Trovate di seguito l'ultimo numero di "Foglio Operaio ", foglio prodotto dai giovani compagni dell'AMR Progetto Comunista di Genova.
Fabiana Stefanoni
Foglio Operaio
Notiziario del Coordinamento Fabbriche del Ponente di Rifondazione Comunista
La
scadenza del referendum sull’Art.18 si avvicina e crescono parallelamente,
anche se a fatica e nel silenzio interessato da parte degli organi di
informazione, le iniziative dei promotori e dei sostenitori del SI.
Il
fronte avverso, ad oggi, oscilla tra un atteggiamento di ostentata indifferenza
che mira a svilire il significato del referendum attraverso l’astensione e la
tentazione di una aperta battaglia per il No che viene però trattenuta dal
timore di contribuire sia pure indirettamente al raggiungimento del quorum.
Pesa
comunque su tutta questa vicenda la manovra di “buttarla in politica”,
spostando l’attenzione dal merito dei problemi che il referendum vuole
comunque cercare di affrontare a quello della definizione dei “rapporti di
forza” nella sinistra, condita dall’insopportabile vizio del personalismo
che spinge a ridurre tutto alle figure dei presunti leader: Bertinotti,
Cofferati, D’Alema, Fassino ecc. e a chi tra questi avrà la meglio sugli
altri.
In
questa sede è in realtà più utile ricordare brevemente le ragioni di sostanza
che hanno portato alla scadenza referendaria, tentando di sfruttare l’onda
lunga del movimento del 2002 contro il Libro Bianco e le controriforme del
Governo del mercato del lavoro che ad esso si ispirano su un terreno certo non
congeniale come quello elettorale, ma con il pregio comunque di mantenere vivo
il dibattito su queste istanze e con la possibilità non remota di ottenere un
risultato positivo in controtendenza con il progressivo smantellamento dei
diritti e delle tutele per il mondo del lavoro di questi anni.
La
possibilità di estendere l’applicazione dell’Art. 18 alla imprese al di
sotto dei quindici dipendenti non rappresenta solo affermare un principio
universale di eguaglianza di tutti i lavoratori e le lavoratrici
indipendentemente dalla loro collocazione aziendale; non significa solo iniziare
a sanare la frattura sociale creata dalle ristrutturazioni nella struttura
produttiva, nell’organizzazione e nel mercato del lavoro tra lavoro ed
esclusione sociale, tra lavoro regolare e lavoro irregolare; rappresenta anche,
nel quadro concreto in cui le leggi delega si stanno traducendo in decreti
applicativi, neutralizzare sia gli effetti della Legge 30 che la traduzione in
legge dell’848 bis.
Se
l’Art. 18 si applicasse a tutti i dipendenti, per le aziende diventerebbe
inutile frazionare la propria struttura attraverso il trasferimento di rami
d’impresa o lo staff leasing per rimanere sotto la soglia dei 15 e quindi
buona parte della legge 30 verrebbe vanificata, inoltre una vittoria del SI
renderebbe impossibile al parlamento legiferare in aperta contraddizione con la
volontà espressa dai cittadini, limitando o sospendendo un diritto che la
maggioranza elettorale avrebbe eventualmente richiesto di estendere e
rafforzare.
E’
francamente incomprensibile come queste apparentemente semplici considerazioni
non siano comprese da chi ancora oggi predica, anche nel nostro campo,
l’astensione al referendum, lasciandosi incantare dalle sirene del politicismo
che guarda solo all’ombelico della sinistra ed ai suoi personalismi o che
sceglie l’inseguimento a tutti i costi degli egoismi sociali della piccola
imprenditoria e del commercio.
La
novità di questa campagna referendaria è stata sicuramente per molti la
posizione per il SI assunta dalla CGIL. Anche su questo si è sprecato più
inchiostro per raccontare la presunta “emancipazione” di Epifani da
Cofferati che non le ragioni della scelta della Confederazione.
