Cuba:
non si difendono le conquiste della rivoluzione col "plebiscitarismo"
totalitario
di Franco Grisolia
Nello scorso mese di giugno si
è svolto a Cuba un referendum per emendare la costituzione, rendendo
immodificabile il carattere "socialista" dello stato cubano e il ruolo
del partito comunista. Secondo i dati forniti dal governo hanno preso parte al
referendum 8.188.198 cittadini (cifra che "Liberazione" definisce
"enorme" rispetto alla popolazione) e il 99,2% si è pronunciato per
il sì.
Sembra di rivedere i risultati
dei trionfi di Enver Hoxa nell'Albania "socialista" pochi anni prima
del suo tracollo.
E, in effetti, chi può essere
così ingenuo da credere veramente alla veridicità di questi dati, non nel
senso che non siano tecnicamente obiettivi, ma che esprimano realmente i
sentimenti di tutto il popolo cubano e le contraddizioni esistenti al suo
interno?
Per ogni marxista la verità è
sempre rivoluzionaria e in questo caso essa ci dice che quello che si è
realizzato è stato solo un plebiscito totalitario da regime stalinista. Quel
che è peggio è che se quanto realizzato può confortare l'ultima fase del
dominio di Fidel Castro e, forse,
ma è lungi dall'essere certo, di suo fratello Raul; non garantisce, invece, per
niente il futuro delle conquiste della rivoluzione socialista, al contrario.
Né serve obbiettare che si
tratta in definitiva di una misura, per quanto distorta, di autodifesa contro
l'aggressione imperialista degli USA. Come sempre il punto di riferimento
storico per dei comunisti, resta l'esempio della rivoluzione russa. I
bolscevichi, prima della degenerazione stalinista, non ricorsero mai a dei mezzi
che contrastavano coi principi del socialismo e cercarono sempre di basarsi sul
sostegno cosciente, non del "popolo tutto", ma del proletariato e
della sua avanguardia. Costruirono il proprio potere come dittatura del
proletariato basata sul sistema dei consigli (Soviet). Quando le condizioni di
guerra civile e di aggressione armata di praticamente tutte le potenze
imperialiste li obbligarono a limitare la democrazia sovietica, lo dichiararono
apertamente, sottolineando che si trattava di misure transitorie, che avrebbero
modificato, nel senso dell'espansione della democrazia operaia, appena
oggettivamente possibile. Dichiararono ugualmente che l'abolizione del
multipartitismo operaio era non un principio, ma un limite da superare nel
futuro. Il congresso annuale del partito vide sempre, fino al trionfo dello
stalinismo, scontri tra diverse frazioni e tendenze, in cui lo stesso Lenin non
era mai assicurato del successo (e infatti fu messo a volte in minoranza negli
organismi dirigenti del partito anche diversi anni dopo il trionfo della
rivoluzione). Il diritto di sciopero fu abolito solo da Stalin, e fu nei fatti
rafforzato negli anni della Nep, come necessità di fronte alla sia pur
limitatissima apertura a capitali privati. Infine i bolscevichi concepirono
sempre la difesa della rivoluzione russa come determinata dallo sviluppo della
rivoluzione internazionale e quindi del suo strumento: l'Internazionale
Comunista.
Su tutti questi terreni, nei
suoi oltre 40 anni di dominio, il regime castrista si è comportato esattamente
all'opposto. E ciò non solo nell'attuale fase di isolamento, ma anche quando
disponeva, di fronte al criminale embargo americano, del sostegno politico,
economico e militare dell'URSS, in un quadro mondiale ben diverso da quello
attuale. I soviet non sono mai stati creati a Cuba. I congressi del partito sono
eventi decennali in cui, tra migliaia di delegati, non se ne trova mai fosse
solo uno che si astenga. Ugualmente avviene nel parlamento popolare, dove tutto
viene sempre approvato all'unanimità, nonostante gli zig-zag, a volte
repentini, della politica, in particolare economica, del regime. Così come
nessuno ha osato obbiettare alla politica di apertura totale ai capitali
stranieri (in parte inevitabile, ma adottata senza alcuna significativa
limitazione, come fu il caso della Nep in Russia) che sta, nella realtà,
distruggendo le basi socialiste dell'economia cubana. Ovviamente il diritto di
sciopero non esiste. Quanto alla rivoluzione socialista internazionale, basti
ricordare che vent'anni fa, all'epoca in cui l'URSS sembrava del tutto solida,
Fidel Castro si complimentò pubblicamente con i dirigenti sandinisti del
Nicaragua per non aver espropriato la borghesia, dichiarando che, se avesse
potuto tornare indietro, avrebbe adottato una uguale politica.
La difesa incondizionata di Cuba
contro l'imperialismo è un dovere elementare di ogni rivoluzionario nel mondo,
quale che sia il suo giudizio negativo sulla politica e la struttura del regime
castrista. Ma proprio questa difesa impone ai marxisti rivoluzionari di indicare
che questa politica e questa struttura portano la rivoluzione verso il disastro.
E' indubbio che esiste ancora un
ampio sostegno popolare per la rivoluzione e per Fidel (favoriti anche
dall'ampia emigrazione dei settori reazionari della popolazione). Ma si tratta
di un sostegno passivo e molto legato al carisma personale di Castro. Una volta
scomparso lui -che difende lo statu quo perché difende il suo potere- non
mancherebbero di svilupparsi settori della burocrazia pronti (come è accaduto
in ogni altro Stato operaio degenerato, compresi quelli che apparivano più
chiusi e impermeabili, come l'Albania, e quali che siano le norme
"costituzionali") a realizzare la restaurazione del capitalismo, in
alleanza o meno con la borghesia cubana "contra" di Miami.
Restaurazione di cui, sul piano economico, l'attuale politica ha creato le
premesse.
Solo se il proletariato cubano o
una sua larga avanguardia prenderà finalmente direttamente nelle proprie mani
la direzione della rivoluzione, scontrandosi inevitabilmente con la burocrazia
castrista, la rivoluzione potrà perdurare e salvarsi, nell'ambito dello
sviluppo della rivoluzione internazionale.
Anche per Cuba con tutte le
specificità particolari, vale la profonda analisi indicata da Trotsky nel Programma
di Transizione, in riferimento allo stato operaio degenerato russo:
<Il pronostico politico ha un
carattere alternativo: o la burocrazia, diventando sempre più l'organo della
borghesia mondiale nello stato operaio, distrugge le nuove forme di proprietà e
respinge il paese nel capitalismo, o la classe operaia schiaccia la burocrazia e
si apre una via verso il socialismo>.
Il nostro compito è, appunto,
quello di difendere incondizionatamente Cuba nei confronti dell'imperialismo,
quale che sia il nostro giudizio sul regime; condannandone al contempo
apertamente le scelte antirivoluzionarie, quali il totalitarismo plebiscitario;
e lavorare per costruire, anche con l'avanguardia proletaria cubana, la nuova
internazionale rivoluzionaria, strumento indispensabile per la rivoluzione
socialista internazionale, unica garanzia di fronte al capitalismo e
all'imperialismo per difendere e consolidare definitivamente ogni significativa
conquista dell'umanità lavoratrice ed oppressa, quale la rivoluzione cubana.