IL DIBATTITO NEI GIOVANI
COMUNISTI SUL SIMBOLO DEL PARTITO
Trovate qui sotto una breve nota relativa al
dibattito che si è aperto nei GC in relazione ad alcune dichiarazioni
rilasciate alla stampa da alcuni dirigenti di maggioranza dei Giovani
Comunisti.
Svolte ideologiche e ragioni materiali
In occasione dell'ultimo campeggio nazionale dei
Giovani Comunisti -che si è tenuto ad Acerra poche settimane fa- è sorto un
dibattito acceso in relazione ad alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa
rispettivamente da Nicola Fratoianni, l'ex coordinatore nazionale dei Gc, e da
Michele De Palma, l'attuale coordinatore.
Il nodo della questione verte essenzialmente su
alcune affermazioni che riflettono il "nuovo corso" del
partito in seguito alla decisione di entrare a far parte di un futuro
governo Prodi-bis. Nulla di nuovo: la maggioranza dirigente dei
Giovani Comunisti, ponendosi in continuità con le recenti dichiarazioni
del segretario nazionale del partito e con le connesse svolte ideologiche
(nonviolenza, religione ecc), sostiene la prospettiva di un governo
nazionale a braccetto con i partiti del Centro liberale dell'Ulivo,
rappresentanti privilegiati del capitalismo italiano.
Come abbiamo più volte evidenziato, il
centrosinistra non è affatto cambiato -checché ne dicano i dirigenti di
maggioranza - e continua a sostenere e applicare le stesse politiche
neoliberiste, guerrafondaie e antiproletarie. Per questo non c'è stupirsi se
la mancata messa in discussione della prospettiva di governo con i
partiti della grande borghesia italiana si traduce nel necessario
ammorbidimento della linea del partito, anche a livello di scelte ideologiche
e culturali. Così, mentre Bertinotti arriva a mettere in discussione la parola d'ordine
del ritiro immediato delle truppe coloniali in Iraq, i dirigenti di
maggioranza dei Giovani Comunisti si trovano nell'imbarazzo di conciliare le
lotte che abbiamo sostenuto negli anni passati (contro i Centri di Permanenza
Temporanea, a favore dei movimenti antiglobalizzazione, contro le politiche di
guerra, contro la privatizzazione della scuola...) con la prospettiva di un
governo comune con quelle forze politiche che continuano esplicitamente a
dichiarare di non voler mettere in discussione né i Cpt né la
possibilità di "guerre umanitarie" (V. le recenti dichiarazioni di
Rutelli) e che certo non rappresentano le istanze che, in questi anni, hanno
animato i movimenti degli studenti contro la svendita della scuola pubblica e
di tanti giovani contro la globalizzazione capitalistica. Ovviamente nessuna
conciliazione è possibile: rappresentare e sostenere le ragioni dei movimenti
e dei lavoratori significa vedere nell'alternativa anticapitalistica
l'unica alternativa credibile, in contrapposizione all'Ulivo e a Confindustria.
I dirigenti di maggioranza dei GC si rifiutano di
mettere in discussione la sciagurata prospettiva di governo: questo si traduce
nel goffo tentativo di conciliare l'inconciliabile, tentativo che si traduce, con
le dichiarazioni di De Palma e Fratoianni, nell'elaborazione di bizzarre
teorie circa un presunto mutamento radicale nel "rapporto tra la politica
e la vita" intervenuto in seguito all'esplosione del movimento
antiglobalizzazione. Per dirlo con le parole dell'attuale coordinatore
nazionale "Noi intendiamo continuare a partecipare al movimento e a
violare i Cpt, indipendentemente dai governi". Come dire che i Giovani
Comunisti potranno continuare a mettere in pratica sceneggiate disobbedienti
indipendentemente dal fatto che Rifondazione Comunista sarà in prima fila
nella gestione diretta degli interessi dei padroni per i padroni: quale modo
migliore per negare non solo le ragioni del movimento antiglobalizzazione
ma anche le migliori potenzialità della disobbedienza?
