10 ottobre 2004

IL COORDINAMENTO NAZIONALE DEI GIOVANI COMUNISTI

 

UN BREVE RESOCONTO E QUALCHE NOTA

 

 

di Fabiana Stefanoni

 

 

La relazione del coordinatore nazionale

La relazione del coordinatore nazionale Michele De Palma si è aperta con un elogio al campeggio nazionale di fine agosto, descritto quale "straordinaria esperienza" segnata da una "straordinaria partecipazione". E' stata sottolineata l'assenza della gran parte dei membri del coordinamento stesso e la mancata presenza di intere regioni, quali l'Emilia Romagna (sottolineo che, a parte gli impegni lavorativi di molti giovani, la partecipazione dei compagni e delle compagne della minoranza è oggettivamente ostacolata dai costi non indifferenti del campeggio -se consideriamo anche le spese del viaggio- e l'assenza di rimborsi). De Palma, pur ammettendo la scarsa e passiva partecipazione ai dibattiti presenti del campeggio, ha sottolineato in particolare la riuscita di un dibattito dal titolo "Oltre Rifondazione" (pur non avendo partecipato, temiamo che l'andare oltre Rifondazione volesse significare un avvicinarsi a Prodi, la cui immagine ieri campeggiava sulla prima pagina di Liberazione).

Ma, in relazione al campeggio, l'intento del coordinatore nazionale era essenzialmente quello di affrontare la polemica sul simbolo del Partito innescata, dopo alcune dichiarazioni dello stesso De Palma e di Fratoianni (l'ex coordinatore), da alcuni Giovani Comunisti dell'Ernesto dell'Emilia Romagna (ricordo che su tale argomento i compagni e la compagna che coordinano nazionalmente il lavoro dei Giovani Comunisti della sinistra rivoluzionaria del Prc hanno scritto un comunicato, consultabile sul sito www.progettocomunista.it nelle pagine dedicate ai giovani). Prendendo spunto da questa vicenda -che ha visto confrontarsi su questioni meramente di facciata due prospettive strategiche essenzialmente uguali, dato che né i compagni della maggioranza bertinottiana né i compagni dell'Ernesto pongono obiezioni rispetto alla possibilità di entrare a far parte di un governo con i liberali- De Palma ha a più riprese insistito sulla necessità di "liberare il dibattito interno dagli schieramenti": un'affermazione che lascia sospettare che, più che altro, si vorrebbe liberare il dibattito dalle posizioni critiche rispetto alla linea di maggioranza...

Rispetto all'analisi della fase politica, si è fatto riferimento alla manifestazione del 30 ottobre -che avrà come tema la "critica" alla Carta costituzionale europea- e alle mobilitazioni della scuola e dell'università. Per quanto si sia riconosciuta la necessità di creare mobilitazione sul fronte studentesco in parallelo alle lotte dei precari, la tematica scuola e università non è stata molto approfondita nella relazione iniziale, almeno considerata l'urgenza di intervenire nelle mobilitazioni per creare una seria opposizione alla Moratti. De Palma si è limitato a individuare le scuole quali "luoghi di contaminazione" in cui portare le tematiche della "lotta alla guerra, al neoliberismo e al terrorismo" (ovviamente ben distanziandosi dall'appoggio alla resistenza irachena, gettata dai dirigenti di maggioranza nel calderone del terrorismo...). Come al solito c'è stato qualche richiamo alla disobbedienza -o meglio qualche "imbarazzato" richiamo, dopo la rottura con i disobbedienti di Casarini.

E' stato fatto qualche cenno alla questione dei migranti -riconoscendo l'incapacità di innescare in quel contesto le pratiche della disobbedienza- e al FSE di Londra. L'elemento politico più -tristemente- significativo dell'analisi di De Palma riguarda Epifani e la Cgil: le richieste di Epifani a Prodi sarebbero il segno che tutto il movimento si è adeguato alle parole d'ordine di Rifondazione! Ci rendiamo conto che essendo difficile (ossia impossibile) individuare elementi positivi a sostegno del tradimento di classe si tenda a trasfigurare la realtà, ma nella fase di massima crisi dei rapporti tra Prc e movimenti indicare -come ha fatto De Palma- nella "foto di Bertinotti a fianco di Guglielmo Epifani"-il segno di una "grande offensiva" significa sfiorare il grottesco! Soprattutto, non ci si rende conto che la posizione della burocrazia sindacale è puramente strumentale a riprendere su un terreno ad essa più favorevole la concertazione col padronato.

