Il governo Ulivo-Prc in Friuli anticipazione di quello nazionale?

Rifondazione su un piano inclinato

 

 

Antonino Marceca

 

Bertinotti su Liberazione del 3 agosto, nella pagina dedicata alle risposte domenicali, dopo aver chiesto di evitare che la questione "dell'accordo politico elettorale con il centrosinistra diventi un tormentone"-come se la questione del governo fosse di lana caprina- nel corso dell'articolo, tra l'altro afferma: "a Roma e in Friuli si è prodotto un confronto vero, con la partecipazione di più soggetti, che ha creato un effettivo consenso e ha prodotto un risultato vincente".

Delle elezioni del 8 e 9 giugno in Friuli Venezia Giulia, elezioni che hanno portato l'imprenditore liberale Riccardo Illy alla presidenza della Regione, sé né occupata anche la rivista -Italianieuropei- il bimestrale del riformismo liberale italiano diretto da D'Alema e Amato, interrogandosi "sulla esportabilità a livello nazionale di questo modello". Bertinotti, cosi come tutta la maggioranza del Prc, sembrano propensi ad una risposta affermativa: il modello è esportabile e, come nella giunta la nostra presenza è "qualificata", così lo potrà essere nel governo nazionale con ministri del Prc. Considerata quindi l'importanza nazionale del modello friulano sia per le forze liberali dell'Ulivo sia per la maggioranza del Prc, vediamone la composizione politica, gli assi programmatici, le prime iniziative del governo Illy, ma anche le reazioni delle forze imprenditoriali, delle forze sindacali, a queste proposte ed iniziative che potrebbero nel prossimo futuro essere estese a livello nazionale. Per usare l'espressione del segretario, "più soggetti" hanno partecipato alla coalizione (Intesa Democratica), questa infatti è stata ampia e trasversale, dal Prc alla sinistra dell'Ulivo (Pdci e Verdi), dal centro borghese (maggioranza DS e Margherita) alla Lista Di Pietro, fino "all'altro schieramento", con Ceccotti, leghista anomalo e sindaco di Udine.

Il liberale Illy era noto alla coalizione, oltre che come imprenditore, come sindaco di Trieste, dal 1993 al 2001, in cui si distingueva oltre che per le politiche di privatizzazione (vendita di AGEGAS, luce, acqua, gas e rifiuti) anche per il consenso ricevuto nella città da settori del centrodestra.

Intesa Democratica ha elaborato una piattaforma programmatica che, come dice il segretario: "ha prodotto un risultato vincente", vediamone dunque gli assi centrali.

La campagna elettorale inizia con il referendum promosso da DS e Margherita, referendum che nell'ottobre del 2002 porta alla abrogazione della legge elettorale proporzionale e all'instaurazione del sistema presidenziale nella Regione, un risultato acquisito con il 27% dei votanti (non era infatti necessario raggiungere il quorum). Un sistema elettorale, quello sostenuto dal centrosinistra, in palese contraddizione con la "democrazia partecipativa" sostenuta successivamente nel programma.

La prima bozza del programma verrà fuori un mese dopo il referendum, nel novembre 2002, e l'imprenditore liberale sarà il candidato alla presidenza regionale.

