Trovate di seguito l'ultimo numero di "Lotta di classe", foglio prodotto dai giovani compagni dell'AMR Progetto Comunista di Genova.

 

 Fabiana Stefanoni


N°1                                                      Maggio-Giugno 2003

 

lotta di classe

Giornale dei Giovani Comunisti aderenti all’Ass. Marxista Rivoluzionaria “Progetto Comunista”

Sinistra di Rifondazione Comunista

 

1° MAGGIO

Giornata di lotta internazionale


Il primo maggio come festa internazionale del movimento dei lavoratori, ha origini che vanno ricercate almeno alla metà del 1800, e alle lotte legate alla conquista dei diritti e di migliori condizioni di vita. Ad oggi possiamo rintracciare, nella storia di questa  festa come centrale sia stata la rivendicazione della riduzione dell’orario di lavoro e specificatamente la rivendicazione delle otto ore di lavoro. Ed è la parole d’ordine che venne lanciata proprio alla metà del 1800 dal movimento sindacale Australiano, “otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire”, e condivisa dall’intero movimento operaio che si lanciò alla ricerca di  un momento (quello che diverrà in futuro il 1° maggio) che caratterizzasse universalmente un momento di lotta del movimento dei lavoratori per affermare le ragioni di una sua autonomia ed indipendenza.

Le origini di questa festa sono legate soprattutto alle organizzazioni sindacali statunitensi. Nonostante tutto vi è da notare come anche  la Prima Internazionale, nel congresso riunito a Ginevra nel 1866, sviluppò la proposta del “limite legale delle otto ore dell’attività lavorativa”.

Ma è proprio dagli Stati Uniti  che ci vengono le prime notizie di legami tra la questione della riduzione dell’orario di lavoro e la data del primo maggio. Nello Stato dell’Illinois, nel 1866, fu approvata una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore, anche se con limitazioni che ne impedivano l’effettiva  applicazione. L’entrata in vigore della legge era prevista per l’appunto il primo maggio del 1867 e per quel giorno a Chicago venne organizzata una grossa mobilitazione. Diecimila lavoratori diedero vita ad un corteo che fino ad allora per le strade americane non si era mai visto.

Altre notizie legate all’origine della festa sono anche rintracciabili, sempre negli Stati Uniti nell’ottobre del 1884 dove la Federazion of Organized Trade and Labour Unions indicò nella data del 1° maggio del 1886 la giornata limite a partire dalla quale i lavoratori americani si sarebbero rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno.

E fu proprio il 1° maggio a caratterizzarsi come una giornata, purtroppo tragica, di lotta. Quel primo maggio cadeva di sabato, e in dodicimila fabbriche degli USA incrociarono le braccia almeno quattrocentomila lavoratori. Nella sola città di Chicago scioperarono e svilupparono un grande corteo ottantamila operai. La tensione durante quei giorni di pacifiche dimostrazione si alzò al punto che il lunedì successivo la polizia aprì il fuoco contro degli operai che dimostravano davanti ad una fabbrica per protestare contro i licenziamenti, uccidendo quattro lavoratori. Si scatenò la protesta a seguito di queste morti e portò il giorno successivo i lavoratori ad organizzare una grande manifestazione, durante la quale, mentre la polizia si avvicinava al palco per interrompere il comizio, fu lanciata una bomba. Immediatamente i poliziotti risposero sparando uccidendo nove persone. I giorni successivi a Milwakee la polizia aprì nuovamente il fuoco contro degli operai polacchi uccidendone otto. Una feroce repressione si abbatté sul movimento sindacale e sulle organizzazioni politiche dei lavoratori, le cui sedi furono devastate e date alle fiamme. Per gli scioperi di Chicago furono arrestati, processati  e condannati a morte otto anarchici malgrado non vi fossero prove contro di loro per la partecipazione all’attentato. Due di loro ebbero la pena commutata in ergastolo, uno venne trovato morto in cella, gli altri quattro furono impiccati in carcere l’11 novembre del 1887. Il ricordo dei “martiri di Chicago” così furono chiamati era diventato il simbolo della lotta per le otto ore e riviveva nella giornata che a loro fu dedicata: il 1° maggio.