Insomma: il quadro delineato da De Palma è un quadro di massima fioritura del Prc (sorvolando sul fatto che le forze del movimento ci considerano dei traditori, che la manifestazione nazionale è stata un vero flop, che Bertinotti con le su dichiarazioni ha rischiato di essere scavalcato a sinistra da Rumsfeld, che ormai il partito è diventato il protagonista assoluto delle vignette del Manifesto...). Un solo problema, ad avviso del coordinatore nazionale: "l'unico rischio sta nel dibattito stantio che è presente all'interno del partito e che emergerà in occasione del congresso". Anche nei GC, il dibattito interno è la "causa della paralisi" dei Giovani Comunisti (sic!). Secondo De Palma bisognerebbe "mettere in crisi lo stesso coordinamento nazionale dei Giovani Comunisti" perché o diventa un luogo di direzione politica oppure "se resta un luogo dove dibattere le varie posizioni non ha ragione d'esistere". Insomma, il nostro democratico coordinatore ci ha lasciato intendere che, dipendesse da lui, il coordinamento nazionale potrebbe tranquillamente essere sciolto...

 

L'intervento di Progetto Comunista 

Intervenendo a nome di Progetto Comunista (nei pochissimi minuti concessi) ho sottolineato l'importanza, per i Giovani Comunisti, di due ambiti d'intervento nell'attuale fase: l'opposizione all'occupazione coloniale in Iraq con il sostegno alla resistenza irachena e l'intervento nelle mobilitazioni della scuola e dell'università. Per ragioni di tempo, mi sono soffermata essenzialmente sul secondo punto. In relazione alle proteste contro il ddl Moratti che stanno avvenendo in numerosi atenei italiani e che si concretizzano in blocchi della didattica e momenti di autorganizzazione di studenti e lavoratori, ho ribadito la necessità di rilanciare l'intervento dei Giovani Comunisti e dei circoli universitari: occorre creare un fronte di lotta il più ampio possibile -insegnanti, lavoratori, precari della ricerca, studenti medi e universitari- e sostenere e incentivare forme di protesta più radicali (occupazioni, autogestioni, scioperi immediati e a oltranza) fino al ritiro della controriforma della scuola nel suo complesso e alla cacciata del governo Berlusconi. Sottolineo, come triste esempio dell'atteggiamento dei dirigenti di maggioranza dei GC, che una compagna di maggioranza del Coordinamento nazionale che segue le mobilitazioni dei ricercatori ha criticato la mia proposta di intervento studentesco a fianco dei precari affermando che "l'intervento dei GC o dei circoli universitari nelle assemblee dei precari" è negativo poiché si tratterebbe di "propaganda" a suo avviso deleteria... (se queste sono al nostro interno le premesse per allargare il fronte di lotta siamo messi bene!). In relazione allo sciopero della scuola del 15 novembre, pur affermando la necessità di una partecipazione e un sostegno dei GC, ho sottolineato il fatto che viene troppo tardi e che va richiesta una mobilitazione più forte di fronte agli attacchi delle destre: uno sciopero generale prolungato che blocchi l'Italia fino al crollo del governo. Sia nelle lotte dei precari sia in quelle a difesa della scuola pubblica occorre inoltre individuare chiaramente alleati e controparte: la componente liberale dell'Ulivo -maggioranza Ds, Margherita, Sdi- non ha alcuna intenzione di mettere in discussione i caratteri portanti delle controriforme della scuola e dell'università; la stessa precarizzazione della ricerca rientra nei programmi del centro liberale dell'Ulivo che, infatti, non si oppone nella sostanza ai caratteri base del ddl Moratti.

Per quanto riguarda la polemica relativa al simbolo del Partito ho ribadito la posizione già espressa nel comunicato: non si tratta di una mera questione di simboli o identità, dato che chi oggi, come i compagni dell'area Grassi, si scandalizza per la messa in discussione della falce e martello di fatto, nella pratica, con una politica fatta di collaborazione di classe a livello locale ha negato le stesse ragioni di un partito comunista. Tuttavia, è indubbio che le dichiarazioni rilasciate alla stampa da De Palma e Fratoianni si inseriscono in un quadro più ampio: è evidente che è in corso nel nostro partito un ampio processo di revisione ideologica in seguito all'avvio delle trattative per l'entrata in un futuro governo Prodi-bis. Nonviolenza, religione, le stesse interviste rilasciate da Bertinotti alla stampa in relazione all'Iraq: sono alcuni degli esempi di come la prospettiva dell'alleanza di governo con il padronato sia la ragione materiale delle "svolte ideologiche". In questo quadro si comprende perché la stampa abbia dato tanto risalto alle dichiarazioni sul simbolo del partito. La questione va affrontata contrastando con nettezza la prospettiva dell'alleanza di governo con Prodi e i banchieri, cosa che i compagni dell'Ernesto non fanno, limitandosi a chiedere maggiore chiarezza sul programma (come fosse possibile trovare un programma comune con quelle forze che sono il rappresentante privilegiato della grande borghesia italiana, come anche Montezemolo e Confindustria sanno bene).

