CILE 1973: UN ARTICOLO DEL PARTIDO OBRERO
Di seguito trovate un articolo scritto da un dirigente del Partido Obrero d'Argentina (organizzazione aderente -come Progetto Comunista- al Movimento per la Rifondazione della Quarta Internazionale, MRQI), il compagno Pablo Rieznik, tradotto dal compagno Hernan Kurfirst. Si tratta di un secondo testo sull'anniversario del golpe cileno, che segue ad un altro della scorsa settimana. Torniamo sul tema proprio perché si tratta di una vicenda che ci lascia insegnamenti di estrema attualità.
Buona lettura
F.R.
Trenta
anni dopo
di Pablo Rieznik
Con
il titolo qui sopra, il giornale Le Monde Diplomatique ricorda
l’anniversario del “golpe” pinochetista ed il suicidio del ex presidente
cileno, l'11 settembre 1973. L’editoriale (dell’edizione argentina,
ndt) celebra il fallito tentativo di Allende di “portare avanti una
transizione pacifica e istituzionale al socialismo”, anche se senza
tralasciare di riconoscere che i supposti suoi successori (Lula, Chavez) del
presente hanno fatto atto di fede capitalista. Tuttavia, come sappiamo
Kirchner, Lula, Chavez rappresentano una versione progressista che ha in
comune con l’allendismo la rivendicazione di un cambiamento dentro il quadro
“legale e costituzionale” stabilito dal capitalismo. Così “il sogno di
Allende è possibile che con il tempo vada a incontrare la dura e complessa
realtà attuale”.
Se
così fosse, avremmo non un sogno ma un incubo. Ciò dimostra anche che coloro
che dicono ogni giorno che è necessaria la memoria sembrano i primi ad
essersi scordato tutto il passato! Perché trenta anni fa, la morte di Allende
segnalò che la pretesa di voler trasformare la società “rispetando la
legge" (borghese) è molto di più di un’ilusione o di una scusa senza
senso: è la politica della sconfitta, che apre le porte della
controrivoluzione e del fascismo.
Non
si tratta di un problema di “diritto”. La “legge” è un eufemismo che
copre l’apparato e gli strumenti fisici del dominio capitalista. Per
accedere al governo, dopo aver vinto l’elezioni del 4 settembre 1970,
Allende firmò lo “Statuto di Garanzie” con le destre. In questo documento
(non previsto dalla “legge” o dalle Costituzione!) Unidad Popular si
comprometteva a collocare la sua amministrazione sotto controllo dei “poteri
legali” dominati dalle stesse destre (parlamento e potere giudiziario),
a sostenere il monopolio delle armi dell’Esercito e a rispettare la
verticalità di comando, e a garantire la proprietà dei mezzi di
comunicazione ed educativi in mani alla borghesia e alla Chiesa.
Durante
tutta la sua gestione, Allende dimostrò fedeltà non al compito
“socialista” che si prefiggeva, ma allo Statuto, che non era altro che una
dichiarazione di principi del mantenimento dell'ordine politico degli
sfruttatori. E così quando i lavoratori e i contadini radicalizzarono la loro
azione diretta, occuparono le fabbriche e le terre e formarono, nel 1972,
organi di potere (cordones, consejos comunales), Allende
convocò al governo… i militari, formò un gabinetto civico-militare e
decretò conferendo alle forze armate il diritto di requisire le armi in mani
ai lavoratori e contadini che si difendevano dalle formazioni para- fasciste.
Oggi,
trenta anni dopo, non sarebbe opportuno ricordare, per esempio, che è stato
lo stesso Allende a nominare Comandante in capo del Esercito a Augusto
Pinochet, e che il 9 settembre lo chiamò per discutere i piani su un
eventuale “golpe militare”, 48 ore prima che lo stesso Pinochet comandasse
il massacro? Tutto mentre ai lavoratori e ai contadini nessuno diceva cosa
fare, e venivano disarmati in tutti i sensi di fronte alla reazione fascista.
Anche Pierre Kalfon arriva a riconoscerlo: “Tutta la scommessa del governo
Allende era consistita nell’uso della legalità borghese… senza ricorrere
ai fucili, senza armare il popolo. Così che quando si è scatenata la bufera
ed il Palazzo della Moneda fu bombardato, l’insieme della sinistra cilena si
trovò sprovveduta e la tragedia fu totale. E' stato un si salvi chi può
generalizzato”. Il finale tragico dello stesso Allende non fece altro che
coprire con il suo sacrificio personale la criminale politica che portò alla
barbarie di Pinochet.
Certo,
oggi Le Monde Diplomatique non chiede mica il socialismo. Il rispetto
delle istituzioni della borghesia – si chiede- ci consentirà almeno un
capitalismo autonomo e decente? Quelli che rivendicavano il socialismo
nazionale nel passato ora sono nelle trincee del capitalismo nazionale. Ma la
sconfitta della “terza via” del nazionalismo borghese è ancora precedente
a quella dell’esperienza cilena, e le prove ci sono lungo tutta la storia
recente dell’America Latina. Le borghesie nazionali, interessate a
contenere lo sfruttamento imperialista, finiscono sempre nel campo della
controrivoluzione quando hanno paura di essere scavalcate dall’azione
indipendente dei lavoratori. Allende nel ’73, come il governo peronista nel
’76, non è stato abbattuto per essere “socialista” o “ nazionale”,
ma per la incapacità di porre fine all'insurrezione popolare.
Non
è una novità che il bilancio di una tragedia dia posto a un’enorme
involuzione politica. Coloro che consegnarono il movimento operaio cileno alla
carneficina sono arrivati alla conclusione che le loro concessioni alle destre
erano insufficienti. Questo è stato il bilancio dello stalinismo cileno, e
anche di tutta la direzione del Partito Socialista di Allende. I suoi
simpatizzanti europei immaginarono allora il “compromesso storico” con le
destre: il Partito Comunista Italiano aprì la strada delle alleanze
strategiche (con la DC, che era la base sociale del pinocetismo in Cile) con
le “forze popolari” , ed abbiamo avuto le esperienze dei governi di
sinistra “neoliberale” in Spagna e Francia. In America Latina, oggi, c’e
Lula come allievo del FMI, alla testa degli “eredi” allendisti del XXI
secolo. Siamo passati così dal socialismo degradato alla condizione di
“utopia” alla degradazione utopica: un capitalismo nazionale, accordandosi
con Bush ed il FMI, tutto nel rispetto dell’istituzioni. Quelle della
borghesia. Purtroppo i popoli hanno pagato care le “terze vie” e le strade
originali” che non hanno portato da nessuna parte. Nel ’73 e nel 76, hanno
portato alla brutalità del genocidio. E più che mai necessario superare
politicamente la propria storia: è necessaria un’organizzazione
indipendente dei lavoratori, per il loro Stato e il loro governo, per il
socialismo.