Di
certo è stato un Si sofferto, che ha prodotto profonde lacerazioni nel gruppo
dirigente che non tarderanno a manifestarsi all’indomani della scadenza
elettorale, su motivazioni che non coincidono con quelle dei promotori e che
comunque non hanno spostato il giudizio negativo della CGIL sull’opportunità
del referendum.
Comunque
sia, la decisione della CGIL fa assumere oggi a questo referendum un significato
diverso, in particolare per noi rappresentanti e delegati della Confederazione.
Una vittoria e una sconfitta saranno anche un po’ una nostra vittoria o
sconfitta, potranno condizionare, si spera in positivo, l’incisività e
l’efficacia della nostra azione sui posti di lavoro, iniettando un po’ di
fiducia in lavoratori e lavoratrici “scottati” nel lungo periodo da pesanti
arretramenti nella condizione economica e nei diritti. Soprattutto per questo è
fondamentale che ogni struttura della CGIL si impegni in questi giorni senza
risparmio nella campagna per il SI, in modo capillare, sfruttando fino in fondo
il proprio apparato organizzativo, coinvolgendo dirigenti e delegati in ogni
livello, facendo da qui al 15 Giugno della campagna per il SI la propria priorità
di lavoro.
Senza
farsi troppe illusioni, è però innegabile che una coerente pratica della
posizione per il SI espressa dalla CGIL, che si trasferisse cioè dal dibattito
interno dei Direttivi ad un effettivo impegno sui posti di lavoro e nella società,
potrebbe contribuire a colmare la più evidente lacuna dell’impostazione
strategica della Confederazione nell’ultimo periodo.
La timidezza, la difficoltà e spesso il rifiuto di trasferire sui posti di lavoro, nella realtà quotidiana del confronto e della lotta nelle fabbriche e negli uffici, o nelle piattaforme contrattuali già presentate o nei contratti nazionali già sottoscritti (con la sola lodevole eccezione della FIOM, lasciata però troppo isolata) il patrimonio di resistenza e di rottura con un certo recente passato basato sulla concertazione (sia pure senza mai dirlo esplicitamente), che invece nello scontro con il Governo la CGIL è stata egregiamente capace di mettere in campo e che ha prodotto i fenomeni che sappiamo: le manifestazioni e gli scioperi dei questi due anni; la ripresa di fiducia di giovani lavoratori e lavoratrici, anche precari e non sindacalizzati in una Confederazione che sembrava ormai sclerotizzata nella pratica concertativa; l’incontro con gli altri movimenti che ha avviato una positiva contaminazione reciproca su questioni fondamentali come il rifiuto della guerra e l’attenzione alle questioni del lavoro.
Come
si vede, quindi, la scadenza referendaria e la campagna per il SI possono
trasformarsi in un’occasione importante di impegno e di dialogo diffuso tra i
lavoratori e lavoratrici anche su altri fronti.
7/6/2003
Antongiulio
Mannoni Direttivo CDLMT Genova
Il Comitato per il ”SI” al Referendum sull’Art.18 del Ponente Genovese.
Lo scorso mese si è costituito a Sestri Ponente un Comitato per il “SI” al Referendum sull’estensione dell’art.18.
L’iniziativa è partita da alcuni
lavoratori e delegati RSU delle fabbriche del ponente cittadino con
l’intenzione di fornire un contributo alla buona riuscita di un referendum
che, per varie ragioni, viene importante.
L’attività del Comitato è stata
principalmente rivolta alla definizione ed organizzazione di manifestazioni
(volantinaggi, banchetti, assemblee) al fine di effettuare una efficace campagna
propagandistica.
Il dibattito politico sul
referendum è invece, visti anche i tempi stretti, passato un po’ in secondo
piano.
Tuttavia una cosa mi ha colpito è
stato il pressoché unanime giudizio
negativo (nonostante la diversa provenienza politica) sull’uso dello strumento
referendario per temi relativi al mondo del lavoro: uno strumento percepito come
inadatto e pericoloso.