Il 20 luglio del 1889 il congresso costitutivo della seconda Internazionale a Parigi decise “che una grande manifestazione doveva essere organizzata in tutti i paesi e le organizzazioni dei lavoratori avrebbero avanzato la richiesta alle autorità della riduzione della giornata lavorativa ad otto ore”. Fu scelto come data quella del primo maggio per il significato che ormai aveva assunto. Dal 1891 in tutto il mondo le organizzazioni operaie e socialiste incominciarono a festeggiare tutti gli anni la ricorrenza. Dal 1891 la festa dei lavoratori assume un carattere permanente. Sarà appunto il II congresso della dell’Internazionale riunito a Bruxelles ad assumere la decisione di rendere permanente questa festa.

D’ora in avanti il primo maggio diventa una festa internazionale di lotta del movimento operaio.

In Italia dobbiamo registrare la soppressione della festa durante il regime fascista che la fece combaciare con il Natale di Roma il 21 aprile, durante il ventennio divenne sempre più considerata una festa “sovversiva”, che esprimeva in forme diverse l’opposizione alla dittatura (garofano rosso all’occhiello della giacca, scritte sui muri, diffusione clandestina di volantini).

La festa venne ripristinata ufficialmente nel 1945, sei giorni dopo la liberazione dell’Italia.

Nella storia di questa festa, proprio in Italia, c’è da registrare l’ennesima pagina di morte e di sangue. Era il 1947 e in Sicilia a Portella della Ginestra dove duemila persone del movimento contadino si erano date appuntamento per festeggiare la fine della dittatura e rivendicare la riforma agraria. La banda mafiosa di Giuliano, al soldo della classe dirigente del paese, fece fuoco sui lavoratori, provocando undici morti e una cinquantina di feriti. La CGIL proclamò lo sciopero generale affermando la volontà dei latifondisti siciliani di soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori. L’allora ministro dell’interno Scelba, chiamato e rispondere all’Assemblea Costituente, affermò che non fu un delitto politico, ma fu smentito dallo stesso Bandito Giuliano che rivendicò nel 1949 la strage a scopo politico.

Oggi festeggiamo questa ricorrenza come momento di lotta internazionale dei lavoratori, a maggior ragione noi come marxisti rivoluzionari cercando di farla vivere in ogni giorno in nome della rifondazione della IV Internazionale, come partito mondiale della rivoluzione socialista.

                                                                                                                       

ORA E SEMPRE RESISTENZA!

 

PERCHE’, OGGI COME IERI, E’ DI ATTUALITA’ IL 25 APRILE.

Quest’anno cade il 58° anniversario della liberazione dal nazifascismo, ma non si tratta di celebrarlo con le solite cerimonie pubbliche sulle lapidi, sulle tombe, sui luoghi degli eccidi. I pellegrinaggi verso questi simboli della resistenza sono naturalmente importanti e doversi, ma deve essere fatto qualcosa di più. Ancora oggi vediamo come la resistenza non sia solo di attualità, ma si riproponga in maniera drammatica, a causa degli ultimi tragici avvenimenti. Non si parla solo dell’assassinio del compagno Davide a Milano, del ferimento di due compagni a Torino, ma anche delle continue provocazioni fasciste che si registrano a Genova e in Liguria: l’imbrattamento delle lapidi dei partigiani trucidati, il disegno continuo di svastiche sui muri delle nostre città, il tentativo continuo di incendiare i circoli del PRC. Questa lista è lunga perché tanti sono i misfatti, le vigliaccate che la marmaglia fascista e i loro epigoni, “ripuliti” da una nuova veste istituzionale, hanno commesso cercato di commettere. Il problema è come porre fine a tutto questo. Tanto per incominciare bisogna risvegliare nella gente i sentimenti della resistenza al nazifascismo, nella consapevolezza che se oggi noi possiamo dirci “liberi cittadini” (seppure in una democrazia borghese), lo si deve al sacrificio di decine e decine di migliaia di giovani e meno giovani, che si sacrificarono per la  nostra libertà. Tutto ciò è oggi stato messo da parte e lo sdoganamento di certa destra ne è l’emblema. Questo è si da imputare alla scarsa memoria dei cittadini, che troppo spesso dimenticano i fatti, gli avvenimenti più importanti; ma è anche e soprattutto colpa della sinistra italiana, che con vari pretesti ha a poco a poco messo da parte i valori dell’antifascismo, per appiattirsi su un vergognoso consociativismo.

