A sessant’anni dalla Liberazione

Quando l’antifascismo diventa variabile dipendente

 

 

di Michele Terra

Sono passati sessant’anni dal quel 25 aprile del 1945 che segnò la caduta definitiva del regime fascista in Italia.

Sessant’anni passati da istituzioni e partiti del cosiddetto arco costituzionale a celebrare il 25 aprile svuotandolo di ogni contenuto storico e politico, imbalsamando la memoria stessa dell’antifascismo.

Anche queste ultime celebrazioni non sono state da meno, così abbiamo assistito come da copione ai soliti pipponi da unità nazionale da parte di un ceto politico, quello di centrosinistra, che ormai con l’antifascismo non ha più nulla a che vedere mentre la lotta di classe la continua sull’altro lato della barricata.

Come l’antifascismo sia divenuto per il centrosinistra una variabile dipendente dalle convenienze elettorali di bottega lo si è capito chiaramente in occasione delle scorse elezioni regionali dell’aprile scorso quando, grazie all’intervento di rappresentati istituzionali dell’Unione (in particolare Ds e Margherita), le liste di Alternativa sociale – Alessandra Mussolini si sono potute presentare in tutte le regioni in cui si votava.

La legge elettorale prevede, infatti, che le firme raccolte per la presentazione di liste elettorali siano autenticate da notai, cancellieri del tribunale o da rappresentati istituzionali, quali appunto i consiglieri comunali e provinciali dell’Unione che si sono prestati a tale funzione per i fascisti.

Lo scambio politico implicito nell’operazione era abbastanza chiaro: la Mussolini si presentava in alternativa al centrodestra nelle regioni in cui poteva essere determinante per la vittoria dell’uno o dell’altro schieramento come nel Lazio, in cambio il centrosinistra gli garantiva l’autentica delle firme anche nelle regioni in cui la presenza delle liste fasciste era ininfluente sul risultato finale, come in Toscana.

Ecco l’antifascismo del centrosinistra italiano nel nuovo millennio!

Forse effetto di una “modernizzazione” del sistema politico che non prevede più nemmeno la memoria del conflitto da parte degli ex Pci, ora Ds o Margherita o altro.

Al contrario a destra si continua a coltivare la storia del fascismo e dell’anticomunismo viscerale e violento con molta cura. Ecco quindi le strade e i premi letterari dedicati a Giorgio Almirante, ex repubblichino ed impunito fucilatore di partigiani. Gli esempi potrebbero continuare con un elenco purtroppo infinito di commemorazioni del duce e dei suoi gerarchi. Basterebbe guardare le adunate nostalgiche che puntualmente avvengono a Predappio ove si trova la cripta Mussolini con tanto di guardia d’onore volontaria. Non fa ovviamente notizia il fatto  che Predappio abbia una giunta di centrosinistra che amministra una cittadina la cui economia si basa in gran parte sui pellegrinaggi in camicia nera e l’apologia di fascismo sia la merce più venduta nei negozi.

Per il centrosinistra è stato ed è tuttora necessario rimuovere le ragioni della nascita del fascismo come movimento reazionario antiproletario sostenuto dal padronato, per affermarne un’origine quasi incidentale astratta dal conflitto di classe.

Ormai si può parlare di “a-fascismo” delle forze di un centrosinistra tutto intento a cancellare la storia dell’antifascismo classista che fu maggioritario nella Resistenza, così come tentano di dimenticare che furono proprio socialisti, comunisti e anarchici ad opporsi alla dittatura nascente, così come furono i primi a pagarne le conseguenze. Ma questa è un’altra storia certamente più nostra che di D’Alema o Rutelli.