Non è una questione di identità
In relazione a questo, crediamo che l'unico modo
per porre fine a questo processo -che ci sta allontanando sempre più da
quei soggetti che dovremmo rappresentare- sia interrompere da subito la
trattativa col centrosinistra in vista di un comune governo nazionale.
Solamente opponendosi alla collaborazione di classe, prendendo atto fin da
subito che nessuna trattativa è possibile con quei partiti che
rappresentano i poteri forti del paese (maggioranza Ds, Margherita, Sdi), si
può ritornare ad acquisire credibilità agli occhi dei tanti giovani e
delle tante giovani che in questi anni si sono mobilitati contro la guerra e
contro la globalizzazione. Solamente denunciando con chiarezza il carattere
filopadronale delle politiche di questi partiti sarà possibile per
i Giovani Comunisti diventare un punto di riferimento credibile per i giovani
lavoratori che subiscono sulla propria pelle gli effetti devastanti della
ristrutturazione capitalistica (precarizzazione del lavoro in primis).
Da questo di vista, riteniamo fuorvianti le
critiche che vengono da parte dei compagni e dalle compagne che hanno
sostenuto il terzo documento alla II Conferenza nazionale Gc (area
dell'Ernesto). Questi compagni si soffermano esclusivamente sull'aspetto
ideologico, mentre non mettono in discussione con chiarezza la prospettiva
dell'alleanza di governo col centrosinistra. Oggetto delle critiche di questi
compagni è essenzialmente la ventilata possibilità di rimuovere il simbolo
della falce e martello dalle tessere dai Giovani Comunisti: è sicuramente un
fatto grave ma che va analizzato, a nostro avviso, nella sua origine prima,
ovvero nella "svolta materiale" dell'entrata in un futuro governo
Prodi. I compagni dell'Ernesto si dicono scandalizzati per le dichiarazioni
relative ai simboli e tuttavia non mettono in discussione la possibilità di
intavolare una trattativa con i partiti dell'Ulivo in vista di un governo
comune. Poco vale difendere i simboli del comunismo se poi se ne negano le
ragioni nella prassi politica, ritenendo possibile compromettere un partito
comunista in un'alleanza di governo con la borghesia (del resto, i compagni
dell'Ernesto sono strenui sostenitori delle alleanza locali, che in alcune
province, città e regioni gestiscono in prima persona, rendendosi complici di
politiche nettamente antiliberiste). Sicuramente la scelta di rimuovere il
simbolo dei comunisti va denunciata, ma anzitutto quale concretizzazione del
carattere nefasto della politica di alleanze portata avanti dalla maggioranza
dirigente del nostro partito.
Proprio la gravità delle recenti prese di
posizione da parte dei dirigenti di maggioranza dei GC -che, come detto, ci
allontanano dai movimenti e non sono altro che l'espressione
dell'ammorbidimento della linea del partito in ossequio alle forze del
centrosinistra- rende sempre più urgente una nuova conferenza nazionale
dei Giovani Comunisti (che, da statuto, doveva tenersi ormai vari mesi fa e
che, invece, l'esecutivo nazionale, nonostante le nostre ripetute
richieste, ha sempre rifiutato di prendere in considerazione). Riteniamo che i
giovani del partito debbano essere chiamati a esprimersi circa la prospettiva
di un nuovo governo Prodi con ministri del nostro partito nell'esecutivo. Si
tratta di una scelta che comprometterebbe le stesse ragioni di classe del
nostro partito e che, quindi, va discussa fin da subito nella base giovanile
del partito. I compagni e le compagne di Progetto Comunista attivi nei Giovani
Comunisti si impegnano a contrastare questo sciagurato progetto e a mantenere
viva la prospettiva della rivoluzione socialista.
Luca Belà, Nicola Di Iasio,
Fabiana Stefanoni