E’ tempo di invertire la rotta, di cambiare marcia, di non avere paura di dire che il fascismo non è morto, è vivo e combatte contro gli uomini, le donne, i lavoratori, gli studenti, i pensionati che sono contro questo sistema. E’ ora di dire che il fascismo è il movimento di cui si servirono la borghesia  e il capitalismo per attaccare coloro che sono fuori dal coro, che vogliono un altro mondo, possibilmente migliore di quello attuale. Sarebbe troppo facile dire che noi vogliamo verità e giustizia. Noi non vogliamo verità perché sappiamo come si sono svolti i fatti. Noi non vogliamo giustizia perché sappiamo già come essa viene amministrata da questo stato reazionario (G8 – Napoli). Noi vogliamo un cambiamento radicale di questo stato di cose, e questo deve passare per una lotta senza quartiere contro ogni fascismo, borghesia, capitalismo, imperialismo, chiesa. Si deve far conoscere al mondo intero tutto quello che questi hanno commesso e stanno ancora commettendo, magari in nome della tanto lodata democrazia e libertà (Afghanistan, Iraq). Da questo 25 aprile perciò con ancora maggiore convinzione bisogna rinvigorire e alimentare continuamente questa fiamma della resistenza. Ma questo può essere fatto con una lotta inesorabile e incessante. Bisogna lottare e, state pur certi, noi marxisti rivoluzionari lotteremo.

 

                                                                                                                        Leni Alessandro

 

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PROGETTO COMUNISTA

Foglio dell’associazione marxista rivoluzionaria P.C.

Sinistra di Rifondazione Comunista

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I nuovi luddisti argentini?

No, la classe operaia e il suo ruolo storico.

Analisi dell’articolo di Naomi Klein apparso su “Liberazione” del 26-4-2003

 

E’ stato interessante, sfogliando i quotidiani di sinistra e in particolare le pagine di Liberazione, il giorno dopo il 25 aprile, imbattersi in un articolo scritto da Naomi Klein che parlava della  repressione in Argentina contro le operaie della Brukman che da tempo hanno occupato la fabbrica a seguito della bancarotta economica dello stato argentino.

La cosa che più mi sorprende (oltre al fatto che si pubblichi sul  nostro giornale un articolo dopo un anno di totale assenza delle cronache della rivoluzione argentina) sono l’analisi e le conseguenti  teorie, che per l’appunto la Klein riportata per spiegarci cosa sta accadendo nel paese sudamericano.

E si parte da molto lontano, addirittura dal fenomeno del luddismo inglese del 1779, per arrivare ai giorni nostri spiegandoci che ciò che succede in Argentina non è altro che lo stesso fenomeno rovesciato: ovvero in Inghilterra erano le rivolte operaie che distruggevano i mezzi di produzione e il progresso tecnologico che avrebbe causato la disoccupazione, invece qua ci troviamo di fonte alla polizia che sgombererebbe la fabbrica per distruggerla e cacciare nella miseria le operaie dello stabilimento.

Ma la teoria più fantasiosa la si trova verso la fine dell’articolo dove la Klein dice: “La Brukman rappresenta un nuovo modello di movimento dei lavoratori in Argentina, non basato sulla possibilità di sospendere i processi produttivi (come tradizionali tattiche sindacali), ma su una ostinata determinazione a continuare a lavorare sempre e comunque”, si tratta di “un’insistenza che non si basa sul dogmatismo, bensì sul realismo:…”.

Certo, che dopo aver letto questa affermazione, mi domando se la Klein abbia un po’ riflettuto su ciò che ha scritto e soprattutto se abbia interamente seguito il processo rivoluzionario che sta avvenendo in Argentina.

