Privatizzazioni e militarizzazione della polizia: cosa ne pensa Penati

I primi passi del governo di collaborazione di classe nella provincia milanese

 

di Fabiana Stefanoni

 

All’indomani delle elezioni che hanno sancito la vittoria del centrosinistra di Penati, a Milano si respira un’aria nuova: sui muri della città campeggiano grandi manifesti del nuovo presidente che, con larghi sorrisi e l’aria un po’ trasandata da uomo del popolo, ringrazia i milanesi per la fiducia accordatagli. A detta dei dirigenti di maggioranza del Prc è l’ora della svolta, che risuona anche nelle parole del neoeletto al discorso inaugurale al consiglio provinciale: “Da oggi il cambiamento così chiaramente voluto dai cittadini inizia a permeare la vita della nostra provincia. E questo sarà un segno molto visibile”. È un testo - consultabile sul sito della provincia - che pretende di contrapporsi alla destra anzitutto per il forte richiamo alla moralità e all’etica del sociale. Siamo abituati ad assistere, nelle ipocrite orazioni dei dirigenti dell’Ulivo, alla trasformazione delle sedi istituzionali in caffè teosofici e birrerie kantiane: anche qui, le belle parole e le dichiarazioni d’intenti trovano immediata smentita nelle linee di un programma che non nasconde la propria ambizione di aprire la strada alle politiche concertative di un eventuale - e sempre più probabile - futuro Prodi bis. Dove stia la verità, se nelle belle parole o nei programmi, lo dimostrano i fatti.

Partiamo proprio dai fatti; e cominciamo col descrivere la prima imbarazzata astensione del nostro partito, che –ricordiamolo - ha deciso di sostenere l’alleanza di governo e di entrare in giunta con tre assessori. In una delle prime sedute del consiglio provinciale vengono messe ai voti due delibere relative all’applicazione della legge regionale che finanzia la polizia locale: legge che, a detta degli stessi consiglieri del Prc, si basa su “una concezione militarista delle polizie locali”. Penati spiega agli imbarazzati alleati che quelle delibere sono state votate solo perché erano già pronte; in altre parole, si porta a termine ciò che proprio il centrodestra della Colli ha lasciato incompiuto: niente male come incipit per una maggioranza di governo che presenta se stessa come l’alternativa alla destra!

Ma non finisce qui. Dopo i festeggiamenti per la vittoria, per Penati è tempo di dare un volto concreto al nuovo governo, anzitutto mettendo “concretamente” le mani nella ghiotta pasta delle ricche società milanesi cui la Provincia partecipa con una propria quota di azioni. Prima della pausa estiva, è la volta della “Milano-Mare” - la società che controlla le due tangenziali milanesi e buona parte della Milano-Genova - che ha chiuso l’ultimo bilancio con un utile di circa 25 milioni di euro: un gruzzolo che fa gola tutti, nel centrosinistra e nel centrodestra. Penati, da generoso uomo democratico, ha deciso di non tenerlo tutto per sé e di gestirlo nientemeno che con… Albertini, il sindaco forzitaliota della metropoli milanese. Alla metà di luglio, i due si incontrano a un pranzo bipartisan a palazzo Marini: in perfetto accordo delineano, in contrapposizione all’avventurismo della Colli, una strategia comune, che prevede tra l’altro l’abolizione di quelle modifiche allo statuto della Milano-Mare (approvate nel 2002) che fissavano una quota minima del 60% delle azioni in mano ai soggetti pubblici. Dopo la riunione, Albertini, gongolante e con la pancia ancora piena, si dice soddisfatto dell’accordo, necessario “per restituire il giusto valore alle azioni e rendere possibile una vera privatizzazione”; Penati ricambia apprezzando “il rigore e la correttezza di Albertini” (La Repubblica, 15 luglio).  

Basterebbero questi due esempi a ricordarci, senza ombra di dubbio, che il centrosinistra non è affatto cambiato - come cercano di farci credere i dirigenti di maggioranza del nostro partito - e che se una dialettica è possibile tra movimenti e governi di centrosinistra essa non può che basarsi sulla sistematica negazione delle migliori potenzialità dei movimenti stessi. A Milano il Prc, in cambio di una “delega speciale” puramente di facciata alla “Pace, partecipazione e cooperazione”, si troverà a gestire direttamente politiche concertative e antiproletarie, guadagnandosi il favore della borghesia cittadina col triste ruolo di ammortizzatore del conflitto sociale. Il bilancio delle alleanze di governo nelle giunte locali - cui solo Progetto Comunista, nel Prc, ha sempre posto una netta opposizione - parla chiaro del futuro cui il nostro partito va incontro con la scelta sciagurata di sostenere un futuro governo nazionale di centrosinistra. Come Penati, a braccetto con Albertini, fin da subito si mostra più ardito della Colli nella politica di privatizzazione, il presidente della giunta friulana Riccardo Illy, in una recente intervista a Repubblica, più realista del re critica ferocemente il governo di centrodestra per l’eccessiva timidezza nelle privatizzazioni: “avrebbe potuto per tempo incardinare un piano di dismissioni di Enel, Finmeccanica, Fincantieri, Alitalia. Privatizzazioni che farebbero bene alle aziende e ai conti del paese”. Illy e Penati prefigurano, nel loro piccolo, gli effetti devastanti per i lavoratori e per i movimenti che produrrà un nuovo governo Prodi. Sarebbe bene che il nostro partito facesse tesoro della lezione impartitaci da queste esperienze di collaborazione di classe: il percorso di avvicinamento all’Ulivo, ormai purtroppo abbondantemente avviato, va interrotto da subito per evitare che il Prc si riduca ad essere un complice prezioso per i padroni.