Personalmente ritengo che, in una
fase come quella degli ultimi anni, che ha visto un notevole aumento della
mobilitazione di massa e del livello di scontro sociale, spostare la lotta sul
terreno istituzionale potrà pure fare comodo a qualche burocrazia sindacale o
partitica, ma di certo non fa un grande servizio ai lavoratori. Anche perché
una eventuale sconfitta (peraltro non improbabile visto che ai referendum votano
commercianti, commercialisti, notai, avvocati, imprenditori, dirigenti
poliziotti, militari preti, suore…) sarebbe, scusate il linguaggio tecnico,
una vera mazzata per le prospettive di lotta future.
E penso sia stata proprio la
percezione di questo pericolo che ci ha spinto ad impegnarci nella campagna per
questo referendum che nessuno di noi ha voluto, ma che, per così dire, ci siamo
ritrovati addosso. E’ infatti evidente, a sentire le dichiarazioni di
esponenti della Confindustria o del Governo che una eventuale sconfitta
(sia come vittoria del NO che astensionismo) rappresenterebbe una ottima
occasione per il padronato per chiudere definitivamente a loro favore la
questiona dell’Art. 18 e metterebbe una pietra tombale sopra alle lotte che
abbiamo portato avanti in questi anni.
Ma ritorniamo al Comitato. In una
delle prime riunioni si è deciso di incentrare la campagna su una assemblea
pubblica in piazza a Sestri Ponente per le prime settimane di giugno, assemblea
alla quale invitare i lavoratori la cittadinanza e le associazioni che operano
sul territorio del ponente genovese.
Per la preparazione
dell’assemblea, che viene vista come centrale momento di coinvolgimento della
campagna referendaria, sono state programmate una serie di volantinaggi e
banchetti informativi in tutto il ponente genovese, in occasione dei quali
pubblicizzare l’incontro e spiegare a lavoratori e alla cittadinanza le
ragioni del SI.
L’assemblea pubblica avrà luogo
il 10 giugno in Piazza Baracca a Sestri e vuole essere un momento di
coinvolgimento della delegazione sui problemi del mondo del lavoro e dei
diritti, coinvolgimento che, ricordando la storia di Sestri,
mitica “cittadella rossa” e operaia, speriamo sia proficuo.
Un’ultima considerazione sul
Comitato: al di là dei risultati e del contributo che potrà dare alla campagna
referendaria, vorrei sottolinearne l’importanza come momento di aggregazione e
di confronto tra lavoratori che al di là delle diverse appartenenze politiche
ideologiche e sindacali si riuniscono, discutono e lavorano per un risultato
comune: la difesa e l’estensione dei diritti
dei lavoratori. E’ un modo pratico e concreto per riaffermare
l’importanza e la centralità del mondo del lavoro, un’ occasione di
crescita di una lenta aggregazione dalla quale possa nascere il rilancio di una
azione autorganizzata basata sui principi della autonomia e dell’unità di
classe.
Storicamente tutto ciò che i
lavoratori hanno conquistato è stato grazie alle proprie lotte, non a
referendum.Questo referendum non servirà a nulla se non riusciremo a dargli in
seguito a dargli un seguito in forma di lotte, costruite dal basso e svincolate
dagli apparati burocratici, per la costruzione di una piattaforma unitaria
basata sulla lotta contro la precarizzazione del lavoro e per la conquista di
salari decenti
Parodi Stefano
RSU FIOM CGIL Datasiel
Uno tra i primi firmatari
dell’appello per la costituzione di un comitato per il “SI”
APPELLO PER LA COSTITUZIONE DEL
COMITATO PER IL SI DI SESTRI PONENTE
Con l’attacco all’articolo 18,
governo e padroni vogliono la libertà di licenziamento.
Con il referendum sull’art. 18,
noi chiediamo l’estensione anche ai lavoratori impiegati nelle aziende al di
sotto dei 15 dipendenti, del diritto al reintegro nel loro posto di lavoro,
quando un magistrato riconosca il loro licenziamento senza giustificato motivo.