Credo che il paragone fatto, tra lo sciopero dei lavoratori, ossia “sopendere i processi produttivi” in una fabbrica sotto  padrone e la produzione in fabbrica sotto il controllo operaio siano due situazioni completamente diverse. Sostenere che ci troviamo davanti a un nuovo modello di movimento dei lavoratori, il quale si fonderebbe “non sul dogmatismo, ma sul realismo”…, obbiettivamente mi fa pensare che  fino a ieri la Klein viveva su marte. Il controllo operaio dei mezzi di produzione è la rivendicazione più alta del movimento operaio internazionale contro il capitale, quello stesso capitale che ha distrutto l’Argentina portando all’espulsione di migliaia di lavoratori dal processo produttivo. L’Argentina che in questi ultimi vent’anni è stata l’oggetto preferito dell’imperialismo non solo nord americano, ma anche e soprattutto europeo. La realtà è che l’Argentina è stata distrutta dai governi che si sono succeduti sia  di centrodestra che di centrosinistra a soldo del FMI. E significativo è il percorso di lotta e le enormi potenzialità rivoluzionarie che esplodono nelle giornate del 19 e 20 dicembre 2001, dove le mobilitazioni dei lavoratori e i disoccupati argentini nel giro di una settimana fanno cadere due governi, al grido di :”Que se vayan todos!”. Ed è proprio da queste giornate e in risposta alla catastrofe economica che si sviluppa in tutto il paese un vasto movimento di occupazione delle fabbriche dove finalmente i lavoratori, lottando contro coloro che li hanno licenziati, e “licenziandoli”, fanno ripartire la produzione sotto il controllo operaio.

In questo articolo ovviamente non posso essere esauriente su tutto quello che è stato, che è, e sarà il movimento rivoluzionario  argentino, e soprattutto il nuovo modello di democrazia che ne è uscito in contrapposizione al parlamentarismo borghese: ovvero le Assembee Popular.

Mi sento però in dovere di rispondere a N.Klein e a tutti quelli che in tutti questi due anni di lotte argentine hanno fatto finta di non vedere ciò che veniva dall’Argentina,  da quel movimento non di moltitudini, ma di lavoratori licenziati e di disoccupati. Non si tratta di un “nuovo modello di movimento dei lavoratori”, si tratta della classe operaia che oggi come ieri si sta organizzando, sta costruendo “un altro mondo possibile”, non fondato sul bilancio partecipato di Porto Alegre, che le assemblee popular hanno rifiutato, ma sulle “assemblee di barrio”, sul controllo operaio dei mezzi di produzione.

E un ultimo appunto anche su quei “piccoli giornali trotskisti” per i quali secondo la Klein “salutano le occupazioni con euforia come l’alba di un’utopia socialista”.

Il problema (per te, probabilmente) è proprio lì, cara Klein, in Argentina la tua utopia sta diventando realtà grazie non solo  al movimento dei piqueteros e delle fabbriche occupate, ma anche grazie a quei partiti “trotskisti” come i nostri compagni del Partito Obrero che  ormai da decenni  fanno parte di quel movimento, ma che te o chi come te sostiene il modello borghese del bilancio partecipato di Porto Alegre continua a tapparsi gli occhi davanti agli avvenimenti e aprirli solamente per  vaneggiare teorie che non hanno nessun senso.

La repressione che si è abbattuta contro le operaie della Brukman, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali, non è altro che il segnale di insofferenza e nello stesso tempo di normalizzazione che la borghesia argentina e internazionale intende dare rispetto alle occupazioni e al “nuovo modello” di movimento operaio. Ma, purtroppo per loro dobbiamo dire oggi che si può, altro che utopia socialista. Le fabbriche sotto il controllo operaio funzionano.

E in conclusione a nome dei compagni di Progetto Comunista esprimiamo la solidarietà ai compagni argentini, di tutte le fabbriche contro la repressione borghese, sostenendo in maniera sempre più viva, la nostra campagna internazionalista nei confronti dell’Argentina piquetera.

