Dopo
la II Conferenza nazionale
Compiti
e prospettive per i Giovani Comunisti
di Nicola di Iasio e Fabiana Stefanoni (*)
Dal 4 al 7 luglio, si è svolta a Marina di Massa la II
Conferenza Nazionale dei Giovani Comunisti. La Conferenza è stata preceduta da
decine di conferenze di circolo e provinciali (inqualificabile a riguardo il
silenzio di Liberazione), cui hanno
preso parte centinaia di giovani, spesso anche giovanissimi, compagni che hanno
sviluppato un dibattito abbastanza ampio (nonostante a volte le condizioni, per
vari motivi, proibitive).
Sull’effettiva “pari dignità” dei documenti, non è
necessario ritornare, in quanto restano valide le considerazioni già fatte (in
un numero precedente) per il V Congresso Nazionale di Rifondazione. Allo stesso
tempo, è nettamente cambiata rispetto al passato la cornice in cui si è
iscritta la Conferenza; infatti rispetto alla I Conferenza una parte della
minoranza (l’area di Bandiera Rossa) è confluita nella maggioranza; una parte
della maggioranza ne è uscita (l’area de L’Ernesto); per la prima volta la
discussione si è basata su quattro documenti politici alternativi (di cui uno
presentato dall’area di Falcemartello, in alternativa agli emendamenti
presentati al nostro documento alla scorsa conferenza e al V Congresso del PRC);
infine il Partito non è più al governo (come nel ‘97), bensì da diverso
tempo all’opposizione.
E’ facile dedurre il mutamento delle condizioni
oggettive, interne ed esterne al partito. Alla luce di ciò risulta difficile
spiegare perché questi “piccoli particolari” vengano tralasciati proprio da
chi è più attento a sottolineare il ritardo con cui si è svolta la conferenza
(più di cinque anni dalla precedente).
In virtù delle considerazioni fatte, riteniamo
soddisfacente il risultato (10-11%) del documento congressuale da noi presentato
alla discussione.
Infatti, pur rimanendo minoranza all’interno
dell’organizzazione, rileviamo diversi elementi di soddisfazione: sul piano
del risultato, è di particolare rilievo il salto qualitativo rispetto al
passato, per il diverso profilo del documento presentato, e di quello della
discussione che ne è seguita.
Ma l’elemento di maggior rilievo è costituito dalla
conferma delle nostre posizioni anche da parte degli ultimissimi avvenimenti.
Continua infatti senza soste il massacro del popolo
palestinese. Allo stesso tempo è sotto gli occhi di tutti la politica suicida
di Arafat e dell’ANP (sostenuta senza indugi dalla maggioranza). A fronte di
questa tragedia a poco serve la “solidarietà”: la lotta del popolo
palestinese per un proprio stato è connessa con la distruzione del capitalismo
e dei suoi baluardi (lo stato d’Israele nella fattispecie). In questa lotta i
GC possono giocare un ruolo importante in virtù della ritrovata capacità di
mobilitazione delle giovani generazioni: compito dei comunisti è infatti
lavorare alla costruzione del partito d’avanguardia internazionale, unico
strumento in grado di porre fine alla crisi di direzione del
proletariato mondiale, e quindi alla crisi dell’umanità.
Così come, questa lotta si rivela fondamentale per le
sorti del proletariato argentino: la battaglia d’egemonia portata avanti dal
Partito Obrero ha conquistato vasti settori di massa (particolarmente giovani)
alla necessità di legare le battaglie immediate e parziali alla lotta per il
potere (come dimostrano le risoluzioni delle ultime assemblee del movimento
Piquetero e di quelle di quartiere) . Questa lotta necessita quindi, anche nelle
battaglie quotidiane, del partito internazionale: la rifondazione cioè della
Quarta Internazionale.
Allo stesso tempo, a pochi mesi dalla conferenza, tutto
l’impianto d’analisi del panorama nazionale della maggioranza si è sciolto
come neve al sole: la scelta della contaminazione e della disobbedienza non è
stata capace di superare gli inevitabili riflussi dei movimenti. Il movimento
no-global è stato tanto mitizzato quanto, non sviluppandovi una battaglia
politica, lasciato in balia di direzioni riformiste, e quindi condannato ad una
prospettiva di sconfitta. Da più di qualche mese infatti il movimento no-global
ha lasciato la scena al movimento organizzato dei lavoratori e in particolare
alla CGIL. La scelte sindacali e (soprattutto) politiche di Cofferati hanno
indotto il Partito ad anticipare i tempi della tanto auspicata e mai abbandonata
convergenza graduale con l’Ulivo: continuando a “svoltare a sinistra”,
Bertinotti si appresta alla Convention delle opposizioni.
Per comprendere quali conseguenze potrebbe avere questa
scelta, basta rivolgere lo sguardo al passato (1994).Con la sola eccezione che
le responsabilità del Partito, a fronte del nuovo scenario potenzialmente
dirompente e del vuoto lasciato a sinistra dai DS, sono oggi enormemente
maggiori.
Così come sono notevoli le responsabilità dei GC.
Infatti molto importante potrebbero rivelarsi il nostro intervento
nell’organizzazione e nella direzione delle lotte autunnali degli studenti
medi contro la riforma Moratti; degli studenti universitari contro i continui
attacchi al diritto allo studio (aumenti delle tasse, chiusura delle mense e
delle case dello studente..ecc.); dei tanti giovani precari per il miglioramento
delle proprie condizioni; degli immigrati contro la legge razzista Bossi-Fini; e
anche e soprattutto delle lotte dei protagonisti delle ultime imponenti
manifestazioni: i giovani lavoratori che, a più riprese, e da più di un anno,
continuano a scioperare e a scendere in piazza. Tanto più in vista del nuovo
sciopero generale annunciato per ottobre. Nella consapevolezza che Cofferati
contiene le potenzialità del movimento. Di conseguenza, per garantire uno
sbocco positivo a queste lotte, importante sarà la battaglia d’egemonia tra
le giovani generazioni, nelle mobilitazioni reali, attorno al progetto comunista
rivoluzionario, a partire dalla stretta connessione tra le varie lotte, e quindi
dalla necessità di una piattaforma di mobilitazione unificante che riconduca
gli obiettivi immediati e il livello di coscienza dei lavoratori alla necessità
della rottura anticapitalistica, in una prospettiva socialista, l’unica in
grado di risolvere la crisi storica dell’umanità.
In sostanza, proprio perché la storia insegna che dalle
lotte non sorge mai spontaneamente una prospettiva rivoluzionaria e comunista, i
Giovani Comunisti, per parte loro, devono assumere impegnarsi nel rafforzare
l’organizzazione, le sue strutture interne, la partecipazione democratica, la
formazione teorica e politica dei militanti per fare dell’organizzazione dei
GC lo strumento di una battaglia di egemonia tra le giovani generazioni attorno
al progetto comunista e rivoluzionario. E’ questo il senso della battaglia che
continueremo a sviluppare nei Giovani Comunisti, sforzandoci di costruire una più
forte relazione tra il nostro intervento negli organismi dirigenti nazionali e
l’intervento nelle federazioni dei compagni e delle compagne che hanno
sostenuto il nostro documento.
(*) del coordinamento nazionale dei Giovani Comunisti