MOBILITAZIONI NELLE SCUOLE E NELLE UNIVERSITA'
PRESENTAZIONE DELL'APPELLO PER LA CONFERENZA DEI GIOVANI COMUNISTI
Fabiana Stefanoni
FACOLTATEVI
La «fabbrica»
si è fermata
Tutto è
iniziato così. Era la notte di sabato 15 e ci trovavamo in autobus di ritorno
da Roma, reduci dalla manifestazione nazionale contro la direttiva Bolkestein.
Già durante il viaggio di andata iniziò a farsi strada la voce che
timidamente qualcosa stava muovendosi tra gli studenti e le studentesse di
scienze politiche, che proponevano tra di loro l'idea di bloccare i corsi
della propria facoltà. Così, nonostante fossimo distrutti dal corteo e dal
viaggio, iniziammo a discutere circa il da farsi. «Siete di Scienze
Politiche?». «Com'è la situazione?. «Cosa volete fare?». Tutto è
iniziato per caso. Il giorno seguente ci incontrammo per continuare a
discutere su come muoverci, ma più che discutere ci ritrovammo a tirar fuori
tutto il veleno che avevamo in corpo. Iniziarono ad emergere i nostri disagi,
quelli che quotidianamente viviamo sulla nostra pelle (non quelli dei Baroni e
dei Barboncini), l'ostilità verso l'affermarsi di una concezione strumentale
dell'università, che si prepara a sfornare quelle «risorse umane»
necessarie al «Potere» per mantenere il buon funzionamento del
sistema-mercato.
Si è inveito contro i ritmi frenetici e anche contro i costi di affitto,
contro il numero chiuso delle lauree specialistiche, insomma ci siamo
ritrovati a tirar fuori la frustrazione del sentirci studenti precari
proiettati verso un futuro precario e a prender coscienza del fatto che più
che un'università, la nostra è una fabbrica. Per anni molti di noi hanno
volantinato l'università, partecipando alla costruzione di una mobilitazione
contro il ddl Moratti . Ora però tutto è diverso, si parla con più forza
della Zecchino-Berlinguer , si combatte contro il nostro esistente di studenti
non automizzati e per questo didatticamente emarginati, non è un caso che lo
studente fuori corso è visto quasi come fosse un costo morto, un'anomalia che
segnala ciò che non ci deve essere, uno scarto del processo produttivo.
È quasi impossibile seguire i ritmi di produzione just in time del «3+2»,
come rischiano di impazzire gli operai di Melfi, così anche noi, e non solo,
poiché in questo gioco di mercato la quantità sembra stia sostituendo la
qualità, si rischia soprattutto di essere cestinati perché troppi e mediocri
... e da qui parte dall'alto l'esigenza del numero chiuso. Sulla scorta di
questa presa di coscienza, abbiamo allora bloccato le lezioni di scienze
politiche, e pur rendendoci conto, durante tante assemblee, che non sarebbe
stato facile bloccare l'intera l'università della Calabria, così come non è
stato facile bloccare la produzione a Melfi, non ci siamo arresi ed armati di
megafono e volantini siamo entrati in tutte le aule, in meno di una settimana
abbiamo quindi esteso lo stato di mobilitazione all'intero ateneo, bloccando
tutte le lezioni, e creando un seguito di compagni-studenti di notevole
consistenza.
Come un fiume in piena, il cui corso era stato deviato, si riappropria con
irruenza del proprio letto, così con centinaia di studenti ci riversavamo
nelle aule in cui c'era ancora lezione e ci appropriavamo dei nostri spazi,
rivendicando il diritto di avere un'università a misura di studente che formi
sapere e libere coscienze e non tecnocrati «precari» e «preautomatizzati».
La cosa ha funzionato, l'incessante processo produttivo è stato arrestato, il
prato verde del «nuovo ordinamento» si è colorato di rosso, quello che ha
ravvivato i 21 giorni di Melfi. Insieme andremo Roma per manifestare ancora il
nostro dissenso, per difendere la nostra università, per confermare il nostro
no al processo di standardizzazione e mediocrizzazione.
(Luana Stellato e Vittorio Sacco, Università della Calabria)
San Salvo, domenica 30 ottobre, ore 17,30, presso il Circolo del PRC, Rione Istonio, n. 18
Pescara, lunedì 31 ottobre, ore 18,00, presso il Circolo del Partito della Rifondazione Comunista “Gramsci”, Piazza Grue (vicino sede CGIL)