E’ una scelta a favore della
dignità del lavoro contro la discriminazione l’arbitrio
per impedire che questo diritto venga tolto anche ai lavoratori che già ce
l’hanno.
La legge è uguale per tutti, ma
oggi per i lavoratori italiani non è vero del tutto.
Solo una minoranza di essi, infatti
sono tutelati contro i licenziamenti senza giusta causa grazie all’articolo 18
dello statuto dei lavoratori. Questo significa che quasi il 64% dei lavoratori
dipendenti possono essere oggi licenziati senza un motivo plausibile, per le
proprie opinioni, per aver aderito ad uno sciopero, per aver aderito ad un
sindacato sgradito al proprio datore di lavoro.
A questi tanti troppo, lavoratori
dipendenti, si aggiunge la massa dei lavoratori a tempo determinato, dei precari
, dei contratti di collaborazione coordinata continuativa, degli interinali
privi di qualsiasi minima garanzia di dignità e democrazia sul luogo di lavoro;
oltre 6 milioni di persone.
In tutti questi mesi abbiamo
lottato per difenderci dall’attacco del governo Berlusconi
contro lavoratori e lavoratrici italiane: cancellazione dell’art.18, più
flessibilità sul lavoro e nel mercato del lavoro, meno sanità e scuola
pubblica taglio alle pensioni per i vecchi ed i giovani dipendenti, aumenti di
tasse, maggiore repressione e ricetti verso i lavoratori e lavoratrici
immigrate. Oggi abbiamo la possibilità di sconfiggere l’arroganza del
padronato e del governo italiano allargando tutto l’articolo 18 a tutto il
mondo del lavoro, unificando i nostri diritti.
Per questi motivi noi sosterremo e
voteremo perché l’applicazione dell’art.18 sia esigibile dall’universalità
dei lavoratori ed invitiamo tutti i partiti di sinistra, il movimento sindacale,
le associazioni di massa e tutti i democratici e progressisti
a votare e sostenere senza ambiguità il referendum sull’art.18.
Per questo lanciamo la costituzione
del “comitato per il si all’art.18 di Sestri Ponente”
Invitando tutti e tutte ad aderire
ed a costituire nelle prossime settimane un’assemblea pubblica a sostegno del
referendum.
Lavoratrici e lavoratori,
abbiamo finalmente la possibilità di dire che le leggi del mercato e della
flessibilità non possono sovrastare il diritto alla dignità ed al rispetto di
chi lavora.
Primi firmatari dell’appello:
DALLAVALLE ALESSANDRO
consigl. di circoscrizione Medio Ponente
CESURA CARLO
consigl. di circoscrizione
Medio Ponente
ANDREOTTI MARCO
consigl. di circoscrizione Medio Ponente
MISI GUIDO
RSU FIOM CGIL Sestri Cantiere Navale.
BORGHI ALESSANDRO
RSU FIOM CGIL ILVA
PARODI STEFANO
RSU FIOM CGIL Datasiel
SATTA GIANNI
lavoratore Marconi
ACANFORA FABRIZIO
RSU FILT CGIL Trenitalia s.p.a.
FERRETTI FABIO
RSU FILT CGIL Ferport
MORANDINI DAVIDE Presidente Direttivo SPI CGIL Genova
dalla
fabbrica
Negli ultimi tempi nella vita politica italiana si è assistito ad un vero e proprio attacco nei riguardi del sindacato e in particolare della classe operaia nel suo insieme dal Governo Berlusconi.
Non molto tempo fa, infatti, tutto
ebbe inizio col famoso libro bianco di Maroni; esso si è rivelato un espediente
governativo per riscrivere regole e diritti del mondo del lavoro, per arrivare
all’attacco dello Statuto dei Lavoratori ed alle ultime lotte sul contratto
dei metalmeccanici.
Durante questa fase si ebbe una
spaccatura con CISL e UIL pronte a sedersi a quel tavolo e a riscrivere anche
l’ert.18, e la CGIL a difendere quell’articolo perché il suo mutamento
vorrebbe dire licenziamenti senza giusta causa e ciò significherebbe più
precarietà giornaliera sul posto di lavoro.
