XV Congresso nazionale della Cgil: la posta in gioco

Per la costruzione di un’area anticapitalista in Cgil

 

Il 16 luglio Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, in un suo intervento sul principale quotidiano della borghesia, il Corriere della Sera, annunciava quale sarà “il cuore della proposta politica” del prossimo congresso del più grande sindacato del paese: il ruolo della politica contrattuale, nel quadro della rivisitazione degli assetti della contrattazione, contro il declino industriale del paese. Questa disponibilità a rivedere e aggiornare il modello contrattuale del 23 luglio ’93 (cioè un accordo centralizzato tra governo, Confindustria e sindacati in cui si definiscono le regole entro le quali devono essere fatti i contratti), viene subordinata alla realizzazione di un altro governo. Come altre volte nella storia di questo paese, le direzioni riformiste, sindacali e politiche del movimento operaio si fanno carico di fronte al padronato e ai “governi amici” di chiedere ai lavoratori un’assunzione di responsabilità finalizzata a sostenere l’economia e lo sviluppo del paese attraverso i necessari … sacrifici. I poteri forti, economici e finanziari, comprendono che solo con un altro governo, sostenuto dalla sinistra, è possibile rilanciare su nuove basi la concertazione, strumento ritornato necessario ad abbattere il costo del lavoro quale mezzo per fronteggiare la crisi capitalistica dal punto di vista del capitale. In questo quadro s’inserisce l’offensiva di Confindustria, Cisl e Uil sul modello contrattuale, per ridimensionare il Contratto collettivo nazionale e il ruolo delle Rsu.

Domani il governo di centrosinistra, attraverso un “nuovo patto sociale che rilanci la competitività”, si adopererà per abbattere il costo del lavoro attraverso il blocco dei salari, l’aumento della produttività e della flessibilità, il sostegno finanziario alle imprese: è quello che sostengono Prodi e i suoi consulenti economici in interventi ed interviste. Una prospettiva - questa - che, nel caso si realizzasse, chiuderebbe con una pesante sconfitta per i lavoratori una fase, seppur contraddittoria, di resistenza e di lotta. Questioni di bilancio e di prospettiva pongono con urgenza la costruzione di una tendenza di classe in Cgil basata su una piattaforma che indichi all’insieme della nostra classe di riferimento le rivendicazioni immediate e transitorie su cui mobilitarsi contro il padronato e i suoi governi.

Il preambolo e Le dieci tesi  

Il Direttivo nazionale della Cgil, riunitosi il 18 e 19 luglio, ha approvato il regolamento congressuale, il preambolo e le dieci tesi presentate dalla maggioranza Epifani‑Patta. Il preambolo “Riprogettare il paese” rappresenta un’introduzione alle dieci tesi, una base programmatica da cui partire centrata sul tema: salviamo l’Italia dal declino. In esso manca un’analisi della natura della crisi capitalistica, il cui aggravamento è fatto derivare dall’incapacità e dall’insufficienza dell’azione politica del governo Berlusconi, a cui si sarebbe affiancata “la direzione della Confindustria di Antonio D’Amato”, proprio perché legato agli interessi della “rendita fondiaria e immobiliare a scapito dei settori industriali e manifatturieri esposti alla concorrenza internazionale”. Viene attaccata, giustamente, la produzione legislativa del governo Berlusconi contro i lavoratori e le masse popolari, ma senza fare nessun accenno alla continuità tra questi provvedimenti e quelli che li hanno preceduti ad opera dei vari governi di centrosinistra (Dini, Prodi, D’Alema): precarizzazione del lavoro salariato (Pacchetto Treu e poi Legge 30), controriforma della scuola (Berlinguer e poi Moratti), controriforma delle pensioni e scippo Tfr (Dini e poi Maroni), legislazione contro gli immigrati (Turco-Napolitano e poi Bossi-Fini) ecc, ecc. L’elezione di Montezemolo alla guida di Confindustria è valutata come la svolta che ha permesso alla Cgil di uscire dall’isolamento degli accordi separati e di ritornare a firmare accordi assieme a Cisl e Uil “in materia di politica di sviluppo, di formazione e ricerca, sul Mezzogiorno”. Questo sulla base di una classica distinzione riformista tra una borghesia parassitaria e speculativa da contrastare e una borghesia produttrice, rappresentata appunto da Montezemolo, da sostenere e con cui realizzare “un nuovo patto sociale”. Dopo la svolta in Confindustria, la burocrazia sindacale attende adesso l’auspicata svolta politica di governo per poter realizzare un nuovo accordo centralizzato. Si chiede infine al sindacato europeo di sostenere la costruzione dell’Unione Europea come “soggetto politico ed istituzionale” che dovrebbe assicurare “un ruolo di pace e di sviluppo equo nel mondo”, alimentando in questo modo illusioni tra i lavoratori rispetto alla costruzione del polo imperialista europeo.

