Rompere col centro

Le primarie servono a Prodi contro i lavoratori italiani

 

 

di Marco Ferrando  

 

Con le primarie di ottobre Romano Prodi mira ad ottenere un’investitura popolare plebiscitaria e presidenzialista contro i lavoratori italiani, in vista del prossimo governo dell’Unione.

Lo dichiara lui stesso, in risposta alle pressioni delle agenzie internazionali di rating: “Saranno necessari interventi impegnativi e impopolari (…) per il risanamento economico e il rilancio dello sviluppo (…). Saranno necessari sacrifici (…). Per questo occorrerà un governo forte, autorevole, stabile, capace di durare tutta la legislatura e di assumersi le dovute responsabilità”.

E’ chiaro? Forte dell’annunciata investitura del “popolo”, Prodi già oggi preannuncia “lacrime e sangue”… contro il popolo per i prossimi cinque anni. Il calendario del risanamento delle finanze pubbliche già predisposto a Bruxelles, lascia scarsi margini di manovra: entro il 2008 il debito pubblico italiano dovrà essere drasticamente ridimensionato, e sarà il biennio 2006-2007 a caricarsi degli oneri maggiori. Lo stesso anticipo delle elezioni politiche ad aprile chiesto da Ciampi e dal capitale finanziario obbedisce a una necessità precisa: quella di disporre il più presto possibile di un governo dell’Unione pienamente operativo, capace di impostare già nel giugno del 2006, attraverso un nuovo Dpef, la prima finanziaria del “risanamento”. Romano Prodi è l’uomo designato dal grande capitale per questa missione. L’investitura popolare gli serve solo da sgabello.

 

I “valori” dell’Unione e il sostegno a Pisanu

Contro l’evidenza di questa realtà si sollevano gli argomenti più fantasiosi. “Il Progetto dell’Unione varato, come decalogo di comuni valori, non definisce forse il profilo di un orizzonte ‘nuovo’ e ‘progressista’ da sfidare semmai alla coerenza?” Ridicolo. Il decalogo dei valori astratti del più trito “buon senso democratico” (“benessere”, “pace”, “solidarietà”) serve solo a coprire l’inconfessabile programma del capitalismo italiano.

La stessa nebbia letteraria del “Progetto” lascia trasparire la verità.

L’attuale Unione Europea è assunta come faro della politica dell’Unione: ma la vittoria del no francese contro il Trattato non era stato salutato formalmente dal Prc come rifiuto di questa Europa?

L’articolo 11 della Costituzione è citato nella sua interezza, là dove afferma la disponibilità dell’Italia a limitazioni dell’altrui sovranità nazionale nel nome della pace e sotto la benedizione dell’Onu. Non è forse la legittimazione preventiva di future eventuali guerre umanitarie (naturalmente multilaterali)? Il Prc non aveva sinora respinto questa eventualità?

La stessa difesa della legge 194 è stata cancellata con decisione unanime dal testo del Progetto, in quanto “impegno già acquisito”: ma un progetto non dovrebbe includere innanzitutto gli impegni comuni “acquisiti”?

La verità è che il compromesso di governo col centro liberale e cattolico, con la grande borghesia e le gerarchie vaticane, ha imposto il suo prezzo persino in un testo che voleva abbellirlo. Persino in fatto di autodeterminazione della donna.

Peraltro l’alata ipocrisia del Progetto dell’Unione è smascherata da un fatto: nel momento stesso in cui tutti i segretari dei partiti dell’Unione magnificavano le virtù della “solidarietà” e della “democrazia”, tutto il centro liberale dell’Unione votava in parlamento il pacchetto delle leggi speciali varato da Berlusconi-Pisanu; un pacchetto di misure forcaiole che in nome della truffa “sicuritaria” contro il terrorismo si traduce in una politica di rastrellamenti indiscriminati contro gli immigrati, nella moltiplicazione delle espulsioni prefettizie, nei democratici pestaggi delle questure (prolungamento del fermo sino a 24 ore). Cos’è questo fatto se non la denuncia della falsità del “Progetto” quale puro specchio per allodole?

 

La divisione dei ruoli tra centro e sinistre

Si dice che le primarie, con la candidatura Bertinotti, sono la sospirata occasione per riequilibrare l’asse dell’Unione qualificandolo con i contenuti dei movimenti. Ma più passa il tempo più questo argomento perde ogni residua credibilità. Non solo il centro dell’Unione non conosce alcuna svolta a sinistra, ma la sinistra dell’Unione accetta e subisce, giorno dopo giorno, l’egemonia del centro liberale, senza che nessun fatto, nessun accadimento possa anche solo scalfire questa subordinazione. Né il plauso di Prodi a Montezemolo; né l’apprezzamento di Fassino al “democratico” Bush; né l’abbraccio di Rutelli col Vaticano sulla legge 40; né il sostegno di Margherita e Ds alle leggi speciali di un governo reazionario; né infine i pubblici legami del centro liberale con le diverse cordate capitalistiche, vecchie (Fiat) e nuove (Ricucci-Unipol), e con le loro guerre. Certo, ognuno di questi fatti ha prodotto “distinguo” nella coalizione. Ma ogni volta la differenziazione è stata assorbita dentro la classica divisione dei ruoli: quella per cui il centro liberale e i poteri forti guidano l’Unione e le sinistre portano in dote ai liberali il proprio controllo sui movimenti, anche grazie ai proverbiali “distinguo”. La verità è che l’unico vero programma di governo della sinistra dell’Unione è… il governo con i liberali. Quello sì “senza se e senza ma”.