Dal punto di vista dell'organizzazione, ho criticato la tendenza -strumentale- a imputare alla presenza di un dibattito politico la "paralisi" degli organismi dirigenti dei GC: la vera paralisi è data dalla prospettiva deleteria dell'alleanza di governo, che pone i GC in contrapposizione con le istanze e i soggetti che dovrebbero rappresentare: gli studenti, i giovani lavoratori, i precari, i giovani immigrati e le giovani donne, che subiscono oggi pesanti attacchi ai loro diritti da parte di un governo che aggrava le politiche antiproletarie dei passati governi di centrosinistra. Non a caso si è consumata una frattura tra gran parte delle rappresentanze del movimento noglobal e la nostra organizzazione: la generazione che è scesa in piazza per contestare la globalizzazione non può trovarsi rappresentata da chi si prepara a governare con i banchieri e gli esponenti del capitalismo italiano. Se si afferma che il Coordinamento nazionale GC non è un organo di direzione politica quale dovrebbe essere allora si diano anche ai compagni delle minoranze dei compiti effettivi di direzione politica: la risposta del coordinatore -in perfetto stile democratico- è stata chiara: "io ragiono in un'ottica di maggioranza e quindi non affido compito politici ai compagni delle minoranze". Ho poi indicato tra le cause dell'impasse del Coordinamento nazionale anzitutto l'assoluta autoreferenzialità dello stesso: il dibattito, gli interventi, gli odg non vengono pubblicati su Liberazione (nonostante le continue richieste all'Esecutivo nazionale); se nel caso del quotidiano del partito la colpa non va solo all'Esecutivo (ma in primo luogo alla redazione del giornale), tuttavia gli altri mezzi che i GC hanno a disposizione non vengono utilizzati, basta pensare al sito: ho chiesto che almeno sia data la possibilità a tutti i compagni di pubblicare sul sito gli interventi ed eventuali ordini del giorno presentati e discussi nel Coordinamento (la richiesta è caduta nel vuoto, ma presumiamo che anche in questo caso si ragioni "democraticamente" in "un'ottica di maggioranza"...).

 

L'intervento delle altre aree del partito

L'intervento dei compagni dell'area dell'Ernesto è stato molto blando, dopo le tensioni per la querelle sulla falce e martello. Per lo più hanno evitato la discussione sul governo Prodi, limitandosi a ribadire tra le righe una posizione in apparenza parzialmente critica: "bisogna prima parlare di programmi e non accettare vincoli di maggioranza sulla guerra". In realtà la bontà dell'alleanza di governo non viene messa in discussione e ci si limita ad auspicare, in maniera strumentale, che venga fatta su una piattaforma più avanzata. In questo modo si avalla l'idea che sia possibile trattare sui programmi con il padronato, con chi cioè rappresenta la controparte delle nostre lotte (in più è bene ricordare che i compagni dell'Ernesto vivranno il congresso con la prospettiva di guadagnare il maggior numero possibile di sottosegretari...).

Non si discosta di molto da questa la prospettiva strategica dell'area Erre, sebbene sia ribadita col richiamo anche qui strumentale alle ragioni dei movimenti. La gravità e il carattere assolutamente discriminante della prospettiva di governo con l'Ulivo-che significherebbe il passaggio di campo del nostro partito dalla parte della borghesia italiana- sono messe in secondo piano dai compagni di Erre. Essenzialmente gli accordi di governo vengono criticati perché, così impostati, "rischiano di spostare l'attenzione del nostro partito dalle mobilitazioni alle questioni di governo" e perché "sarà più difficile creare mobilitazione quando saremo al governo". Non si pone una ferma e netta opposizione di principio a un governo con l'Ulivo ma, come esplicitato nel loro contributo al congresso, si pensa che occorra creare un "ampio fronte politico-sociale" che sia "premessa di un accordo di programma": in altre parole, occorre investire sui movimenti per poi svenderli al padronato! Come i compagni dell'area Grassi, non si riconosce il carattere di classe del centro liberale dell'Ulivo e si crede possibile una trattativa (del resto Erre sul piano locale non manca di sostenere alleanza di governo col nemico di classe, anche in realtà non secondarie come Roma).

Infine, i compagni di Falce e Martello hanno rifritto la solita frittata (pare che nulla sia cambiato rispetto alla II Conferenza GC di tre anni fa e che l'entrata in un governo Prodi sia qualcosa di accessorio): il problema principale su cui hanno insistito è quello organizzativo e il dibattito sulla falce e martello è da loro letto come espressione dello scollamento del Prc dal movimento operaio (peccato che tale scollamento, ad avviso degli stessi, risalga alle origini del Prc, perciò non si spiega quale sia la causa dell'accelerazione in atto).