Le dieci tesi rappresentano un’articolazione ed un approfondimento per singoli punti delle indicazioni programmatiche contenute nel preambolo. Nella prima e seconda tesi si ripropone la democratizzazione e la riforma dell’Onu e delle istituzioni finanziarie internazionali (Fmi, Bm, Omc), viene rispolverata la Tobin Tax per sostenere lo sviluppo dei paesi dipendenti della periferia capitalista, si auspica la costruzione dell’Europa sociale nel quadro dell’Europa capitalista, tutti temi su cui si dovrebbe impegnare la Ces (Confederazione europea dei sindacati) in un quadro di collaborazione con l’imperialismo. Nella terza tesi, sul terreno nazionale si chiede di “completare la transizione politico-istituzionale rendendo più netto nel sistema bipolare il ruolo degli schieramenti politici” e, rivolgendosi allo schieramento di centrosinistra, la quarta tesi indica il progetto della Cgil per affrontare la crisi dell’Italia. La quinta e la sesta tesi affrontano il tema della precarizzazione del lavoro (Legge 30) e i diritti dei migranti (Legge Bossi-Fini) senza nessuna citazione dei precedenti legislativi. La settima tesi, pur riaffermando nel quadro della salvaguardia dello stato sociale la centralità del sistema pubblico, continua a proporre la previdenza complementare, con relativo scippo del Tfr mediante la truffa del silenzio-assenso, ad integrazione della sempre più insufficiente copertura previdenziale. Le ultime tre tesi (8, 9 e 10) affrontano i temi della contrattazione, della partecipazione e della democrazia. In esse è assente un bilancio, dal nostro punto di vista fortemente critico, dei contratti e accordi firmati in questi ultimi anni (tessili, trasporti, commercio, turismo, pubblico impiego, ecc). Sul modello contrattuale, sui salari e sugli orari le tesi sono vaghe e generiche, pensate per avere un mandato da utilizzare nei rapporti con Cisl e Uil e futuro governo. Manca ogni riferimento all’approvazione dei lavoratori mediante referendum delle piattaforme e degli accordi, non viene posta la questione delle quote riservate nelle Rsu del settore privato, né viene affrontata la questione dell’agibilità sindacale nei servizi pubblici (vedi caso Alitalia), servizi in cui  la L. 146/90 è utilizzata come strumento antisciopero.

Un documento pensato come contributo da parte del sindacato alla coalizione dell’Unione di centrosinistra: da respingere in quanto errato nell’analisi della crisi capitalistica e dei rapporti tra le diverse componenti della classe dominante, centrato sulla collaborazione di classe e insufficiente nelle stesse indicazioni programmatiche sindacali.

 

“Lavoro e Società” e la “Rete 28 Aprile”

Il gruppo dirigente di “Lavoro e Società” ha ufficializzato l’entrata in maggioranza, non prima di aver raggiunto un accordo burocratico, sancito da un “documento d’intenti sottoscritto da dodici segretari confederali”, che impegna la maggioranza a tutelare i posti in apparato, nelle segreterie e nei Comitati direttivi agli esponenti di “Lavoro e Società”. E’ un accordo mirante a blindare il congresso, a predeterminare il risultato congressuale, a salvaguardare una cordata indipendentemente dal dibattito: in ultima analisi, a svolgere un congresso finto, un parlatorio. Il disprezzo per la democrazia sindacale ha raggiunto il culmine quando la maggioranza del Direttivo nazionale della Cgil ha votato contro la richiesta di collegare l’elezione dei delegati al congresso al voto di eventuali singole tesi alternative. Si conclude così il percorso di progressivo avvicinamento alla maggioranza di quella che ormai può essere definita l’ex sinistra sindacale. La presentazione, da parte di Patta, di una tesi alternativa sul tema della democrazia e della rappresentanza costituisce un estremo tentativo, da parte di quest’area, per giustificare la sua esistenza dopo aver perso agli occhi dei lavoratori d’avanguardia ogni credibilità.