Tutto questo è sfociato nella
raccolta delle firme da parte del PRC a favore di un referendum che abrogasse
quella parte dell’art. 18 della legge 30 del 1970 che limitava
l’applicazione dell’articolo stesso alle aziende con più di 15 dipendenti,
e che avrà naturale conclusione con una consultazione nazionale il prossimo 15
e 16 giugno.
Adesso, come spesso accade,nella
controversa storia italiana, ci troviamo l’ ex-leader della CGIL di quel
periodo, Cofferati, che dichiara pubblicamente che lui quel giorno si asterrà
dal voto, seguito immediatamente dai DS che probabilmente non vedevano l’ora
che arrivassero quelle dichiarazioni.
Il paradosso è all’occhio di
tutti: Cofferati ha usato la classe operaia per farsi luce nella politica della
penisola e come si è letto ultimamente si candiderà a Sindaco di Bologna,
altro che ritorno umile alla Pirelli…
Per quanto riguarda i DS, loro la
classe operaia l’hanno abbandonata da un po’ di tempo, il mondo operaio oggi
come ieri non interessa più.
Bisogna prendere voti al centro e
difendere, appunto, le aziende con meno di 15 dipendenti. Tutto questo si
colloca in un quadro ben più ampio: infatti Berlusconi con l’art.18 ha creato
un presupposto, cioè ha voluto vedere con che parti sociali potesse discutere e
si capisce benissimo che più divisioni ci sono tra gli “avversari” è
meglio e per lui e per il suo progetto ben più ampio di voler americanizzare
l’Italia, cioè dare più flessibilità al mondo del lavoro togliendo diritti
al lavoratore non accorgendosi che però in Italia non sussistono alternative in
primo luogo lavorative, manca cioè, l’offerta, e mancano alternative
culturali, di mentalità.
Ritornando all’attacco al mondo
del lavoro, ultimamente si è verificato uno scenario ancora più inquitante,
perché CISL e UIL, uscite sconfitte dalle ultime elezioni di molti rinnovi di
consigli di fabbrica, hanno firmato un contratto nazionale dei metalmeccanici
scandaloso che al di là di tutto dimostra la loro lontananza da quella giovane
classe operaia che sa che cosa sono i “contratti di formazione lavoro” e la
precarietà, per poi non parlare del recupero salariale richiesto che non tiene
conto nemmeno dell’inflazione reale… e senza parlare che
“democraticamente” CISL e UIL non hanno il diritto di sedersi al tavolo
governativo e pretendere di rappresentare tutti i lavoratori quando nella realtà
rappresentano solamente sindacati di minoranza.
Tutto questo fa pensare che il
governo delle destre, mancando effettivamente un’opposizione parlamentare, e
ritrovandosi due parti sociali su tre che stanno ai propri accordi, affondi gli
attacchi il più possibile indisturbato rendendosi ben conto che
l’Ulivo non può certo essere troppo contento visto che queste ultime
amministrative vinte solo per riflesso nei confronti di una compagine
governativa in crisi e non per un progetto politico vero, sicuramente distante
dalle rivendicazioni della classe operaia.
Mantero Fabio – lavoratore
Cantiere Navale di Sestri Ponente
A
185 ANNI DALLA NASCITA DI KARL MARX
Il 5 maggio 1818 nasceva a Treviri,
nel Regno di Prussica il compagno Karl Marx, l’uomo che forse ha inciso più
profondamente di qualunque altro la storia di questi ultimi due secoli. Oggi non
siamo chiamati, come comunisti, ad una semplice celebrazione, ma ad una nuova,
più approfondita conoscenza degli iscritti, delle opere marxiste. Si dice
spesso che la storia giudica gli uomini, i loro pensieri, le loro azioni: è
vero; il problema è che la storia viene quasi sempre scritta dai vincitori, e
quindi il giudizio su una determinata persona è spesso inficiato dagli
orientamenti di chi scrive.