                                                                                                            Borghi Alessandro

 

 

 

lotta teorica                                                          LEV TROTSKY

Questa lettera è stata scritta alla fine degli anni trenta dopo la fondazione della IV° Internazionale. Qui Trotsky indica agli operai, ai contadini e ai soldati  sovietici quali dovranno essere i loro compiti per salvare la rivoluzione dalla burocrazia stalinista e il significato di lottare questa battaglia sotto la bandiera della IV° Internazionale.

 

LETTERA AGLI OPERAI SOVIETICI

 

Un saluto agli operai sovietici, ai contadini delle fattorie collettive, ai soldati dell’Esercito rosso e ai marinai della Marina rossa! Un saluto dal lontano Messico dove ho trovato rifugio dopo che la cricca staliniana mi ha esiliato in Turchia e dopo che la borghesia mi ha cacciato da un paese all’altro.

Cari compagni! La stampa staliniana con le sue menzogne da lungo tempo vi sta ingannando perfidamente su tutti i problemi, compresi quelli che si riferiscono a me a coloro che politicamente la pensano come me. Non avete una stampa operaia: leggete solo stampa della burocrazia, che mente sistematicamente in modo da tenervi all’oscuro e da salvaguardare così il dominio di una casta privilegiata parassitaria.

Coloro che osano levare voce contro la burocrazia  universalmente odiata sono definiti “trotskisti”, agenti di una potenza straniera, bollati come spie –ieri della Germania, oggi dell’Inghilterra e della Francia- e quindi mandati dinnanzi al plotone d’esecuzione. Decine di migliaia di combattenti rivoluzionari sono caduti sotto il fucile della GPU nell’URSS e in paesi stranieri, in particolare in Spagna. Tutti sono stati presentati come agenti del fascismo. Non prestate fede a questa calunnia abominevole! Il loro crimine era di prendere le difese degli operai e dei contadini contro la burocrazia e la rapacità della burocrazia. Tutta la vecchia guardia del bolscevismo, tutti i collaboratori e gli aiutanti di Lenin, tutti i combattenti della rivoluzione d’ottobre, tutti gli eroi della guerra civile sono stati assassinati da Stalin. Negli annali della storia il nome di Stalin sarà per sempre registrato con il marchio infame di Caino!

La rivoluzione d’ottobre è stata fatta per i lavoratori e non per i nuovi parassiti. Ma a causa del ritardo della rivoluzione mondiale e del logoramento e, in certa misura, dell’arretratezza degli operai e specialmente dei contadini russi, si è imposta la repubblica sovietica e ai suoi popoli una nuova casta oppressiva e parassitaria di cui Stalin è il leader. Il vecchio partito bolscevico è stato trasformato in uno strumento di questa casta. L’organizzazione mondiale che una volta era l’Internazionale  Comunista è oggi uno strumento docile dell’oligarchia moscovita. I soviet degli operai e dei contadini sono morti da tempo. Sono stati sostituiti da degeneri commissari, da segretari e agenti della GPU.

Ma fortunatamente, tra le conquiste della rivoluzione che sopravvivono, ci sono l’industria nazionalizzate l’economia sovietica collettivizzata. Su queste fondamenta i lavoratori sovietici possono costruire una nuova e più felice società.Queste fondamenta non possono essere da noi abbandonate al mondo borghese a nessuna condizione. E’ dovere dei rivoluzionari difendere con le unghie e con i denti ogni posizione conquistata dalla classe operaia si tratti dei diritti democratici, della scala mobile e di una conquista dell’umanità così colossale come la nazionalizzazione dei mezzi dei produzione e l’economia pianificata. Coloro che sono incapaci di difendere le conquiste già ottenute non potranno mai combattere per conquiste nuove. Contro il nemico imperialista difenderemo l’URSS con tutta la nostra forza. Ma le conquiste della rivoluzione di ottobre serviranno al popolo solo se il popolo sarà in grado di fare i conti con la burocrazia staliniana, come un tempo ha fatto i conti con la burocrazia zarista e con la borghesia.