Il gruppo dei cinque compagni del Direttivo nazionale - numero minimo in quella sede per presentare un documento alternativo, che aveva dato origine alla “Rete 28 Aprile per l’indipendenza e la democrazia sindacale” come percorso di uscita dai rischi di liquidazione di una sinistra sindacale in Cgil prodotto dal passaggio in maggioranza di “Lavoro e Società” - non ha mantenuto le sue promesse. Nel corso del Direttivo nazionale non sono stati presentati documenti alternativi. L’assemblea nazionale della “Rete 28 Aprile”, tenutasi a Roma il 15 luglio, ha reso evidenti i limiti del gruppo dei cinque dirigenti: Danini, Baldini e Casavecchia per opportunismo non erano disponibili a sostenere un documento alternativo, Cremaschi nel corso dell’assemblea ha manovrato perché da questa non uscisse un’indicazione chiara, impedendo di fatto la messa ai voti di un ordine del giorno (che impegnava la “Rete 28 Aprile” a sostenere un documento alternativo anche in presenza di singole tesi alternative), mentre poneva le premesse per la convergenza sulle due tesi alternative (sulla contrattazione e sulla democrazia) annunciate con riserva e poi presentate da Rinaldini.

La raccolta delle 400 firme, entro il 1° agosto, dei componenti organismi dirigenti di Cdlt/Cdlm, Cgil Regionali, Federazioni e Sindacati Nazionali, necessarie a presentare il documento alternativo, è partita in ritardo e pesantemente depotenziata. Va da sé che, in mancanza di un gruppo dirigente determinato, il risultato non è stato raggiunto. Sono pervenute entro le ore 24 del primo agosto 260 firme[1], mentre altre decine sono pervenute successivamente: un risultato importante che deve essere valorizzato ed organizzato. Al XV Congresso Nazionale, seppur oggettivamente necessario, mancherà un documento alternativo della sinistra di classe in Cgil, ma i suoi contenuti certamente saranno presenti nei congressi e nella lotta di classe di tutti i giorni contro il padronato e il governo presente e futuro.

Le tesi alternative (sulla tesi 8 “Le politiche contrattuali” e sulla tesi 9 “La partecipazione”) presentate dal compagno Rinaldini, segretario nazionale della Fiom, sono senz’altro parziali e insufficienti rispetto all’impianto complessivo del documento di maggioranza; ma allo stato dei fatti l’avanguardia di classe in Cgil non può che convergere seppur criticamente su esse. Contro ogni ipotesi di blindatura del congresso chiederemo che l’elezione dei delegati ad ogni livello avvenga sulla base dei voti ottenute dalle tesi alternative come indicato nel punto 5.12 del Regolamento congressuale (la presidenza dell’assemblea congressuale e la Commissione elettorale opereranno per assicurare anche un equilibrato rapporto tra la composizione tra le liste dei delegati e l’esito delle votazioni sui documenti e sulle eventuali tesi alternative).

Il 7 settembre la “Rete 28 Aprile” si riunisce presso la Camera del Lavoro di Bologna. In quella sede, è necessario non solo fare un bilancio della battaglia condotta in questi mesi nella Cgil, ma anche dare continuità organizzativa all’esperienza maturata in questi mesi con decine di riunioni in tutto il paese. È necessario costruire un’Area organizzata, con i diritti conseguenti a norma di statuto della Cgil, che, a partire dall’inizio del percorso congressuale, svolga la propria essenziale funzione di direzione e coordinamento dei lavoratori iscritti. Questo salto qualitativo non è scontato: quelli che più hanno osteggiato l’ipotesi del documento alternativo con documenti e prese di posizioni contrastano adesso la costruzione dell’Area organizzata. Questa posizione arretrata ed opportunista deve essere sconfitta.

 

20/8/2005

 



[1] Personalmente ho inviato con posta celere la firma del compagno Stefano Castigliego, operaio Fincantieri e dirigente della Cdlm di Venezia, che l’incaricato dalla “Rete 28 Aprile” della raccolta delle firme in Lombardia non ha ritirato.