L’accettazione delle primarie volute da Prodi sta in questo quadro.

Persino da un punto di vista formale, la candidatura di Bertinotti, su sua esplicita ammissione non esprime un programma alternativo a quello di Prodi, bensì un “programma distinto di priorità”: ma se non si avanza alcun programma alternativo al programma dei necessari sacrifici che Prodi ha annunciato, non è questa la confessione di una subordinazione? E se questo accade al piede di partenza di una cosiddetta “competizione” con Prodi, cosa accadrà quando i ministri del Prc siederanno nel governo dell’Unione sotto la direzione di Prodi? Peraltro Prodi ha già dichiarato pubblicamente che il vincitore delle primarie farà il programma e che gli sconfitti potranno al più curare la cornice. Dunque la prospettiva di un nuovo mondo possibile passerà attraverso gli aggiustamenti di dettaglio del Prc al programma controriformatore del liberalismo?

 

Un patto presidenzialista

Si sostiene che nonostante il loro carattere “spurio” le primarie possano costituire il canale finalmente scoperto per il rilancio di un protagonismo democratico. E’ vero l’opposto. Le primarie misurano la subordinazione delle sinistre al presidenzialismo liberale di Romano Prodi.

Lo prova un fatto clamoroso: ben prima della stesura formale di un qualsivoglia programma comune di governo i segretari dei partiti dell’Unione hanno siglato pubblicamente un patto di legislatura (20 giugno), impegnandosi a sostenere il futuro premier per cinque anni, pena il ricorso alle elezioni anticipate. Ma non è questo un accordo che sancisce e celebra il potere del premier sulla sua stessa maggioranza parlamentare, nel segno del più classico presidenzialismo?  La riforma istituzionale presidenzialista che giustamente si rimprovera a Berlusconi viene assunta, come patto politico della coalizione dell’Unione, naturalmente nel nome dell’alternativa a Berlusconi. Ed anzi questo patto presidenzialista attorno al premierato di Prodi è paradossalmente ad oggi l’unico vero accordo programmatico di governo del centrosinistra. Le primarie sono la messa celebrativa di questo accordo. Se il premier è incoronato dal popolo delle sinistre come potrà un partito della coalizione togliergli impunemente la fiducia? L’accettazione delle primarie da parte di Bertinotti e della maggioranza dirigente del Prc è semplicemente l’accettazione preventiva e pregiudiziale del nuovo premierato di centrosinistra. Parallelamente la corsa alle primarie di esponenti e tendenze dei movimenti di questi anni, con l’input di Luca Casarini, non è meno significativo: è la capitolazione al bipolarismo quale luogo di investimento della propria “dote”. E’ la svendita della disobbedienza, quale pura merce mediatica, alle classi dirigenti e al loro futuro governo.

 

Una battaglia attiva per l’indipendenza dei movimenti

Come Progetto Comunista-sinistra del Prc ci batteremo contro questa prospettiva di subordinazione del nostro partito, del movimento operaio, di tutti i movimenti, al governo del grande capitale e del suo premier.

Sappiamo bene che una parte del popolo della sinistra potrà vedere nella candidatura di Bertinotti alle primarie un riferimento delle proprie attese e speranze, con le quali è importante interloquire. Ma quale prospettiva si offre a queste attese se non la subordinazione a Prodi e al capitale finanziario per tutta la prossima legislatura?

In questa contraddizione clamorosa vogliamo entrare in modo attivo con tutte le nostre forze.

Non staremo sull’Aventino. Non ci attesteremo su un boicottaggio della “disciplina” di partito, in una logica autocentrata e di dispetto. Interverremo invece apertamente contro il disegno di collaborazione di classe: parteciperemo a tutte le occasioni di dibattito e confronto pubblico richiamate dalle primarie, a tutte le iniziative di movimento, denunciando il programma di Romano Prodi come programma di nuovi sacrifici per i lavoratori; respingendo ogni possibile prospettiva di governo al fianco di Prodi e del centro liberale; rivendicando la rottura col centro liberale di tutta la sinistra italiana e di tutte le rappresentanze di movimento in direzione di un polo autonomo anticapitalistico e di una prospettiva di vera alternativa. Questo sarà il nostro intervento sulle “primarie”: una lotta aperta contro la subordinazione al capitale per l’indipendenza dei lavoratori e dei movimenti, entro un rapporto attivo con tutte le domande emerse dalla stagione di lotte di questi anni. E’ ciò che abbiamo fatto di fronte alle primarie pugliesi. E’ ciò che facciamo e faremo oggi di fronte alle primarie nazionali. Sempre richiamando il punto di fondo: il carattere irrinunciabile di un’opposizione di classe e comunista.