Se la vita economica sovietica si fosse sviluppata nell’interesse del popolo, se la burocrazia non avesse divorato e sperperato inutilmente la maggior parte del reddito nazionale, se la burocrazia non avesse calpestato gli interessi vitali della popolazione, allora l’URSS sarebbe diventata un grande polo magnetico di attrazione per tutti i lavoratori del mondo e l’inviolabilità dell’Unione Sovietica sarebbe stata assicurata . Ma l’infame regime oppressivo di Stalin ha tolto all’URSS la sua forza d’attrazione. Durante la guerra con la Finlandia, non solo la maggioranza dei contadini finlandesi, ma anche la maggioranza degli operai finlandesi sono schierati dalla parte della borghesia. Ciò non può sorprendere, dato che gli operai sanno a quale oppressione senza pari la burocrazia staliniana sottometta gli operai della vicina Leningrado e di tutta l’Unione Sovietica. La burocrazia staliniana, tanto macchiata di sangue e tanto spietata all’interno e tanto codarda di fronte ai nemici imperialisti, è quindi divenuta la maggiore fonte del pericolo di guerra per l’Unione Sovietica.

Il vecchio partito bolscevico e la III°Internazionale sono in disgregazione in decomposizione. I rivoluzionari onesti e avanzati hanno organizzato all’estero la IV°Internazionale, che ha ormai sezioni in quasi tutti i paesi del mondo. Io sono membro di questa nuova internazionale. Partecipando a questa attività, rimango sotto la stessa bandiera sotto cui ho combattuto con voi con i vostri padri o con i vostri fratelli maggiorenni nel 1917 e durante gli anni della guerra civile, la stessa bandiera sotto cui, con Lenin, abbiamo costruito lo Stato sovietico e l’Esercito rosso.

Il fine della IV°Internazionale è di estendere la rivoluzione di ottobre a tutto il mondo e contemporaneamente rigenerare l’URSS epurandola dalla burocrazia parassitaria. Ciò può essere ottenuto in un solo modo: per opera degli operai, dei contadini, dei soldati dell’esercito rosso e dei marinai della Marina rossa in rivolta contro la nuova casta di oppressori e parassiti. Per preparare questa rivolta è necessario un nuovo partito, un’organizzazione rivoluzionaria onesta e coraggiosa degli operai avanzati. La IV° Internazionale si prefigge di costruire nell’URSS un partito di questo genere.

Operai avanzati! Siate i primi a schierarvi sotto la bandiera di Marx e Lenin che è ora la bandiera IV Internazionale! Imparate a creare, nelle condizioni di illegalità imposte dallo stalinismo, circoli rivoluzionari strettamente uniti e su cui si possa contare! Stabilite contatti tra questi circoli! Imparate come stabilire questi contatti  - per mezzo di gente leale e degna di fiducia, in particolare marinai – con coloro che la pensano come voi nei paesi borghesi! E’ difficile, ma si può farlo. L’attuale guerra si allargherà sempre di più, accumulando rovine su rovine, alimentando angoscie, disperazioni, e proteste e spingendo tutto il mondo verso esplosioni rivoluzionarie. La rivoluzione mondiale darà alle masse sovietiche nuovo coraggio e nuova decisione e minerà le basi burocratiche della casta di Stalin. E’ necessario prepararsi per quell’ora con un tenace, sistematico lavoro rivoluzionario. Sono in gioco le sorti del nostro paese, il futuro del nostro popolo, il destino dei nostri figli e dei nostri nipoti.

 

Abbasso Stalin-Caino e la sua cricca!

Abbasso la burocrazia rapace!

Viva l’Unione Sovietica baluardo dei lavoratori!

Viva la rivoluzione socialista mondiale!

 

                                Fraternamen    Leone Trotsky

 

Il 15 e 16 giugno

vai a votate e vota SI al referendum

per l’estensione dell’art.18 alle aziende sotto i 15 dipendenti

 

 

sommario:

 

pag1 1 Maggio: giornata di lotta internazionale                                                        pag2  Perché oggi come ieri è d’attualità il 25 aprile

pag4 I nuovi luddisti argentini? No la classe operaia e il suo                                     pag5 Lev Trotsky: Lettera agli operai sovietici