Molti infatti, erroneamente, hanno
giudicato in maniera negativa Marx a causa del crollo dell’URSS e dei regimi
dell’est europeo, per non parlare delle fallimentari esperienze in altre parti
del mondo. Altri ancora si sono spinti a giudicare Marx colpevole di tutti
coloro che sono morti a causa dei crimini connessi al comunismo (forse sarebbe meglio dire da personaggi che si
proclamano comunisti, ma che non lo erano, ma qui si rischia di divagare): un
po’ come se Dio e Gesù Cristo si potessero additare a principali colpevoli e
ispiratori dei crimini commessi dalla chiesa in 2000 anni di storia (le
crociate, tanto per fare un esempio).
Ci si dimentica, spesso in maniera
capziosa, di cosa ha preconizzato Marx e cosa ha effettivamente colto nel segno,
cosa egli credeva realizzabile e cosa si è invece realizzato nel nome del
comunismo (qui sta la differenza). In sostanza si tende a fare di ogni erba un
fascio e questo è ancora più grave se si vede che questo procedimento è
auspicato o messo in pratica da sedicenti compagni. Non starò ora a fare
l’analisi delle opere marxiste né a dilungarmi su che cosa Marx ha azzeccato
o sbagliato, non è questa la sede, non sta a me farlo, e poi lo spazio, si sa,
è tiranno. Mi preme invece sottolineare questo:
indipendentemente dalle idee che si hanno la conoscenza del marxismo è
fondamentale non solo per coloro che centottantacinque anni dopo la sua nascita
si proclamano comunisti ( presupponendo che si considerino marxisti tutti i
comunisti, il che non è sempre scontato, anzi basta guardare dentro il nostro
partito), ma anche e soprattutto per tutti coloro che vogliono farsi una idea di
come era la società due secoli fa, e di come tutto sommato, sia sì cambiata,
ma solo per alcuni aspetti. La lettura delle opere marxiste sono consigliabili a
tutti coloro che sentono l’esigenza di levarsi i paraocchi che la società
capitalista e consumista cerca di metterci, per poterla guardare con un occhio
diverso, critico se vogliamo, ma sicuramente alternativo.
Naturalmente questo sarebbe
auspicabile che fosse fatto prima di tutto dai compagni che militano dentro il
PRC, se non altro per come inizia il preambolo del nostro statuto: “Il PRC è
la libera organizzazione politica della classe operaia, delle lavoratrici, dei
lavoratori, delle donne e degli uomini, dei giovani, degli intellettuali, dei
cittadini tutti che si uniscono per concorrere alla trasformazione della società
capitalista, al fine di realizzare la liberazione del lavoro delle donne e degli
uomini, attraverso la costruzione di una società comunista. Per realizzare
questo fine il PRC si ispira alle ragioni fondative del socialismo e al
pensierosi Carlo Marx”. Io militante del PRC, sono consapevole delle ragioni
che ci spingono a dichiararci comunisti, altri compagni purtroppo non lo so.
Per questo è fondamentale
ricordarci di Karl Marx non solo negli anniversari, ma durante tutto il nostro
agire politico, per non dimenticare chi siamo e dove vogliamo arrivare.
Alessandro Leni
Per
contatti: Alessandro
3492554388 Coordinamento
Operaio Fabbriche del Ponente di Rifondazione Comunista Circolo
“E.Rovatti” via Vado 49 Genova
Sestri Ponente
Sommario:
pag.2 La CGIL nel referendum e oltre
A.
Mannoni
pag.3 Il Comitato per il “SI” al referendum
sull’art.18
di Sestri ponente
S.
Parodi
pag.5 dalla fabbrica “Riflessioni”
F.Mantero
pag.6 A 185 anni dalla nascita di
K.Marx
A. Leni
dai voce alle lotte
leggi
Foglio Operaio
Giornale
del Coordinamento Operaio delle Fabbriche del Ponente
di Rifondazione Comunista