Marxismo rivoluzionario n. 4 - speciale  

 

II.c Emendamenti proposti al “Progetto di tesi programmatiche per il Congresso per la Rifondazione della IV Internazionale” (Palestina)

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Sostituire il punto 17 con il seguente

 

17. Gli elementi fondamentali e programmatici delle posizioni generali espresse dal movimento trotskista nel momento dello sviluppo e della nascita dello Stato sionista restano pienamente validi. Si tratta di riaffermarli e di svilupparli alla luce del processo storico degli ultimi cinquant’anni e della realtà della situazione attuale. Questo implica che le posizioni dei marxisti rivoluzionari di fronte all’In­tifada e alla questione pale­sti­nese in generale sono le seguenti:

a) I trotskisti esprimono il loro pieno ed incondizionato appoggio alla rivolta del popolo arabo di Palestina e sono per il suo sviluppo “con tutti i mezzi necessari” (ad eccezione del terrorismo indiscriminato contro la popo­lazione civile di Israele).

b) La lotta per l’autodeterminazione e la liberazione del popolo pale­sti­nese dall’oppressione del sionismo e dell’im­perialismo e per la costituzione di uno Stato arabo indipendente di Palestina (obbiettivo centrale della presente rivolta) è storicamente pienamente legittima e progressiva. In questo quadro i trotskisti sostengono il pieno e totale diritto di tutti i profughi palestinesi al rientro nelle località della Palestina storica (siano oggi nei confini di Israele precedenti il 1967 o nei territori occupati in quegli anni) da cui essi o i loro ascendenti erano stati cacciati dall’offensiva sionista, con un recupero delle proprietà allora abbandonate (o una compensazione finanziaria in caso di impossibilità) e un adeguato sostegno economico al reinseri­mento a spese del sionismo e dell’im­pe­ria­lismo.

c) I trotskisti rigettano la prospettiva degli accordi di Oslo, del “Piano Clinton” o di altri analoghi progetti, cioè la creazione di una sorta di “bantustan palestinese” formato su una piccola parte della Palestina storica da territori sotto sostanziale controllo militare israeliano, con controllo da parte dell’esercito sionista delle frontiere in nome della “sicurezza nazionale” di Israele, senza alcuna vitalità economica e sottoposto ad una inaccettabile serie di divieti sul piano della politica estera, interna e militare. Si tratterebbe infatti di uno Stato nemmeno formalmente indipendente, una “riserva indiana” di forza lavoro a basso costo per il capitalismo israeliano.

d) I trotskisti rigettano come prospettiva complessiva anche quella della costruzione di un mini-Stato  palestinese nei soli territori occupati da Israele nel 1967, prospettiva che rappresenta ad oggi l’obbiettivo della direzione arafattista. La costituzione di un tale Stato su meno di un quarto del territorio della Palestina storica non rappresenterebbe la realizzazione vera della volontà di liberazione nazionale del popolo arabo palestinese. In particolare renderebbe priva di significato la prospettiva del rientro dei profughi.

e) La prospettiva della liberazione del popolo palestinese e della costituzione del suo Stato indipendente implica la distruzione dello Stato sionista di Israele, creazione artificiale e per sua natura struttura di oppressione del popolo arabo palestinese e testa di ponte imperialista nell’intera regione del Medio Oriente e oltre. Questa distruzione non significa negare i diritti democratici del popolo ebraico che vive in Palestina. La sua presenza si è ormai storicamente consolidata e va riconosciuta e rispettata. Tuttavia i diritti nazionali del popolo ebraico in Palestina vanno subordinati ai prioritari diritti dell’oppresso popolo arabo palestinese all’autode­ter­minazione e alla costituzione di un suo Stato indipendente.

f) La lotta per la liberazione del popolo pale­stinese non può essere vincente in isolamento. Essa deve trovare il sostegno e l’appoggio delle masse arabe. La mobilitazione rivoluzionaria del  popolo arabo deve basarsi sulla prospettiva non solo della solidarietà con il popolo palestinese ma della liberazione antimperialista della nazione araba.

g) Ma tale prospettiva, così come la piena e compiuta liberazione del popolo palestinese, non ha senso nel quadro del capitalismo. La sola soluzione realistica è quella delineata dalla rivoluzione permanente. La distruzione dello Stato sionista è infatti inconcepibile senza una rivoluzione socialista, così come la unificazione della nazione araba. La prospettiva non può quindi che essere quella di una Palestina socialista nell’ambito di una nazione araba unificata su basi socialiste.

h) A sua volta questo processo rivoluzionario potrà e dovrà coinvolgere l’insieme del Medio Oriente e del Nord Africa, dando vita ad un entità politica ed economica in grado di far fronte alla reazione imperialista. La prospettiva dovrà essere quindi quella di una Federazione socialista del Medio Oriente e del Nord Africa, che unifichi su basi volontarie i vari popoli di questa regione, includendo  quelli oggi oppressi anche da regimi arabi (come i berberi e i kurdi).

Per realizzare questo programma è necessario costruire una nuova direzione del movimento di massa. Una direzione che lotti per il rovesciamento non solo del regime israeliano, ma di quelli dei paesi arabi (e degli altri Stati della regione) borghesi, feudo-borghesi, clerico-borghesi o piccolo borghesi, agenti diretti del domino imperialista o solo demagogicamente e casualmente “antimperia­listi”, reazionari ed oppressori delle masse, garanti dello sfruttamento del proletariato e del semiproletariato dei propri paesi.

Per questo è necessario costruire partiti marxisti rivoluzionari, uniti in una Quarta Internazionale rifondata; partiti che si costruiscano in primo luogo nel proletariato del proprio paese, che lottino per la sua egemonia di classe sul movimento di massa antim­perialista, contrapponendosi a tutte le attuali direzioni “reazionarie” (come gli integralisti islamici) o “progressiste” borghesi o piccolo borghesi (come la stessa direzione arafattista) e che, unificando dialetticamente le riven­di­cazioni nazionali e democratiche con quelle sociali, portino alla vittoria della rivoluzione e alla sua trascrescenza senza soluzione di continuità in rivoluzione socialista  (“La dittatura del proletariato, giunto al potere come forza dirigente della rivoluzione democratica, sarà posta inevitabilmente e molto rapidamente di fronte a problemi che le imporranno di fare delle incursioni profonde nel diritto borghese di proprietà. La rivoluzione democratica nel corso del suo sviluppo si trasforma direttamente in rivoluzione socialista e diviene così rivoluzione permanente.” – Trotsky, Tesi sulla rivoluzione permanente).

 

Proposto da Franco Grisolia (Progetto Comunista)

 

NON APPROVATO

Voti contrari: maggioranza

Voti a favore: 1

Astensioni: nessuna