Il programma prevede: la realizzazione di una "Regione Federale", che in sintesi vuol dire che i Comuni con maggior gettito fiscale, quindi più ricchi, riceveranno più soldi; di completare la riforma della sanità (quella del '95 del centrodestra), riforma che, secondo il testo, dovrà prevedere un ruolo centrale per "la famiglia, l'associazionismo e il volontariato" mentre nulla viene detto sulla grave carenza infermieristica e sul come farvi fronte: negli ospedali di Trieste i turnisti di notte devono lavorare anche la mattina seguente, mentre a Udine saltano i piani ferie (forse si ipotizza che sussidiariamente subentrerà il privato); la "massima attenzione" alla creazione e al miglioramento delle infrastrutture interne, nazionali ed internazionali (corridoio n° 5 oltre Lubiana, fino all'Ungheria), ai porti e al trasporto intermodale: interventi giudicati strategici ed essenziali al movimento di persone e merci; il sostegno alle imprese con finanziamenti agevolati, con ricerca e università ad esse subordinate, sostegno che si estende alle imprese che operano sui mercati internazionali, specie verso i Paesi dell'Est, Paesi in cui dovranno essere "ricollocate" le aziende; "la modernizzazione del sistema produttivo regionale" mediante "il completamento delle privatizzazioni, come nel caso della Fincantieri"; infine, per "i lavoratori italiani" una maggiore "flessibilità senza precarietà", mentre per "i lavoratori extracomunitari" l'integrazione a condizione di "rispettare regole e leggi del paese che li ospita".

Un programma quindi di modernizzazione e concentrazione capitalistica, di sostegno agli interessi imperialistici della borghesia del Nordest, di richiesta di subalternità operaia. Un programma borghese, per una coalizione borghese, non emendabile, al di là degli sforzi e delle contorsioni dei compagni dell'ex Bandiera rossa, oggi Erre. Un programma che chiede al Prc di assumere il ruolo di ala sinistra del centrosinistra. Un candidato padronale che ha sostenuto e sostiene gli interventi imperialistici dell'Italia, che si è mobilitato contro l'estensione dei diritti ai lavoratori delle piccole imprese (art. 18). Un programma e un candidato che Progetto comunista ha giudicato irricevibile, come irricevibili sono per i comunisti le forze borghesi che l'hanno proposto: altro doveva e poteva essere un candidato e un programma di parte operaia.

Il governo regionale, varato il 20 giugno 2003, non poteva che essere espressione di questo programma e delle forze politiche della coalizione borghese, un governo in cui su dieci assessori tre, oltre al presidente, sono espressione diretta del capitale regionale Questi assessori concentrano nelle proprie mani le leve del governo della Regione: quella finanziaria, quella economica, quella del lavoro. Tra i dieci assessori il segretario regionale del Prc, Roberto Antonaz, con delega alla cultura, volontariato, corregionali all'estero, sport e tempo libero, e con autodelega "di rappresentare il mondo del lavoro e della società". Con buona pace del compagno assessore (che sembra non aver imparato nulla da più di un secolo di fallimentari -per i lavoratori- governi di collaborazione di classe, a tutti i livelli, sostenuti da forze socialdemocratiche e staliniste), il governatore Illy procede con proposte ed iniziative lungo l'asse tracciato ricevendo elogi dal fronte padronale, stima e richieste di concertazione dalle burocrazie sindacali di Cgil, Cisl e Uil. Ed infatti, il 15 luglio, il governatore intervenendo al convegno "Privatizzazioni: volano o freno economico?", organizzato da Assindustria di Pordenone, ha sostenuto alcuni punti precisi. Primo: la necessità della costituzione di una holding regionale, in cui dovrebbero confluire tutte le partecipate della Regione (Autovie Venete, Mediocredito, Finest, Informest, Aeroporto dei Ronchi dei Legionari), candidando alla gestione uno che di privatizzazioni se ne intende (visto che ha gestito le privatizzazioni di Sme e di Autostrade) Giancarlo Maria Valori, presidente della Confindustria del Lazio e dell'Unione industriali di Roma e presente al convegno. Secondo: la costituzione di una holding autostradale per il Nordest, in cui mettere assieme Autovie Venete, autostrada Brescia-Padova, Autobrennero e Centropadane, realizzando il terzo polo autostradale italiano: un processo di concentrazione che, secondo Illy, porterebbe al risparmio di personale visto che, sempre a detta del governatore, Autovie Venete, la concessionaria dell'autostrada Venezia-Trieste, con diramazioni a Pordenone e Udine, presenta "una bassa redditività" conseguente al "numero di dipendenti troppo elevato". Infine la fusione delle varie multiutilities (società di servizi) per giungere ad un'unica società regionale.

