto i vuoti organici degli enti pubblici, svolgendo un lavoro sottopagato e subendo processi di sfruttamento assolutamente indescrivibili. Questi lavoratori hanno sempre reclamato l’assunzione in pianta organica negli enti in cui hanno svolto le loro mansioni, in contrasto con una legislazione che operando una finzione giuridica ha qualificato questa figura lavorativa nell’alveo dell’assistenza e del sostegno alla disoccupazione.Una battaglia dei LSU di Latina che negli ultimi mesi ha combinato momenti di mobilitazione (proteste in Consiglio Provinciale nel mese di agosto con il sostegno attivo, anche nella tutela giuridica, di militanti di Progetto comunista) alla via giudiziaria, ottenendo nel mese di settembre un pronunciamento del Tribunale del Lavoro assolutamente inedito. Con ordinanza esecutiva veniva disposto che “ (...).la fruizione dell’assegno previdenziale e l’integrazione salariale corrisposta dall’ente tutore del progetto per i lavori socialmente utili, possono condurre al riconoscimento del rapporto di fatto..”, mettendo, di conseguenza, radicalmente in discussione il carattere assistenziale della normativa che regola la materia. In definitiva per la prima volta la giurisprudenza di merito ha statuito il principio che anche in presenza di un progetto finanziato a carattere assistenziale, è possibile riconoscere la subordinazione sulla base dell’oggettività del rapporto lavorativo, indipendentemente dalle singole volontà espresse dalle parti.Un risultato importante che incoraggia la battaglia di questi lavoratori, ma al contempo indica eloquentemente che solo la lotta di classe può costruire reali processi di avanzamento, ed in prospettiva un novo ordine sociale.

La seconda vertenza riguarda la lotta contro l’amianto degli operai della Nexans (ex Alcatel) e della Soc. Alcoa: RSU, dirigenti e militanti della CGIL si sono autorganizzati e stanno costituendo un “Comitato degli operai contro l’amianto”, anche in questo caso con il sostegno decisivo dei militanti di Progetto comunista di Latina. Una lotta importantissima che si coniuga ad una storica battaglia dell’avanguardia operaia, che mira alla bonifica dei siti produttivi per riparare ai danni che le fibre di asbesto producono sulla salute dei lavoratori, sulla cittadinanza e sull’ambiente, ma anche per ottenere l’integrazione contributiva prevista dalla L. 257/92 e dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 5/2000, con cui è stato fissato il principio che usufruisce del diritto previdenziale il lavoratore che è stato esposto per oltre dieci anni alle fibre di amianto. Anche in questo caso gli operai si sono autorganizzati, poiché le burocrazie dei sindacati confederali non hanno garantito neppure la semplice tutela giuridica, avendo in questi anni concertato gran parte dei “piani sicurezza” con il padronato.Quasi duecento lavoratori si sono uniti ed hanno organizzato la loro lotta attraverso lo strumento antico della solidarietà operaia: hanno chiesto al Tribunale del Lavoro che i padroni, oltre che gli enti assicurativi, gli restituissero il loro salario differito, i loro contributi previdenziali.Un risarcimento che costituisce per questi lavoratori un paradigma concreto della lotta di classe, che nel farsi costruisce l’unità, travalica i particolarismi e ci impone a noi comunisti di esserne parte, per emancipare quella straordinaria spontaneità all’alternativa socialista.