E' appena il caso di aggiungere che, dopo la esplicazione di tali proponimenti, il governatore Illy ha ricevuto l'encomio degli industriali del Friuli Venezia Giulia: da Giovanni Fantoni, presidente dell'Assindustria di Udine, da Anna Illy, presidente degli industriali di Trieste, da Piero Della Valentina, presidente degli industriali di Pordenone e della Federazione regionale degli industriali. Ma la Regione è afflitta dalla crisi di sovrapproduzione, l'export segna un forte calo e le merci non volano nell'area americana, così il Presidente degli industriali del Friuli Venezia Giulia chiede al governo regionale di "rompere e superare i vincoli di oneri impropri ed inefficienze", cioè meno tasse e più finanziamenti, e su questa base esprime la sua disponibilità a collaborare con "il governatore e la nuova giunta regionale". Vista l'autorevole richiesta la nuova giunta in vista della finanziaria 2004 si impegna a tagliare il 10% delle spese: a rischio sanità, autonomie locali e personale.

In questo quadro, giovedì 10 luglio, in un incontro tra il governatore e le segreterie di Cgil, Cisl e Uil viene sancita l'apertura del nuovo corso di concertazione regionale, "l'armonizzazione sulle future decisioni strategiche tra governo e parti sociali". E mentre i governatori di Veneto e Friuli Venezia Giulia, Galan e Illy, tessono l'alleanza con il governo austriaco per promuovere il progetto del corridoio n° 5 e fare pressioni congiunte su Slovenia e Ungheria, per costringerli a sostenere economicamente il progetto, essenziale agli interessi imperialistici nell'area, il compagno assessore Roberto Antonaz, che sembra non capire il quadro degli accordi, chiederà spiegazioni al governatore Illy in relazione all'incontro avuto tra questi e il razzista Haider, presidente della Carinzia: un pizzico di antifascismo di facciata in più non guasterebbe...

Il programma con cui Illy ha vinto le elezioni in Friuli Venezia Giulia è sovrapponibile al programma presentato da M. Cacciari per le elezioni in Veneto nel 2000 ed anche in quel caso con una coalizione tra Ulivo e Prc (è appena il caso di ricordarlo: con la netta opposizione di Progetto comunista). Illy ha vinto, Cacciari ha perso, ma oggi rispetto al 2000 è cambiato il contesto, siamo in presenza di una crisi del blocco sociale e delle forze politiche dell'alleanza di governo, non solo per le note vicende giudiziarie ma anche perché, nel quadro della crisi capitalistica, si sono ristretti i margini di manovra economica-finanziaria e i partiti della coalizione tendono a scaricare sulla base sociale dell'alleato i costi della manovra finanziaria d'autunno, manovra che già mette in fibrillazione il governo, ma anche un sindacato come la Cisl. L'Intesa per la competitività, una piattaforma che esprime gli interessi generali della borghesia, firmata il 19 giugno da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, rappresenta una forte pressione sia sugli indirizzi di politica economica del governo che per la ripresa della concertazione, oltre al tentativo di rientro in gioco dell'apparato burocratico della Cgil. La firma del contratto del turismo, all'insegna della flessibilità e del contenimento salariale, già si muove in quella direzione. Tra l'altro la grande borghesia, Confindustria, Confcommercio e Bankitalia si riposizionano e il centro borghese dell'Ulivo riacquista posizioni a partire dal Nordest, ma segni evidenti sono presenti in Sardegna e in altre regioni del Centro e del Sud. In questo quadro la maggioranza riformista del Prc è attratta dal centro liberale e scivola, come su un piano inclinato, dalle giunte ad un abbraccio ministeriale. A Progetto comunista e a tutti i compagni e le compagne del Prc non disponibili a ciò, il compito di salvaguardare l'indipendenza politica del proletariato e un'altra prospettiva.